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martedì 17 luglio 2012

SVILUPPO URBANO E TUTELA BENI ARCHEOLOGICI. METTIAMO A POSTO LA CARTOGRAFIA DELLA CITTA’?

Agli inizi di Luglio, all’interno dei locali del Salone di ingresso al Teatro Garibaldi è stata esposta un’antica Cartografia molto suggestiva riguardante la Provincia di Terra di lavoro.

La cartografia è un’'illustrazione del territorio in un determinato periodo di tempo redatta  alla luce di informazioni non solo geografiche , ma storiche, statistiche, demografiche, economiche, politiche, culturali.

Quanto deve essere stato difficile in passato cartografare la Provincia considerando che oggi  i Comuni che la compongono non sono riusciti  in più di 25 anni (dagli anni ’80) a dotarsi di un piano regolatore.

In questo lungo lasso di tempo, intanto, le città (soprattutto la nostra) sembrano essere esplose in tanti pezzi-cocci, cresciute non per parti omogenee, ma piuttosto per singoli edifici e all’insaputa dei suoi abitanti, persone “fuori” , quasi sempre in viaggio ,”flessibili” come vuole il mercato, preoccupati del loro lavoro diventato, per così dire, una continua  “prova di esubero”. 

Qual è  la sintassi che regola la relazione tra  il già costruito e l’espansione? 

Il territorio è visto oggi solamente come un’occasione per arricchirsi rapidamente grazie all’elevato plusvalore che il proprietario può lucrare quando una superficie passa dalla destinazione agricola a quella edificabile, meccanismo che sta spesso alla radice di fenomeni come la corruzione dell’attività amministrativa pubblica  e il riciclo di capitali malavitosi immessi nell’economia “normale”.

Le varie governance che  si avvicendano nella nostra città , indipendentemente dai colori politici, dalle categorie di “nuovo/vecchio” che le contraddistinguono , fanno cassa per fronteggiare le necessità della spesa corrente tutte allo stesso modo, lucrando i cospicui introiti dal pagamento degli oneri di urbanizzazione. 

E’ tutto legale ? 

Illustri Avvocati ci spiegheranno la legittimità della crescita urbana , mentre tecnici esperti saliranno in cattedra per impartire lezioni al riguardo a gente comune  annichilita da tanta preparazione  . Nulla, però, potrà nascondere il degrado che non è più la la cintura cittadina marginale e occultata, ma è un arcipelago. 

METTERE A POSTO LE CARTE è una locuzione ( un modo di dire) dal significato ambivalente. Può voler dire riordinarle dal punto di vista legale in modo da sottrarle ad accertamenti giudiziari oppure impegnarsi a fornire una rappresentazione simbolica scritta della nostra città a misura d’uomo. E’ a questa seconda accezione che mi riferisco.

«Scrivere non ha niente a che vedere con significare,ma con misurare territori, cartografare contrade a venire»(Deleuze-Guattari, Rizoma, Mille piani)

Cartografare contrade a venire, produrre concetti capaci di spiegare il divenire altro, creare costellazioni di segni capaci di dare forma alla proliferante realtà in fuga dal significato presente.

Ciò è possibile farlo all’interno di uno spazio pubblico plurale nel quale trovino sostegno varie esigenza :

tutela dei beni archeologici e impegno a reperire investimenti industriali da realizzare nelle zone produttive dismesse;

“consumo zero di territorio” e “riqualificazione urbana”;

individuazione dell’offerta di servizi, definizione delle politiche d’intervento (quali settori potenziare, mantenere, ridimensionare) ,selezione delle prestazioni da offrire in linea con i bisogni percepiti ed emergenti dell’ambiente di riferimento; 

scelta delle modalità di gestione dei servizi, ad esempio gestione diretta o ricorso a formule privatistiche di gestione come quelle garantite dal Consorzio Icaro cacciato da  molti Comuni sensibili alla problematica della legalità.

Un “Osservatorio su beni comuni e democrazia” renderebbe più semplice “cartografare” e valorizzerebbe il percorso di ricerca, informazione, trasparenza  che l’Associazionismo di S.Maria C.V. hanno ritenuto di dover intraprendere ciascuna per conto proprio.

 

Gerardo D’Amore     

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