A chi lavora sodo tutto il giorno per ore ed ore e deve fare i salti mortali per sbarcare il lunario, quando alla fine del mese, a conti fatti, si è dovuto fare prestare i soldi dai parenti e dagli amici per sfamare la propria famiglia, è inutile dirgli : “bisogna avere pazienza”.
La pazienza non basta. Per fare mangiare moglie e figli, ci vuole altro.
Viene voglia di mandare tutto alla malora e di lascarsi andare alla facile bestemmia.
Il Padreterno, però, non c’entra niente, questo lo si capisce immediatamente e bisognerebbe prendersela con chi sfrutta il proprio lavoro o con chi ha preferito fare lavorare al tuo posto un altro, perché gli costava di meno.
Proprio, però, quando non ce la si fa più a soffrire tanto per guadagnare quanto basta a comprare un pezzo di pane che giunge, durante il periodo preelettorale l’offerta del fato.
Cedere la propria anima per 50,00 euro.
Anima?
Con quella non si mangia e vendere una cosa inutile può anche servire ad assicurarsi il pranzo di Pasqua.
Soprattutto se ai soldi si accompagna il fantomatico cesto con colomba e pacco di pasta.
Il contratto da sottoscrivere è semplicissimo e recita più o meno così: “ io sottoscritto con la presente scrittura privata valevole a tutti gli effetti di legge , dichiaro di vendere la mia anima al gentilissimo signore che acquista il mio voto per 50,00 euro, una colomba ed un pacco di pasta”.
Spesi i soldi, mangiata la pasta e la colomba, se ci si confida con gli amici e si racconta loro che grazie alla stupidaggine di un ‘gentil signore’ – che ha elargito soldi e cibo per un misero voto – ci si è sbafati a sazietà, questi ultimi potrebbero rispondere: “ è più cretino chi vende il proprio voto per così poco… che chi lo acquista”.
Ciò dicendo, gli spiegherebbero che grazie a quel voto ceduto ad un prezzo così basso egli ha venduto l’anima a coloro che hanno permesso che il nostro ospedale fosse dismesso in favore di quello di Aversa, che sempre grazie a quella colomba egli ha consentito che la sua città divenisse preda di speculatori e palazzinari che hanno riempito di calcestruzzo tutti gli spazi adibiti a contenere industrie ed attività di commercio che avrebbero potuto assorbire la disoccupazione galoppante.
Quel misero voto, sempre lo stesso e comprato per così poco, è servito ad eleggere persone che non hanno battuto ciglia quando la nostra città è stata scelta come immondezzaio della provincia.
Probabilmente nelle realtà sociali dell’agro aversano un pacco di pasta vale di più della storia e della dignità del proprio passato e del proprio futuro.
Qui da noi, no!
Forse è questo che ci differenzia dai nostri vicini.
Mettere a rischio la presenza del Tribunale in cambio di un pacco di pasta è veramente impensabile, come ignobile è il tentativo di corruttela perpetrato in tal senso.
Se si vuole che la nostra città esca fuori dalle sabbie mobili della corruttela, che il diritto non venga scambiato con il favore, che il criminale spadroneggi a casa dell’innocente, si deve , a denti stretti, rispedire i cesti al mittente e chiedergli di tornarsene la da dove è venuto.
Solo così abbiamo una residua speranza di garantire un futuro ai nostri figli.
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