Forse
si è finalmente squarciato quel velo di disattenzione che ricopriva lo sfacelo.
Le recenti dichiarazioni dei pentiti hanno finalmente dato uno scossone alla
coscienza civica di tanti che tacciavano di becero allarmismo coloro che, sulla
scorta delle numerose inchieste, incominciavano a porre quesiti.
E
allora oggi, chi con più consapevolezza e chi meno, ci siamo tutti resi conto
che la criminalità organizzata ha scelto il traffico e lo smaltimento illecito
dei rifiuti, il più redditizio in assoluto tra i traffici illegali, come nuovo
grande business. Rifiuti che, per la maggior parte, sono conferiti illegalmente
da ditte compiacenti che, in tal modo, traggono un consistente vantaggio
economico risparmiando gli oneri del normale smaltimento. Di conseguenza, i
flussi illegali di rifiuti dall’attuale crisi economica hanno tratto nuovo vigore.
I servizi a basso costo della criminalità organizzata sono richiestissimi,
incrementano lo sviluppo di una vera e propria holding criminale sempre più
strutturata, inoltrata nel tessuto economico e produttivo, capace di muoversi
su più fronti, stringere nuovi accordi e consolidare i vecchi, rinforzando il
suo tratto manageriale e imprenditoriale.
Una pratica criminale che ha portato il nostro
territorio ad avere il tasso di mortalità di tumori più alto d'Italia. In
questo lembo della Campania si è consumato un disastro ambientale senza eguali,
una Chernobyl italiana. I danni provocati dall'indiscriminato smaltimento dei
rifiuti, il trasporto ed il transito di materiali inquinanti, senza il dovuto
rispetto delle norme sulla sicurezza e la creazione di discariche abusive,
ricadono direttamente sull'ecosistema del territorio, sulla salubrità delle
aree agricole limitrofe, delle falde acquifere presenti e sulla salute stessa
degli abitanti delle zone interessate.
Un
business che non poteva esistere SENZA la connivenza delle istituzioni e
dell’imprenditoria.
Il
crimine organizzato ha la possibilità di proliferare nei settori della nostra
società in virtù di questo legame forte, e fondamentale per la sopravvivenza
della camorra, con la politica che gli garantisce il controllo. Controllo del
territorio, gestito dai cosiddetti “colletti bianchi”, metastasi mortali per
l'economia sana del territorio, capi organici della mafia: funzionari
amministrativi, architetti, medici, ingegneri, avvocati, imprenditori al
servizio dei clan, collusi. Controllo che si esercita pesantemente nei
meccanismi di distribuzione delle risorse, con le tangenti, con
l'accaparramento degli appalti, con l'infiltrazione negli organi del pubblico
potere, politico e burocratico. Le istituzioni corrotte sono i veicoli
principali delle pressioni mafiose e delle lobbies affaristiche loro contigue, favorendole
nell’ acquisizione e nel controllo di attività imprenditoriali le inseriscono
nell’economia legale locale facendole diventare componente del potere.
Le
dichiarazioni, intercettazioni telefoniche, video, riprese, raccolte negli
anni, rilevanti acquisizioni probatorie, passate al vaglio delle verifiche
dibattimentali, documentano l’esistenza di una ramificata rete di
organizzazioni dedite al traffico illecito di rifiuti speciali pericolosi,
solidi e liquidi. Forniscono un suggestivo spaccato di un’imprenditoria
giocoforza inquinata, in bilico tra l’ asservimento alla camorra e lo
sfruttamento di collusioni antiche e radicate. Si evince “l’intossicazione da
camorra” di cui soffrono interi rami dell’economia locale e l’insinuante
penetrazione della criminalità organizzata negli spazi imprenditoriali e
commerciali, che trasforma i formali titolari in docili strumenti dei suoi
interessi.
A
seguito delle testimonianze rese alle autorità giudiziaria, in particolare
quella del pentito Guida, che ha individuato la zona dell’attuale Stir, ex Cdr,
come sito di stoccaggio e deposito di tonnellate rifiuti industriali
trasportati dal nord, S. M. C. V. risulta essere discarica di rifiuti ad
alto tasso di tossicità. Non possiamo dimenticare, in merito a queste vicende,
le responsabilità di politici, amministratori locali, e imprese che hanno fatto
affari con la criminalità vendendo il nostro futuro. Non possiamo dimenticare
le responsabilità politiche e morali di quella tanto decantata filiera
istituzionale e di quegli esponenti della stessa che, dopo aver per anni
lucrato sulla vita dei propri concittadini, siedono ancora oggi sullo scranno
comunale.
Forse,
sono state proprio queste evidenti responsabilità a far reagire i consiglieri
Simoncelli e Campochiaro in maniera che a noi è apparsa decisamente
antidemocratica, durante il consiglio comunale aperto del 12 Ottobre
allorquando hanno tentato di chiudere in maniera brusca e repentina la parte
aperta del consiglio comunale, dimentichi di
rappresentare la volontà popolare.
Non si può che compatire il
comportamento inadeguato del consigliere Campochiaro impegnato in una strenua quanto
rocambolesca difesa personale, per tutta la durata dell' assise, nella quale ha
inutilmente, e con argomentazioni alquanto fallaci, tentato di giustificarsi
riguardo la costruzione dello Stir di S. Maria C. V. nel periodo in cui era
assessore all' ambiente. Non possiamo dimenticare che anche a lui dobbiamo
questa eredità di morte e sfacelo, in ragione delle sue funzioni politiche al
ramo.
Comprensibile quindi
anche lo scatto dell’opposizione che è
apparsa alquanto piccata da quanto emerso nel dibattito e dai toni accesi degli
attivisti, e tramite l’ esimio avvocato
Simoncelli, rivolgendosi al Presidente
Dario Mattucci, ha pensato bene di manifestare apertamente il dissenso alla propensione degli amministratori
al dialogo e al costruttivo confronto, dimenticando, come fatto notare in
quella sede, di essere nella fase aperta del consiglio, la cui funzione è
proprio quella di garantire ai cittadini, alle associazioni e ai comitati la
libertà di parola e di espressione del proprio pensiero
Quando non ci si può giustificare di fronte ai cittadini si
preferisce evadere dalle proprie responsabilità, evitando il civile confronto e
le risposte a domande più che
legittime.
Perché si è sempre responsabili di quello che non si è voluto o saputo evitare.
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