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mercoledì 9 marzo 2011

La valorizzazione delle risorse locali potrebbe partire da un buon utilizzo dell'ex Galoppatoio

In un epoca in cui le notizie e le informazioni viaggiano in tempo reale sembra quasi impossibile che solo poco più di un secolo fa le comunicazioni viaggiavano alla velocità del cavallo.
L’undici settembre 2001 abbiamo visto in diretta il crollo delle ”twin towers”, un evento che ci lasciò sbigottiti, terrorizzati, incollati al televisore per vivere in diretta un dramma che nessuno avrebbe mai immaginato e che ha certamente inciso in modo sensibile sulla nostra esistenza.
Ebbene probabilmente la notizia della presa della Bastiglia (14 luglio 1789) o della morte di Napoleone (5 maggio 1821) o dell’elezione di Luigi Napoleone Bonaparte (dicembre 1848) a presidente della seconda Repubblica di Francia sono giunte a Napoli solo qualche mese dopo.
Oggi noi sappiamo che la velocità di circolazione delle idee e delle merci è elemento fondamentale per lo sviluppo culturale economico e sociale di un popolo.
Di tanto dovevano essersi resi conto i Borboni che, per poter modernizzare il regno, si impegnarono per migliorare la velocità di trasporto delle persone e delle merci attraverso programmi a breve e a lungo periodo.
Nel lungo periodo pensarono al trasporto sulle acque portando i cantieri di Castellammare di Stabia all’avanguardia della tecnologia dell’epoca e con progetti di canali navigabili (i Regi Lagni).
Sulla terra ferma pensarono al trasporto su strada ferrata (nell’ottobre del 1839 Ferdinando II inaugurò la ferrovia Napoli – Portici).
Nel breve periodo si pensò che per migliorare i trasporti bisognava migliorare i cavalli e fu creato l’istituto dei “Cavalli Stalloni”, stazioni di monta equina dove cavalli razzatori potevano assicurare una progenie con caratteristiche migliori. Oggi potremmo definirlo un programma di miglioramento genetico ma all’epoca Mendel (1822 – 1884) muoveva solo i primi passi sulla genetica.
A Santa Maria Capua Vetere fu istituita una importantissima stazione di monta che era allocata in via Roberto d’Angiò (attuale sede del Museo Antica Capua).
Dopo l’unità d’Italia i Savoia, per il miglioramento dei cavalli in dotazione dell’esercito, pensarono di utilizzare questa struttura che nel 1862 passò sotto l’amministrazione del Ministero della Guerra con l’istituzione del “Regio deposito dei cavallini stalloni”.
Nel 1866, probabilmente ci si rese conto dell’importanza ai fini economici e sociali del miglioramento della razza equina e passò all’amministrazione del Ministero dell’agricoltura.
La stazione di monta di Santa Maria Capua Vetere si connotava come una delle più importanti di Italia tanto che lo spazio di via Roberto D’Angiò divenne insufficiente e nel 1935, a seguito di una generosa donazione del nostro benemerito concittadino il Barone Fratta, fu trasferita all’attuale sede di via Caserta.
Con il D.P.R. 22/09/1955 n. 1298  i cavalli di stalloni presero tra l'altro la nuova denominazione di Istituto Incremento Ippico. L’istituto operava in otto circoscrizioni sul territorio nazionale  e con sede in Crema, Ferrara, Reggio Emilia, Pisa, Foggia, S. Maria Capua Vetere, Catania ed Ozieri.
Con l'avvento delle Regioni, e con la legge  n. 382 del 22 Luglio 1975, venivano trasferite alle stesse diverse funzioni amministrative tra cui l'agricoltura e successivamente con D.P.R. n. 616 del 24 Luglio 1977 quelle concernenti l'ippicoltura. Ancora, con d.l. 18 Agosto 1978 n. 481 e legge 21 Ottobre 1978 n. 641, furono soppressi alcuni enti statali, trasferendo alle Regioni i beni ed il personale dei medesimi.
Appare quindi inutile sottolineare l’importanza che storicamente ha avuto quest’istituto a Santa Maria Capua Vetere che, iniziato con 60 soggetti salernitani, è arrivato a gestire fino ad 800 cavalli e l’importanza che ha avuto perché questa nostra razza equina non si estinguesse. Il salernitano è un cavallo da sella, una razza molto antica, migliorata nel corso degli anni da incroci con andalusi e cavalli orientali. Il mantello è in genere baio, ma è ammesso il sauro. L'altezza può variare da 1,50 m. a 1,58 m. Oggi ne esistono 110 in tutta la Campania.
La presenza dell’istituto in Santa Maria Capua Vetere ha perso notevolmente il suo significato, anzi i cavalli potrebbero stare meglio altrove ( il comune di Santa Maria Capua Vetere ha in proprietà notevoli  estensioni  di terreni agricoli ) e questo spazio potrebbe essere utilizzato per creare un parco in grado di valorizzare le essenze arboree pluridecennali presenti.
La fotografia sottostante presa da Google Heart riporta il l’istituto alla data odierna.

I lecci intorno alla pista del galoppatoio disegnano figura geometrica che ricorda alcuni giardini rinascimentali. Nell’ immagine sottostante, presa sempre da Google, riporta il giardino di Boboli a  Firenze.

A mio parere per valorizzare le essenze già presenti nel parco si potrebbe disegnare  con dei viali intorno all’anello di lecci quattro quadranti.
I viali potrebbero essere delimitati da piante arboree caducifolie le cui essenze potrebbero essere tratte dalla tradizione del verde pubblico della città: ippocastani, platani o piante capaci di sopportare bene l’inquinamento cittadino: il bagolaro
Nei primo due riquadri, quelli prossimali alla strada Appia, realizzare un giardino all’italiana con disegno liberty , per valorizzare anche la casa del custode nello  stesso stile.
Nel terzo e nel quarto una pineta. . Negli ex recinti dei cavalli si potrebbe realizzare la nursery delle piante di cui parlerò  più diffusamente in un prossimo numero.
Mariano Di Rienzo 

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