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venerdì 26 novembre 2010

Una piacevole scoperta tra le rubriche di Interno 18 ; "All'ombra del Pino " /I

Primo appuntamento con la rubrica a cura di Pino D'Agostino, pubblicata su www.interno18.it il 19/11/2010
Negli anni '70 eravamo tutti un pò Saviano
Il ricordo, la rabbia, le stragi: il premio di ciò che siamo ora

  “All’ombra del Pino”, perché vi dirò “cose” come se stessi sdraiato su un’amaca, sotto un albero, rilassato e con la mente in viaggio, in compagnia del mio adorato sigaro. In questo spazio cercherò di pensare a voce alta, di riflettere, attraversando i miei ricordi, quelli della mia generazione, e condividere tutto questo con voi. I ricordi sono importanti per tante ragioni, i ricordi possono servire a spiegare il perché di una sconfitta, le ragioni che stanno dietro ad un sogno che non è riuscito a diventare realtà. Il sogno di una nuova società, di un mondo senza guerre, senza shoah e genocidi, senza razzismo e pena di morte. Il ricordo di ciò che è stato non fa parte solo del tuo passato, è anche il presente, perché è il proemio di ciò che siamo ora. E ognuno di noi, con la sua storia, la sua memoria, fa la storia di tutti noi.
Mi sdraio sotto il Pino e inizio a ricordare... che negli anni ’70 eravamo tutti un po’ Saviano. Lui non era ancora nato, ma noi sì. Gridavamo la nostra rabbia, contro il governo, contro il potere, contro le stragi. E dopo 36 anni sappiamo che a Brescia la bomba è scoppiata da sola. Ma anche allora, dove tutto era in mano ai democristiani, dai giornali alle televisioni, non c’è mai stato un Fede che potesse permettersi di dire che i “Saviano” gli hanno scassato la minghia, e che sì è vero, è scortato, ma che anche lui lo è. Sento Fede, sento i cittadini di Casal di Principe che insultano Saviano in tutti modi. Ascolto Maroni, ministro degli Interni, che lo invita a ripetere guardandolo negli occhi, che la Lega Nord è in combutta con la ‘ndrangheta, così come fece l’avvocato di Sandokan. Il paradosso di uno scrittore che dice la verità e un ministro che se la prende con lui. Ma poi leggo (e sento) che tanti giovani la pensano allo stesso modo di Fede, di Maroni, e allora non capisco: quindi i giovani come i camorristi? Non può essere. Ma poi penso anche che nove milioni di telespettatori lo hanno seguito Saviano alla tv, e se hanno scelto di ascoltarlo, certo non ritengono che quel ragazzo, timido, impacciato, senza alcuna cognizione dei tempi televisivi, fosse lì per infangare il Sud.
Come me avranno riflettuto sul fatto che quel giovane uomo è più semplicemente uno che ha avuto il coraggio di decidere di segnare per sempre la sua vita, di metterla in gioco in nome della verità; che lui fosse lì anche per dirci che è possibile, che non è necessario essere “eroi” per avere coraggio. Si può, si deve parlare di camorra e di mafia, di rifiuti tossici, di chi ci avvelena la vita, e farne nomi e cognomi. Perché non è mai troppo. Perchè se la camorra vuole farlo tacere, allora bisogna che parli. Perché “non si può asciugare l'acqua con l'acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, quindi non si può combattere il male con il male; nel momento in cui ognuno di noi non fa il male, sta facendo arretrare loro e sta forse sognando una Italia diversa”.
Perché, come dice Benigni, ai bambini si raccontano favole sui draghi perché così imparano che si possono sconfiggere. E “i soldi che ha in banca”, “si è arricchito vestendosi da eroe”. Ma che se ne fa? Come li spende? Non può avere un amico, una ragazza, non può fare una passeggiata tra le strade del suo paese, non può avere una casa. Ma Bonolis? E Fiorello? E i parlamentari? E i presidenti delle province? E i direttori generali? Tutti pagati da noi, eppure per loro lo sdegno non sale così tanto, la bocca non storce più di tanto a nessuno. Letame che galleggia, ma non lo spaliamo, lo spostiamo di lato e ci passiamo in mezzo. Oppure: “tanti magistrati rischiano da sempre la propria vita per combattere le mafie, e non c’è bisogno di questo finto eroe”. Ma che c’entra? Lasciamo tutto in mano ai magistrati, magari lasciandoli soli, per doverli poi piangere quando ce li ammazzano? Se ognuno di noi, nel suo piccolo, grande spazio pubblico, gridasse il suo NO al male, voi pensate che la mafia ne sarebbe felice? O forse si sentirebbe sempre più accerchiata, isolata?
Poi arrestano Iovine e tutti a farsi belli, il governo della lotta alla mafia, il governo dei fatti non delle parole. Arrestato dalla polizia grazie alle intercettazioni telefoniche, quelle che il governo ha...condannato a morte per renderle inefficaci con la scusa che intaccherebbero la nostra privacy. Sì, la nostra...semmai quella di Iovine e compagnia bella. Ecco le cose che non capisco.
Come non capisco perché qui, nella nostra città, ci portano quattrocento tonnellate di rifiuti al giorno dalla provincia di Napoli, e tutto nel più assoluto silenzio. Ma poi Interno 18 scopre tutto e i ”governanti” all’improvviso si risvegliano dal loro torpore. Ma intanto si continua a sversare. E intanto i casi di cancro aumentano. Ai polmoni, al pancreas, al fegato. Barricate (ma non da noi, perché qui “siamo un po’ più addormentati che altrove” come dice la mia amica Novella), barricate per rifiuti che se non trattati “forse” sono nocivi, mentre quelli tossici sono già sotto i nostri piedi, nell’acqua che beviamo, nella mozzarella e nella lattuga che mangiamo.
E noi chi critichiamo? Ovviamente Saviano, che di questo ne dice e ne scrive. Dagli addosso all’untore! Dagli addosso a lui che ne parla, che solleva il coperchio di questa nera pentola in cui bolle una brodaglia e ce ne fa sentire più forte il nauseabondo odore. Dagli addosso a lui perché ci fa sentire la puzza, non ai cuochi che quell’intruglio ce l’hanno cucinato e col quale schifosissimaquotidianamente avvelenano noi, i nostri figli, i nostri nipoti. Ci uccidono poco alla volta, ma senza spargimenti di sangue, quasi senza farcene accorgere, e quindi forse è per questo che i “cuochi”si possono perdonare. Invece Saviano no, lui che di questo orrore ce ne racconta, no! Proprio non capisco.
Ma la storia si ripete. Sempre. Fecero così con Falcone, calunniandolo, arrivando persino a dire che la bomba in spiaggia l’avesse fatta mettere lui. Ma poi salta in aria a Capaci e tutti a piangere l’eroe. Non permettiamo che a Roberto Saviano facciano lo stesso. Diventiamo noi la sua scorta virtuale. Difendiamo il suo diritto di parola. E lasciamo che la parte di Saviano che è dentro di noi venga fuori. Per farlo sentire meno solo. Facciamo in maniera che non diventi anche lui un eroe. Mi calo il cappello sugli occhi e mi addormento.

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