Mancato il diversivo ed i Romani avendo dato gran prova di
costanza nel tenere assediata Capua, quando pericolante era la stessa lor
patria, Capua cedette alla fortuna romana dopo 6 mesi di assedio. La cessione della
Metropoli Campana, ci mostra un notevole esempio di quel che possa la feroce
politica di un solo uomo sulla sorte di una nazione.
Fulvio nemico giurato dei capuani senza attendere ordini dal
Senato, e senza il consentimento dei suoi colleghi Claudio ed Appio, in Teano
fa battere con le verghe i prigionieri e recider loro la testa; le stesse
scene di sangue riproduce in Cales, conservando , chiuse le lettere del
Senato, che disponevano il contrario. Avrebbe voluto diroccare la
città intera dalle fondamenta; ma non gli riuscendo pel
fermo desiderio degli alleati fece scempio dei suoi tesori e dei suoi abitanti,
spogliandoti ed assassinandoli come meglio gli veniva fatto.
Gelosia d' impero e ragione di stato fecero aggravare la
mano sulla Campania, consigliatore ed esecutore precipuo il fierissimo Fulvio.
Imperciocchè sapeva ben egli per la scienza del passato quanto atta fosse
questa contrada a salire al primato, sì per ricchezza sì per ubertosità che per
positura e per cielo.
Oltre di ciò il travagliava la radicata opinione della sveltezza
ed alterezza dei Campani, che più che dal sangue, dal luogo pigliavano loro
natura, come lo stesso Cicerone ebbe a dire in quella sua famosa orazione
contro Rullo.
Quindi i Romani avuto il destro di padroneggiare le sorti
della Campania, mossi da pesato pensamento politico, colpirono spietatamente e
contro ogni dritto amici e nemici del nome Romano.
Invano i Campani ricorsero al console Levino, contro i
soprusi di Q. Fulvio Fiacco lasciato a prefetto di Capua, invano si recarono
nella stessa Roma ed in presenza dello stesso Senato a dimostrare 1' insania
della sposata politica. Ai lamenti si rispose con 1' indifferenza e con inacerbire
i mali.
Tutti mutarono sorti e dimore; perchè coloro ch'erano rimasti
in Capua, mentre te porte furono chiuse ai Romani, furono costretti ad abitare
di là dal Tevere, e coloro istessi che durante la guerra non eransi trovati
nella Campania, con ingiusti decreti, ebbero sede dì là dei fiume Liri. Nè
contenti di percuotere gl' innocenti, infierirono contro coloro istessi, ch'
eran degni di premio imperocchè coloro, che prima della venuta del cartaginese
eransi dati al partito dei Romani, furono astretti a lasciare le loro case ed
abitare di là del Volturno.
Così infrangendo la pubblica fede, orbando le speranze degli
amici ed insultando alle lagrime della sventura intesero solo a snervare 1e
forze della Campania ed a bearsi delle sue ricchezze.
Oggi l'Italia non manca di Q. Fulvii.
Par che un avversa sorte, spinga ora i nostri esordienti
politici nei medesimi errori del passato, e che passioni sempre più concitate
anzichè cementare gli animi ogni dì sempre più li dividano.
Caparbietà, avarizia, egoismo, aristocratica alterigia, bisogni
abitudini inveterate, miseria figlia di durati rivolgimenti, passioni di
parti, stoicismo ed esaltazione lottano a gara in terribile guerra, che snerva
scinde la patria e la prepara a dubbiosissime prove. Ridono intanto gli stoici,
godono gli epicurei, stipano ricchezze i nuovi Crassi, si preparano alte
riscosse i vinti ed i feroci agli eccidii, e d'ogni intorno si schiamazza con
ridevole dire, senza trovar misure che valgano a cacciarci da sì desolante
miseria.
Augusto divise l' Italia in XI regioni, e la Campania fu
unita all'Antico ed al Nuovo Lazio.
Sotto Adriana, 1' Italia fu divisa in quattro regioni, commesse
al Governo di Consolari secondo antica e dismessa usanza. In questa partizione
il nome di Campania fu dato a più ampio terreno, parendo che da Adria
pervenisse sino al Tevere da un lato, ed alla Lucania da un altro.
Sotto Tiberio visse il celebre istorico capuano Vellejo
Patercolo, e sotto Vespasiano, l' eloquente Eprio Marcello, nato in Capua da
umile origine e venuto in Roma a grande onori e ricchezze. Vuolsi del pari che
il famoso giureconsulto Cocceio Campano, mentovato ne' Digesti e nelle lati-di
Giustiniano, fosse pur Capuano.
Credesi che l'Apostolo S. Pietro ed il suo discepolo S. Prisco
avessero diffusa le luce del Vangelo in Capua.
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