Ricapitoliamo brevemente la questione.
Gli ormai famosi quattrocentoventi alloggi, di cui si è
tanto parlato e si continua ancora a parlare, dovrebbero essere contenuti in
sette fabbricati da ubicarsi, in Variante al Piano Regolatore Generale vigente,
nella parte dell’area dell’ex Tabacchificio di Santa Maria C.V. che residua
alle spalle del supermercato della COOP con accesso da via Galatina,
recentemente realizzato in virtù del precedente Permesso di Costruire
riguardante l’altrettanto famoso (famigerato) centro commerciale composto da
nove “medie strutture di vendita”, che l’attuale proprietario dell’area ha deciso
di non voler più completare ( investire nella costruzione di centri commerciali
ormai comincia ad essere obsoleto…), proprio in vista di questo (ben più
appetitoso) intervento alternativo.
Già in premessa allora va osservato che, proprio in virtù
del recente rilascio del suddetto Permesso di Costruire, dell’avvio e
dell’avanzato stato di esecuzione dei lavori concernenti la sostituzione
dell’ex tabacchificio con il suddetto centro commerciale, e quindi per precisa
scelta del proprietario, risulta confermato al presente l’uso produttivo
dell’area medesima nella sua interezza: neanche una frazione di questa può allo
stato, per effetto del semplice “ripensamento” del suo proprietario, ritenersi
“area produttiva dismessa”, nella quale possa essere realizzato ai sensi della
LR “Piano -Casa” un intervento sostitutivo di edilizia residenziale.
L’area in oggetto è legalmente un’area produttiva tutt’altro
che dismessa!
Se questo è un argomento sul quale qualche amministrativista
ha ancora il fegato di esprimere parere diverso, i rilievi che vanno mossi
specificamente al “progetto”, quello per il quale la FIN PROJECT, in corso
d’opera, ha chiesto il Permesso di Costruire i suoi quattrocentoventi alloggi,
dovrebbero risultare di evidenza tecnica oggettivamente incontrovertibile.
Trattandosi di realizzare non un singolo fabbricato
abitativo, bensì un intero quartiere per milleseicentottanta abitanti con le
relative urbanizzazioni primarie e secondarie, com’è ben noto a chiunque ne
mastichi di questa materia, è inderogabilmente necessaria la redazione e
l’approvazione del piano urbanistico preventivo:
pertanto la richiesta del semplice Permesso di Costruire
avanzata dalla FIN PROJECT per una operazione del genere è di per sé
illegittima ed andava immediatamente rispedita d’ufficio al mittente.
Trattasi di un rilievo non banalmente formale bensì
sostanziale, in quanto l’assenza del progetto urbanistico rende del tutto
impossibile effettuare l’istruttoria della pratica comportante l’obbligatoria
verifica della dimensione e della conformità tecnica dell’intervento complesso
che il richiedente “dichiara” di voler realizzare e per il quale chiede il
titolo abilitativo ai sensi delle vigenti disposizioni urbanistico edilizie. Di
ciò è perfettamente consapevole il Dirigente del Settore Tecnico Comunale che
fin’ora infatti si è astenuto dal firmare il relativo provvedimento di rilascio
del Permesso di Costruire.
Altrettanto consapevole sembra peraltro esserne lo stesso
richiedente, che fin’ora non solo non ha assunto efficace iniziativa legale
volta a mettere in mora l’Amministrazione Comunale, bensì nella nota prot.
0002288 del 19.01.12, a firma del suo legale rappresentante Domenico Conte e
dell’avv. Umberto Gentile consulente amministrativista, << manifesta sin
d’ora, qualora fosse ciò ritenuto maggiormente in linea con gli indirizzi di
sviluppo e di pianificazione del comune di Santa Maria C.V., la disponibilità a
valutare con i competenti organi dell’ente comunale la possibilità di attuare
l’intervento costruttivo originario, così come previsto dal Permesso di
Costruire originario, relativo alla sola edificazione di interventi commerciali
>>.
Insomma, FIN PROJECT modera quasi subito la sua audacia
iniziale, e adotta la linea morbida nei rapporti con l’Amministrazione,
consapevole che, per scandalosa carenza progettuale, la primitiva richiesta di
realizzare quattrocentoventi alloggi in meno della metà dell’area dell’ex
tabacchificio aveva costituito un imperdonabile azzardo, quantomeno in merito
alla pretesa dimensione insediativa, oltreché alla congruità dei presupposti
per l’applicazione della LR “Piano Casa” al caso di specie.
Che fosse una richiesta illegittima però se ne sarebbe
dovuto accorgere subito, considerata anche la personale qualificazione
professionale, qualche “politico illuminato” di Santa Maria C.V. che invece,
frettolosamente e con la sconsiderata improntitudine già avuta in altre
circostanze, ha entusiasticamente “sponsorizzata” l’operazione “senza se e
senza ma”.
Ora a quanto pare, se pur tardivamente, anche alcuni dei
sostenitori incondizionati della prima ora, dopo aver acquisito qualche dato
tecnico comparso già in uno dei primi articoli che CASERTACE di Luigi Guarino
pubblicò sull’argomento, devono aver avuto qualche ripensamento: talché sono
propensi ad ammettere sottovoce che effettivamente la entità della primitiva
richiesta della FIN PROJECT andrebbe fortemente ridimensionata, mediante la
redazione di un progetto complessivo un po’ più serio e tecnicamente
controllato…. Così legalizzata però, ancora oggi, secondo loro l’operazione può
essere assentita.
Ma quanta considerazione va accordata al parere di chi suo
malgrado ora è costretto ad ammettere di avere sbagliato nella sua prima
valutazione?
Se prima di parlare, fin dall’inizio avessero fatto quattro
conti, magari con l’ausilio di un esperto della materia del tutto
disinteressato, senza andare a cercare “professori di urbanistica” e consulenti
legali di alto rango, si sarebbero accorti a tempo debito che proprio l’assenza
del progetto di piano urbanistico preventivo celava che la reale capienza
urbanistica dell’area è molto inferiore a quella della iniziale pretesa:
combinando gli indici fondiari e territoriali con gli standard urbanistici
infatti risulta al più una capienza teorica dell’area pari a duecentottanta
alloggi, da verificare ulteriormente in base alle limitazioni imposte da tutte
le altre inderogabili disposizioni riguardanti i parametri propriamente
edilizi.
E si sarebbero quindi resi conto che, sollecitando il
rilascio di quel Permesso di Costruire per quattrocentoventi alloggi, stavano
avallando una vera e propria “truffa urbanistica”, mentre sprovveduti
Consiglieri Comunali si fidavano del parere espresso da “cotanto senno”.
Si sarebbero resi conto altresì che solo con la redazione
del suddetto piano urbanistico preventivo potevano essere identificate le aree
destinate alle attrezzature collettive e le infrastrutture di rete che
obbligatoriamente devono essere comprese nell’intervento e
gratuitamente cedute al Comune dall’operatore , e la millantata quota del 30%
di alloggi sociali che devono essere previsti nel quartiere ai sensi della LR
“Piano Casa”; ed infine che solo con riferimento al piano urbanistico
preventivo si possono stipulare le relative convenzioni tra amministrazione
comunale concedente ed operatore privato.
Forse ancora oggi bisogna rammentare a questi “politici
illuminati” che, comunque, il Piano Particolareggiato concernente l’intervento
in oggetto, non essendo conforme alla previsione dello strumento urbanistico
vigente, pur se astrattamente “approvabile in deroga” ai sensi della LR “Piano
casa”, è assoggettato a verifica di sostenibilità ambientale e
infrastrutturale, da eseguirsi sulla base di dati riguardanti lo stato di fatto
del contesto territoriale che invece risultano irresponsabilmente omessi già
nella documentazione allegata alla richiesta del Permesso di Costruire
depositata dalla FIN PROJECT.
Tutto ciò a prescindere da valutazioni politiche concernenti
l’utilità per la città di un “Piano Casa” di tal fatta, in tal posto, in questa
fase della evoluzione storica della città ed in questa drammatica congiuntura
economico – sociale generale, vissuta con la massima intensità proprio dalle
comunità insediate nel basso casertano, tra cui quella di Santa Maria C.V..
Ma è arrivato il momento di parlare anche di questo, e con
chiarezza brutale, affinché si capisca una volta per tutte davvero ciascuno da
che parte sta.
Basta affrontare pochi decisivi argomenti .
I. Santa Maria C. V. è ormai soltanto una città di
“guardamacchine, burocrati e faccendieri”, non possiede più impianti produttivi
industriali o in alternativa centri di ricerca tecnologica, né un’attività
agricola degna di tal nome; il piccolo commercio risulta disintegrato,
l’artigianato annichilito, ed il settore dei servizi è ridotto ormai al livello
dei “lavori socialmente utili”, cioè di puro ammortizzatore sociale; noi
sammaritani in effetti non produciamo l’equivalente di quanto consumiamo, anzi
neppure una frazione infinitesima di questo : siamo una comunità parassitaria.
Il problema da porre all’ordine del giorno allora è creare
lavoro, quello vero, quello produttivo, prima di andare davvero tutti a fondo.
In questo momento modificare la destinazione urbanistica di
un’area disponibile all’insediamento di attività produttive e trasformarla in
un’area destinata ad essere occupata dall’ennesimo quartiere – dormitorio è
politicamente un delitto!
Così facendo infatti si squilibra ulteriormente il rapporto
tra popolazione insediata , risorse locali e occupazione.
Chiunque spinge in questa direzione se ne rende pienamente e
personalmente responsabile di fronte alla comunità.
II. Attualmente la nostra città possiede un patrimonio
edilizio più che sufficiente rispetto alla entità della popolazione insediata;
altre case servono solo ai palazzinari che si ripromettono di rifilarle ai
“napoletani”… se ci riusciranno, vista la congiuntura economica sfavorevole e
la restrizione delle banche nel concedere mutui per l’acquisto della casa.
Si potrebbe dire: << son fatti loro!>>
No, sono fatti nostri!, visto che comunque essi utilizzano
per le loro avventure il territorio comunale di Santa Maria C.V.,
compromettendolo per sempre.
Allora: chi sta dalla parte dei sammaritani, e chi sta con i
palazzinari, e perché?
III. Per realizzare i pretesi quattrocentoventi alloggi e le
relative infrastrutture di rete occorrerebbe investire almeno cinquantamilioni
di euro: cifra superiore a quella recentemente spesa da Napoli per attrezzare
la città ad accogliere le regate dell’”America’s Cup”; con lo stesso ammontare
di investimento si potrebbero aprire nella nostra città cento cantieri da
cinquecentomila euro ciascuno, per mettere a posto cento fabbricati esistenti
sotto il profilo strutturale, impiantistico, energetico e di finitura; cento
interventi che, senza stravolgere la edilizia della città, anzi salvandola dal
degrado mediante interventi che sono ormai improcrastinabili, darebbero lavoro
a cento tecnici e a cento piccole imprese nei prossimi due anni.
Questa è l’attività edilizia che ci occorre e che
l’Amministrazione comunale di Santa Maria C.V. dovrebbe promuovere.
C’è invece chi vuole continuare a favorire quel dissennato
modello di edilizia espansiva, di pessima qualità urbanistico edilizia, inutile
e puramente speculativa, che già tanti danni economici ed ambientali ha
determinato negli ultimi trent’anni in questo disgraziato territorio a cavallo
dei Regi Lagni, e da cui sono scaturite le sgangherate ed allucinanti
conurbazioni casertana, aversana e napoletana.
Allora ancora una volta vediamo davvero da che parte sta chi
millanta di rappresentare il rinnovamento ed il progresso.
Per concludere: su questi temi i “macchinisti della
locomotiva amministrativa”, (quelli ufficiali e quelli di complemento), abbiano
la sensibilità democratica di uscire dalla cabina di manovra e di venirsi a
confrontare con la città in un pubblico dibattito.
Ma vengano con le vele basse, ché di stupidaggini ne hanno
già dette abbastanza, e non ci portino “pareri di esperti”, perché la città per
decidere del suo destino non ha bisogno né delle loro “brillanti intuizioni” in
merito alle strategie per lo sviluppo economico della città di Santa Maria
C.V., né di pareri resi da luminari della urbanistica e del diritto in merito
alla assentibilità di concessioni edilizie, bensì di verità e di chiarezza.
Alfredo Di Patria

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