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sabato 23 aprile 2016

Meditazione: « Qualunque cosa chiederete nel nome mio la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio »

A mio avviso, chi si appresta a pregare, se per un po' di tempo si impegnerà a raccogliersi internamente, si renderà più pronto e attento in tutto lo svolgimento della preghiera. Così avverrà se scaccerà tutto quanto può distrarlo e turbare i suoi pensieri; se si ricorderà per quanto gli è possibile della maestà di Colui al quale accede; se rifletterà che è vera empietà avvicinarsi a lui con disattenzione e svogliatezza, quasi con atteggiamento sprezzante; se allontanerà tutti gli elementi estranei. 

      Verrà così alla preghiera, tendendo per così dire l'anima prima delle mani, elevando a Dio lo spirito prima degli occhi; se prima di alzarsi in piedi solleverà dalla terra la parte superiore del suo spirito e si presenterà davanti al Signore dell'universo; se rimuoverà da sé ogni cattivo ricordo che potrebbe avere di ingiustizie ricevute, come egli stesso desidera che Dio non si ricordi delle sue male azioni e dei peccati, commessi contro molti dei suoi prossimi, o ancora di tutti i falli di cui ha coscienza d'essere incorso contro la retta ragione. 

      Non si può mettere in dubbio che, per quanto numerose possano essere le posizioni del corpo, a tutte è da preferire quella consistente nell'elevare le mani e nel rivolgere in alto gli occhi; giacché in tal modo il corpo reca nella preghiera l'immagine delle qualità che convengono all'anima nell'orazione. Diciamo che ciò bisogna mettere in atto a meno che alcune circostanze non lo impediscano. Effettivamente in talune contingenze è consentito qualche volta pregare convenientemente stando seduti... oppure stando a letto... Conviene sapere che quando uno sta per accusarsi davanti a Dio dei propri peccati, supplicandolo che glieli rimetta, è necessaria anche la genuflessione. Lo si trova in Paolo che si umilia e si sottomette, dicendo: «Perciò io piego le ginocchia davanti al Padre, da cui deriva ogni paternità in cielo e in terra» (Ef 3,14-15). La genuflessione spirituale, così detta perché tutti gli esseri si sottomettono a Dio nel nome di Gesù e si umiliano davanti a lui, mi sembra che l'apostolo Paolo la significhi con quella espressione: «Affinché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi in cielo, sulla terra e negli abissi» (Fil 2,10).





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