Dalla rubrica "All'ombra del Pino " di Pino D'Agostino pubblicata su
www.interno18.it il 26/11/2010
Nessuna assoluzione, colpevole di indifferenza
Oggi piove, l’inverno sembra arrivato, resto a casa; non ho voglia di mettermi all’ombra del Pino e ricordare. Ma c’è anche un’altra pioggia, non meteorologica, che mi incupisce stasera. E’ quella che sembra stia investendo tutti noi, cittadini sammaritani, campani, italiani. E’ una pioggia che scende copiosa, un temporale che si abbatte su di noi, sulle nostre coscienze. Eppure fingiamo che non ci bagni. E questa finzione, questa commedia sembra farci star meglio. Rinchiusi nelle nostre case, lo sguardo fisso su uno schermo al plasma, accarezzando un cane, telecomandando il nostro tempo. Ma non è solo la paura di uscire di casa per il timore che possa accaderci qualcosa di brutto, magari d’essere scippati della borsa, del motorino. E’ piuttosto una sorta di male oscuro che si è impadronito di noi e che ci fa venir voglia di abbandonare i nostri luoghi, le nostre strade, i nostri odori, i nostri amici; di mettere quanta più distanza possibile tra noi e i luoghi dove siamo nati, cresciuti, vissuti. Che ci spinge ad andare quasi contro natura quando diciamo ai nostri figli di fuggir via, alla faccia di tutti i nostri bei discorsi che scappare è sempre sbagliato, che bisogna cambiare le cose da dentro e…bla…bla…bla.
E’ la paura di morire “dentro”. Perché ti uccide vivere in città invivibili, tentare d’essere civile tra gli incivili, onesto tra i disonesti, pulito quando invece sei circondato dal sudiciume. Quello che voglio dire è che stiamo tutti morendo di una morte lenta, vigliacca, crudele: quella dell’indifferenza. Nessuna pioggia più ci bagna, niente più ci indigna. Non ci si indigna se un Presidente del consiglio diventa ricattabile da una puttana (e poco cambia che la si definisca “escort”, la sostanza resta uguale), se una puttana diventa un amministratore locale se non addirittura un parlamentare, se una dittatura strisciante ci avvolge piano piano, se si candidano (e si fanno eleggere) mafiosi condannati, se vengono negati i funerali a Welby e si consente invece la celebrazione di quelli di un mafioso, se si invita a non comprare e a non leggere giornali “scomodi”, se si vogliono chiudere programmi TV, se ogni appalto, ogni catastrofe diventa arricchimento. Se, quando scendono più di quattro gocce d’acqua, l’Italia frana e ci vogliono due ore per fare 20 km. sulla Salerno Reggio Calabria. Però si vuole fare il ponte sullo stretto.
Ci pare normale che qui, nella nostra città, furti scippi non siano più casi rari e che il centro storico sia deserto alle 9 di sera. Ma non è solo questo e non sempre “gli altri” sono i colpevoli, i responsabili di tutto ciò che non ci piace. Perché poi ognuno di noi compie ogni giorno, consapevolmente o meno, il proprio atto di inciviltà: parcheggiare in divieto di sosta o in doppia fila, non lasciar passare un pedone sulle strisce, lanciare mozziconi di sigaretta e cartacce (quando va bene...) dal finestrino della nostra auto, abbandonare sacchetti della spazzatura dove non si dovrebbe. O schiamazzare a notte fonda sotto le case dove c’è gente che riposa, o correre in motorino in due e senza casco. E’ incivile difendere solo la propria corporazione, il proprio nucleo. Come lo è parlare al cellulare ad alta voce nella sala d’attesa di un ambulatorio medico o anche pretendere di entrare in ospedale per far visita a qualcuno fuori dagli orari consentiti. E’ da incivili non chiedere la ricevuta ad un professionista o accettare che il commerciante batta uno scontrino di importo inferiore. Ma è anche poco civile accettare passivamente di vedere le nostre città così cambiate in peggio, rese brutte e disarmoniche. L’alluminio anodizzato!
Esiste in natura qualcosa di più orribile dell’alluminio anodizzato per gli infissi esterni di balconi e finestre? Siamo poco civili noi e il Paese che abitiamo. Vi pare civile non avere almeno una pista ciclabile? E’ o no da repubblica delle banane che si riconosca l’indennità di accompagnamento solo quando colui che ne aveva fatto richiesta è ormai morto da due anni? E un bagno pubblico in una Villa Comunale perennemente chiuso è o no da terzo mondo? Ed è poco civile anche non avere uno spazio per far suonare i giovani. E’ inciviltà farti passare la voglia di fare politica perché da “il personale è politico” si è passati alla “politica del personale”. E’ vergognosamente incivile che non ci sia una palestra in ogni scuola e “andare dopo Roma” (per “dopo” si intende a nord di Roma) per farsi curare. Ed essere costretti a schiaffarsi davanti la tv a rincoglionirsi perché “tanto dove andiamo?”.
Ecco, “inciviltà” è tutto questo, questo e tanto altro ancora, ci sarebbe bisogno di un altro, lungo elenco. Anche noi come Fazio. Ma perché lasciamo che tutto questo ci scivoli addosso? Perché lasciamo che il nostro cervello vada all’ammasso? Per pigrizia, per paura, perché “la vita è breve, chi me lo fa fare di andarmi a cercare rogne”? Perché “è cosa e niente”? Già, sembrerebbe che ognuno di noi per sopravvivere abbia indossato il proprio scafandro da palombaro, e ha pure l’illusione che sia imperforabile; ma ciascuno di noi sa, nel proprio intimo, che così non è, che è pura illusione, che lo scafandro invece fa acqua. Eh, sì, perché poi con la nostra coscienza i conti siamo costretti a farli di tanto in tanto; e hai voglia di ricacciarla indietro, quella si ripresenta, e a lei non la fai fessa. Se non ci spogliamo presto, subito, di questo maledetto scafandro e del pensiero che la pioggia debba scivolarci addosso e non debba bagnarci, corriamo il rischio serio di arrivare ad un punto di non ritorno. E’ arrivato il momento di tornare a vestirci con abiti di stoffa e lasciare che l’acqua li penetri, ci inzuppi e riesca a scuoterci. Lasciamo che un brivido di freddo torni a far fremere il nostro corpo e ci crei malessere. Il dolore ha una sua precisa funzione, quella di farci capire che c’è un male da curare. Certo, non è indossando un casco sul motorino o spegnendo il cellulare in ospedale che debelleremo la criminalità, ma è cominciando dal rispetto delle piccole regole che torneremo a marcarci nettamente da chi non le rispetta e ad avere più considerazione di noi stessi. E’ solo ricominciando finalmente ad indignarci che ritroveremo la rabbia e l’amore per costruire un futuro di legalità e di civiltà. Dedicato ai giovani. E ai vecchi. Perché “non ci rubino il futuro”.
Mi calo il cappello sugli occhi e mi addormento...