Il grande
Michel de Montaigne disse: “L’ingratitudine dell’uomo e’ piu’ grande della
misericordia di Dio”.
In genere l’ingratitudine
ed il tradimento sono separati da una impercettibile staccionata. La storia ci
insegna che troppe volte l’ingrato si trasforma in traditore.
Prendiamo
Gano di Maganza. Era uno dei paladini prediletti, patrigno del paladino Orlando,
e non ci penso’ un attimo a tradirli entrambi.
Rivelo’ ai
Saraceni la strada che avrebbe percorso la retroguardia francese al rientro
dalla Spagna: il passo di Roncisvalle.
Il paladino
Orlando, che guidava la retroguardia, scoperta l’insidia e preso dalla fedelta’
al suo re, soffio’cosi’ forte nel suo corno “olifante” da farsi scoppiare il
cuore.
Voleva
avvertire il resto della truppa dell’agguato, ma il suo olocausto resto’ vano.
I Saraceni
sterminarono tutti. E ora volete sapere il trattamento che il re riservo’ al
paladino traditore?
Ordino’ che
venisse squartato vivo ed i suoi resti prima bruciati e poi dispersi ai quattro
venti.
Un celebre
motto napoletano ricorda ancora questo miserevole episodio: “ha fatto a fin e
Cano e Macanza”.
Oggi siamo
nel terzo millennio e non si squarta piu’ nessuno, pero’ al traditore viene
riservato tutto il ludibrio e tutto il disprezzo.
Certo rimane
l’amaro in bocca quando ci si deve rendere conto d’aver riposto le proprie
aspettative in un personaggio che, alla resa dei conti, si dimostra
immeritevole.
Salvatore Di
Giacomo fa dire al protagonista di una sua celebre poesia: “Quanto chiu’ e
tratt bbuoni e cchiu’ lle fai, cchiu’ n’hai cat”e veleno e tradimenti.
Questa e’
la vita.
L’OSSERVATORE
SAMMARITANO
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