Pagine

Vendesi villino Baia Domizia, vendesi appartanento via De Gasperi Smcv

mercoledì 21 ottobre 2015

Fioretti di San Francesco: capitolo diciotto

Del maraviglioso capitolo che tenne san Francesco a Santa Maria degli Angeli, dove furono oltre cinquantamila frati. Il fedele servo di Cristo Francesco tenne una volta un capitolo generale a Santa Maria degli Angeli, al quale capitolo si raunò oltre a cinquantamila frati; e vennevi san Domenico, capo, e fondamento dello Ordine de’ frati Predicatori, il quale allora andava di Borgogna a Roma. E udendo la congregazione del capitolo che san Francesco facea in nel piano di santa Maria degli Angeli, si l’andò a vedere con sette frati dell’Ordine suo. Fu ancora al detto capitolo un cardinale divotissimo di san Francesco, al quale egli avea profetato ch’egli dovea essere Papa, e così fu; il quale cardinale era venuto istudiosamente da Perugia, dov’era la corte, ad Assisi; ogni dì venia a vedere san Francesco e’ frati suoi, e alcuna volta cantava la Messa, e alcuna volta faceva il sermone ai frati in capitolo, e prendeva il detto cardinale grandissimo diletto e divozione quando veniva a visitare quel santo collegio. E veggendo in quella pianura sedere intorno a Santa Maria i frati, a schiera a schiera, qui quaranta, ove cento, dove ottanta insieme; tutti occupati nel ragionare di Dio in orazioni, in lagrime, in esercizi di caritade, e stavan con tanto silenzio e con tanta modestia che ivi non si sentia uno rumore, nessun storpìccio; e maravigliandosi di tanta moltitudine così ordinata, con lagrime e con grande divozione diceva: Veramente questo si è il campo e lo esercito de’ cavalieri di Dio. Non si udiva in tanta moltitudine niuno parlare favole, o buffe; ma, dovunque si raunava una schiera di frati, o egli oravano, o eglino diceano ufficio, o piagneano i peccati loro, de’ loro benefattori, o e’ ragionavano della salute delle anime. Erano in quel campo tetti di graticci e di stuoie, distinti per torme, secondo frati di diverse provincie; e però si chiamava quel capitolo, il capitolo de’ Graticci, ovvero delle Stuoie; i letti loro si era la piana terra, e chi avea un poco di paglia, i capezzali si erano o pietre, o legni. Per la qual cagione, era tanta divozione di loro a chiunque gli udiva o vedea, e tanta la fama della lor santitade, che della corte del Papa, ch’era allora a Perugia, e delle altre terre di valle di Spoleto veniano a vedere molti conti, baroni e cavalieri, e altri gentili uomini, e molti popolani e cardinali e vescovi e abati con molti altri cherici, per vedere quella così santa e grande Congregazione e umile, la quale il mondo non ebbe mai, di tanti santi uomini insieme; e principalmente veniano a vedere il capo, e Padre santissimo di quella santa gente, il quale avea rubato al mondo così bella preda, e raunato così bello e divoto gregge a seguitare l’orme del vero Pastore Gesù Cristo. Essendo dunque raunato tutto il capitolo generale, il santo padre di tutti e generale ministro, san Francesco, in fervore di spirito propone la parola di Dio: troppo maggiori sono promesse a noi da Dio, e predica loro in alta voce quello che lo Spirito Santo li facea parlare; e per tema del sermone propuose queste parole: Figliuoli miei, gran cose abbiamo promesse a noi da Dio, se osserviamo quelle che abbiamo promesse a lui: e aspettiamo di certo quelle che sono promesse a noi. Brieve è il diletto del mondo; la pena che seguita ad esso è perpetua; piccola è la pena di questa vita, ma la gloria dell’altra vita è infinita. E sopra queste parole predicando divotissimamente, confortava e inducea i frati a obbedienza, ed a riverenza della santa Madre Chiesa, e alla caritade fraternale, a adorare Iddio per tutto il popolo, ad aver pazienza nelle avversitadi del mondo e temperanza nella prosperità, a tener mondizia e castitade angelica, e ad avere pace e concordia con Dio e con gli uomini e colla propria coscienza, e amore e osservanza della santissima povertade. E quivi disse egli: Io comando, per merito della santa obbedienza, a tutti voi che siete congregati qui, che nullo di voi abbia cura nè sollecitudine di veruna cosa di mangiare, o di bere, o di cose necessarie al corpo, ma solamente intendere a orare e laudare iddio: e tutta la sollecitudine del corpo vostro lasciate a lui, imperocchè egli ha speziale cura di voi. E tutti quanti ricevettero questo comandamento con allegro cuore e con lieta faccia, e compiuto il sermone di san Francesco, tutti si gettarono in orazione. Di che san Domenico, il quale era presente a tutte queste cose, fortemente si maravigliò del comandamento di san Francesco e riputavalo indiscreto, non potendo pensare, come tanta moltitudine si potesse reggere senza avere nessuna cura e sollecitudine delle cose necessarie al corpo. Ma ’l principale Pastore Cristo benedetto, volendo mostrare com’egli ha cura delle sue pecore e singolare amore a’ poveri suoi, immantenente ispirò alle genti di Perugia, di Spoleto, di Fuligno, di Spello e d’Assisi e delle altre intorno, che portassero da mangiare e da bere a quella santa Congregazione. Ed eccoti subitamente venire dalle predette terre uomini con somieri, cavalli, carri, carichi di pane, di vino, di fave e di cacio e di altre buone cose da mangiare, secondo che ai poveri di Cristo era di bisogno. Oltre a questo, recavano tovaglie, orciuoli, ciotole, bicchieri e altri vasi, che faceano mestieri a tanta moltitudine: e beato si riputava chi più cose potesse portare o più sollecitamente servire; intanto che eziandio i cavalieri, e li baroni, e altri gentili uomini che veniano a vedere, con grande umiltà e devozione servirono loro innanzi. Per la qual cosa san Domenico, vedendo queste cose, e cognoscendo veramente che la Provvidenza divina si adoperava in loro, umilmente si ricognobbe ch’avea falsamente giudicato san Francesco di comandamento indiscreto; e andando innanzi, inginocchiossi, e umilmente disse sua colpa, e aggiunse: Veramente Iddio ha cura speziale di questi santi poverelli, e io non lo sapea: e io da ora innanzi prometto d’osservare la evangelica povertà santa; e maledico dalla parte di Dio tutti i frati dell’Ordine mio i quali nel detto Ordine prosumeranno d’avere del proprio. Sicchè san Domenico fu molto edificato della fede del santissimo Francesco, e della obbedienza della povertà di così grande e ordinato collegio, e della Provvidenza divina, e della copiosa abbondanza d’ogni bene. In quel medesimo Capitolo fu detto a san Francesco, che molti frati portavano il cuorello in sulle carni, e cerchi di ferro, per la qual cosa molti ne infermavano, onde ne morivano, e molti n’erano impediti dallo orare. Di che san Francesco, come discretissimo Padre, comandò per la santa obbedienza, che chiunque avesse o cuorello o cerchio di ferro, se lo traesse, e ponessero dinanzi a lui, e così feciono; e furono annoverati bene cinquecento cuorelli di ferro; e troppo più cerchi, tra da braccia, e da ventri; intanto che fecero un grande monticello: e san Francesco li fece lasciare ivi. Poichè fu compiuto lo capitolo, san Francesco confortandoli tutti in bene, e ammaestrandoli, come dovessero iscampare senza peccato di questo mondo malvagio, con la benedizione di Dio e la sua, gli rimandò alle loro provincie tutti consolati di letizia spirituale.

Nessun commento:

Posta un commento