Sabato
9 febbraio
S. Apollonia
ERANO COME PECORE CHE NON HANNO PASTORE.
Prima
lettura Eb 13,15-17.20-21
Fratelli,
per mezzo di lui dunque offriamo a Dio continuamente un sacrificio di
lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticatevi
della beneficenza e della comunione dei beni, perché di tali sacrifici il
Signore si compiace. Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché
essi vegliano su di voi e devono renderne conto, affinché lo facciano con gioia
e non lamentandosi. Ciò non sarebbe di vantaggio per voi. Il Dio della pace,
che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue
di un'alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene,
perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è
gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli.
Amen.
Salmo 22:
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
IL VANGELO
Dal Vangelo
secondo Marco 6,30-34
In quel
tempo, gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello
che avevano fatto e quello che avevano insegnato. Ed egli disse loro: «Venite
in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un po'». Erano infatti
molti quelli che andavano e venivano e non avevano neanche il tempo di
mangiare. Allora andarono con la barca verso un luogo deserto, in disparte.
Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città accorsero là a
piedi e li precedettero. Sceso dalla barca, egli vide una grande folla, ebbe
compassione di loro, perché erano come pecore che non hanno pastore, e si mise
a insegnare loro molte cose.
LA NOTA ESEGETICA
E' l'unica
volta nel suo vangelo che Marco dà il nome di "apostoli" ai discepoli
inviati in missione, e il pone come soggetto del verbo "riunirsi
attorno" a Gesù. Questi versetti fanno da transizione: non solo presentano
l'operare degli apostoli simile a quello di Gesù (predicare/guarire e
insegnare), ma preparano anche il racconto della moltiplicazione
dei pani/pesci, con l'uso del verbo "mangiare" in un "luogo
deserto".
IL COMMENTO
SPIRITUALE
La folla è
spesso considerata una forza che si muove senza ragionevolezza. Fanno paura,
le folle: assaltano e distruggono, oppure sono manipolate da qualche
imbonitore, abile nell'uso di qualche messaggio suggestivo. Le folle si muovono
così perché cercano una via d'uscita alla loro condizione inferiore. «Sono come
pecore senza pastore», osserva Gesù quando vede che la folla ha raggiunto lui e
i suoi discepoli che s'erano ritirati per un po' di ristoro. Gesù non incita
alla rivoluzione, non guida le folle all'assalto della guarnigione, né al
furto organizzato per espropriare i ricchi dei loro beni usurpati. Egli insegna
loro «molte cose», rivela cioè il disegno di Dio su ciascuno e su tutti. Chi
aveva corso appresso a Gesù, sperando di raggiungerlo, avrà probabilmente
obbedito al proprio istinto, senza pensarci troppo su. Sarà tornato a casa da
uomo profondamente trasformato, non più in balia delle cose e delle situazioni,
ma riedificato nella sapienza, accompagnato dal buon consiglio, con la mente e
il cuore aperti dalla buona novella.
IL TESTIMONE
Maria Orsola Bussone
Aveva
detto: «Sarei disposta a dare la vita perché i giovani capiscano quanto è bello
amare Dio». Maria Orsola Bussone nacque a Vallo Torinese (Prealpi piemontesi)
il 2 ottobre 1954. Brillante studentessa, sportiva, era dotata di un carattere
estroverso e gioviale, sempre pronta ad aiutare chi aveva bisogno. Nel 1967,
colpita dalla spiritualità dei Focolari, si inserì tra i gen, i giovani del
Movimento, che fiorivano proprio in quegli anni. Presto capì che «la chiave
della gioia è la Croce» e prese un impegno: «amare, amare sempre, per prima, senza aspettarmi
nulla, voglio lasciarmi adoperare da Dio come vuole lui». Il suo modello:
Maria. Incerto il futuro, anche se c'erano tutti i presupposti per una scelta
di vita consacrata. Ma mentre partecipava ad un campo-scuola come animatrice,
rimaneva fulminata da un phon difettoso. Giovanni Paolo II, a Torino nel
settembre 1988, la additò ai giovani quale esempio luminoso dell'accettazione
della propria vita, come un dono ricevuto e non come un possesso egoistico. Nel
1997 è iniziato il suo processo di beatificazione.
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