Quel “bruti” mi ha sempre fatto venire i brividi. La vità è un lampo. Perchè non attingere a piene mani da tutto il sapere possibile? Perchè non sfruttare la superiorità rispetto agli altri esseri del pianeta (bruti)?
Il canto 26mo dell’inferno è un vero inno all’ “importanza della conoscenza“. Attraverso le parole di Ulisse si percepisce che la conoscenza non ha né età né limiti. Ulisse e i suoi sono ormai vecchi. Ma vale la pena ripartire. SEMPRE.
Il desiderio di conoscere di Ulisse è forse il segreto della sua fama. Nella sua odissea ha conosciuto cose che gli altri umani (poco disposti a intraprendere un viaggio pieno di incognite verso la conoscenza) non hanno saputo e voluto assaporare.
Nemmeno gli affetti più grandi, e intensi, sono riusciti a trattenere Ulisse perchè nel suo animo, il desiderio di conoscenza, era troppo grande.
E dopo queste considerazioni mi accorgo che ho un grandissimo difetto. Amo appofondire. Non va bene. No, oggi la superficialità la fa da padrone. Purtroppo!
Io amo conoscere e mi perdo come Ulisse. Ora ho ripreso gli studi abbandonati 20 anni fa. Ho già fatto 4 esami e me ne mancano 5. Ma non ho perso il vizio.
Come il vecchio Ulisse anch’io devo sempre approfondire, ostinarmi ad andare oltre a quello che prevede il programma dell’esame. E quindi mi inerpico in scalate ardue verso una conoscenza che non potrò mai avere.
Ma è così. E’ dentro di me. La superficialità non mi basta.
Purtroppo amerei andare oltre la “conoscenza” perchè anche al conoscenza acquisita in fretta è superficiale. Vorrei, attraverso l’approfondimento e la verifica, arrivare allacompetenza. Ma anche questo richiede tempo e, purtroppo, il distacco da interessi primari.
Ma non mollo. Odio vedere la superficialità delle analisi. Il copia e incolla continuo di questa società dell’informazione che ridonda ma non approfondisce i temi.
E poi mi perdo ancora con la conoscenza delle persone. Perchè amo capire di loro cosa c’è dietro l’apparenza e la superficie che manifestano.
E mi ritorna alla mente una frase di Italo Calvino:
La conoscenza del prossimo ha questo di speciale: passa necessariamente attraverso la conoscenza di se stesso.
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