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lunedì 31 ottobre 2011

CAMBIANO I SUONATORI, MA LA MUSICA . . . . ?

Basta strillare ai quattro venti la propria diversità con le passate Amministrazioni per ritenere ormai superato, una volta entrato nelle stanze del comando,  ciò che in precedenza veniva  definito un  regime ?
Questo potrebbe servire a candidarci alla gestione di una città soprattutto se si dichiara “apertis verbis” di voler assumere, “su questioni fondamentali come ambiente, uso del territorio, attività produttive, servizi sociali e diritti di cittadinanza “,  posizioni concilianti con quelle di alcune Associazioni.
E se poi gli intenti, più volte declamati, non si dovessero trasformare in decisioni concrete?
Bè, allora si può tentare di giustificare il proprio operato scaricando su altri la colpa di un immobilismo che lascia le cose inalterate.
Tuttavia sarebbe pressoché impossibile cancellare, negli “amministrati”,  il dubbio che la musica sia sempre la stessa già ascoltata, peraltro, in qualche cantina di periferia ove gli ambulanti, accompagnati dal suono della fisarmonica, intonano  con diverse “steccature”canzoni improbabili cercando di racimolare qualche spicciolo ai tavoli dei clienti.
Un regime è un sistema di controllo sociale , costituito da principi, norme, regole e procedure decisionali scritte, ma il più delle volte non scritte, in grado di parlarci della maniera in cui gli individui vengono governati nei luoghi ove si svolge la loro vita quotidiana.
E’ , però, soprattutto un’idea pervasiva che si insinua,  in maniera subdola , anche in chi, relegato all’opposizione, fa delle “alternative” il proprio cavallo di battaglia.  
E’ possibile vaccinarsi contro questa malattia della politica che la accompagna dalla sua nascita? Sono, al riguardo, abbastanza pessimista.
Ma lasciamo perdere le personali condizioni d’animo. Quello che è certo è che un regime lo si crea anche quando le Associazioni che ti hanno sostenuto rischiano di trasformarsi in organismi collaterali d’altri tempi. Il concetto di “claque” è disprezzato da tutti perchè borbonico e non più in sintonia con una società che pensa d’aver raggiunto sufficienti livelli di laicità da poter affermare tranquillamente che particolari tipi di obiettivi possono essere praticati insieme a chiunque li faccia suoi, senza per questo dover accettare in toto un’idea di politica e di governo.
Non è difficile accorgersi che il collateralismo, pur se becero è duro a morire , torna sempre utile ed attuale sia nel mondo produttivo che in quello politico. Esso è quasi sempre di supporto ad una volontà chiara di delimitare normativamente lo spazio di ciò che va incluso e di ciò, che, invece, è da considerare come l’Altro, il non conforme , l’escluso. 
            Il suo utilizzo spregiudicato può, però, essere esiziale nei tempi nostri e soprattutto in una città come S. Maria C.V. che si sta via via aversanizzando. Infatti potrebbe accadere che qualche persona poco raccomandabile , avendo ricevuto una limitata investitura, millantasse credito oltre il dovuto producendo qualche disastro.
            Spesso si è chiesto trasparenza alle giunte precedenti. Mi sarei , allora, aspettato che gli attuali amministratori facessero tesoro di quella esperienza e non si gingillassero, invece, nella battaglia scoppiata in città per la gestione dei parcheggi e di alcuni servizi.
Dalle istituzioni si attende chiarezza e non ulteriore confusione. Non è possibile che per smantellare posizioni di monopolio si faccia uso del collateralismo alimentando aspettative che se non vengono appagate possono costituire elemento di tensione sociale.
Allo stesso modo non si può pensare che i cittadini , sottoposti ad elevata tassazione per la raccolta dei rifiuti ( la tassa sul macinato) rimangano, poi, ostaggio di una guerra tra il Comune e l’impresa della nettezza urbana.
E’ ancora troppo presto per le critiche, oppure il tempo è già scaduto e il percorso già irrimediabilmente delineato?
Marx affermava che di “buone intenzioni son lastricate le strade per l’inferno”. Per converso dovremmo dire che quelle che ci conducono, invece, in paradiso sono piastrellate  di atti concreti e di segnali di cambiamento che non si vedono, attualmente, all’orizzonte nemmeno a voler usare il cannocchiale.
Stendiamo un velo pietoso sulla gestione della vicenda Tribunale e  sulla completa inerzia che sta accompagnando la questione allarmante del digestore anaerobico. La comunicazione con i cittadini è totalmente scomparsa anche dai proclami e gli Istituti di partecipazione ancora sono in attesa che qualcuno vi metta mano.   
Da tempo non mi pongo più il problema, come del resto la maggior parte degli italiani, di “quale sia il regime più duro o il più tollerabile” cosciente che in ciascun regime si scontrino liberazione ed asservimento. In questo momento a noi, umili sudditi, non ci rimane che prendere atto  del fatto che le alternative non passano mai attraverso un voto, ma  nella sperimentazione di un’intesa diretta con l’altro da ricercare nella pratica di vita quotidiana.

Gerardo D’Amore                          

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