Il Cantico delle Creature (Canticum o Laudes Creaturarum), anche noto comeCantico di Frate Sole, è il testo poetico più antico della letteratura italiana che si conosca.[1] Ne è autore Francesco d'Assisi e, secondo una tradizione, la sua stesura risalirebbe a due anni prima della sua morte, avvenuta nel 1226. È comunque più probabile che, come riportano le biografie di Francesco, la composizione sia stata scritta in tre momenti diversi.
Il Cantico è una lode a Dio che si snoda con intensità e vigore attraverso le sue opere, divenendo così anche un inno alla vita; è una preghiera permeata da una visione positiva della natura, poiché nel creato è riflessa l'immagine del Creatore: da ciò deriva il senso di fratellanza fra l'uomo e tutto il creato, che molto si distanzia dalcontemptus mundi, dal distacco e disprezzo per il mondo terreno, segnato dal peccato e dalla sofferenza, tipico di altre tendenze religiose medioevali (come quella instaurata da Jacopone da Todi). La creazione diventa così un grandioso mezzo di lode al Creatore.
Di seguito il testo del componimento poetico:[2]
| « Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dai sustentamento. Laudato si’, mi’ Signore, per sor’acqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi' Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke 'l sosterrano in pace, ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male.
Laudate et benedicete mi’ Signore' et ringratiate et serviateli cum grande humilitate »
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Composto in volgare umbro del XIII secolo (folta la presenza di -u finale - plurale di terza persona in -ano "konfano" - l'epitesidi ène - la congiunzione ka - il verbo "mentovare"), con influssi toscani e francesi, e latinismi. Alcuni latinismi sono puramente grafici, causa di riccorrenti errori di lettura, come ad esempio la dentale doppia ct (tucte, fructi = tutte, frutti) e il grafema cti di sanctissime (=santissime)[3]. La critica ha discusso a lungo, senza precise conclusioni, il valore da attribuire alla proposizione "per": il suo uso è infatti centrale nella definizione della natura "laudatoria" del componimento. Numerose le interpretazioni che ne sono state date: 1) valore causale; 2) strumentale; 3) agente; 4) mediale; 5) di stato in luogo; 6) circostanziale.
Il Cantico ha la forma di prosa ritmica assonanzata. Il testo era fornito di accompagnamento musicale, composto dallo stesso Francesco, oggi perduto. La semplicità del sentimento espresso è rispecchiata da una sintassi semplice, nella quale i termini sono spesso coordinati per polisindeto (esempio: "et per aere et nubilo et sereno et onne tempo", verso 13) e gli aggettivi sono numerosi. I versetti sono raggruppati in piccoli blocchi facilmente riconoscibili, differenziati dal punto di vista tematico. L’omogeneità di tali blocchi è assicurata da calcolati artifici formali, che la critica moderna ha riabilitato come raffinati e attenti, non ingenui come si pensava in epoca romantica.
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