Clemente I è generalmente noto come Clemente da Roma o Clemens Romanus per distinguerlo dall’Alessandrinus.
La lista dei primi quattro successori di S. Pietro è diversamente ordinata dagli storici. Alcuni mettono Clemente I prima di Cleto; altri confondono Cleto con Anacleto. L'Annuario Pontificio stampato a Roma nel 1871 lo colloca al quarto posto dopo S. Lino e S. Cleto per cui Clemente I sarebbe il terzo successore di S. Pietro.
Secondo Quinto Settimio Fiorente Tertulliano, intorno al 199, la Chiesa di Roma sosteneva che Clemente fosse stato ordinato da Pietro (De Praescriptiones, XXXII), e S. Girolamo affermava che ai suoi tempi la maggior parte dei latini era convinta che Clemente fosse l'immediato successore dell'Apostolo (De viris illustribus, XV). Girolamo sostenne questa tesi anche in molte altre opere. Gli antichi documenti, comunque, mostrano grande incertezza nella sua collocazione temporale.
Di Clemente I una cosa è certa: la profonda conoscenza (rivelata negli scritti) della Scrittura e anche dei testi ebraici e non canonici; si ritiene perciò che sia venuto al cristianesimo dall’ebraismo. Si sa che il suo pontificato sarebbe durato circa 10 anni (dal 90 al 100), sotto gli imperatori Domiziano, Nerva e Traiano. Ma il suo posto è grande nella vita della Chiesa, che lo venera come uno dei “Padri apostolici”, per la lettera alla comunità di Corinto.
Il contesto di origine della lettera è legato a una disputa nella chiesa di Corinto che aveva portato all'espulsione di diversi presbiteri dal loro ufficio. Nulla si sa delle cause del malcontento, sfociato in una rivolta dei membri più giovani della comunità contro i vecchi. Nessuna offesa morale viene addossata ai presbiteri e la loro dimissione viene vista da Clemente come dispotica e ingiustificabile. Nella storia del Cristianesimo rappresenta di fatto il primo intervento da parte del vescovo di Roma in questioni relative alle altre comunità ecclesiali.
Dopo un resoconto elogiativo della condotta passata della Chiesa corinta, Clemente si addentra in una denuncia dei vizi e in una lode delle virtù, e illustra i suoi vari argomenti con copiose illustrazioni dalle scritture del Vecchio Testamento. Perciò egli spiana la strada al suo tardo rimprovero dei presenti disordini, che trattiene fin quando due terzi della sua epistola sono completati. Clemente è eccessivamente discorsivo e la sua lettera raggiunge una lunghezza doppia rispetto alla Lettera agli Ebrei. Molte delle sue esortazioni generali sono molto indirettamente connesse con l'argomento pratico al quale la lettera è diretta, ed è molto probabile che venne stilata basandosi ampiamente sulle omelie con le quali era solito edificare i suoi seguaci cristiani a Roma. L'epistola venne letta pubblicamente di tanto in tanto a Corinto, e per il IV sec. il suo uso si era diffuso ad altre chiese; si trova allegata addirittura al famoso Codex Alexandrinus (Codice Alessandrino), ma ciò non implica che raggiunse mai il rango canonico.
La lettera, detta poi Prima Clementis, afferma, fra l’altro, dopo i testi degli Apostoli, l’autorità dei vescovi sui fedeli e il primato della Sede Apostolica di Roma sulle altre: documento che si diffonde in tutta la cristianità antica e che resta valido in ogni tempo. La voce di Clemente parla “con una gravità saggia, paterna, cosciente delle proprie responsabilità, ferma nelle esigenze e al tempo stesso indulgente nei suoi rimproveri”(G. Lebreton).
Poco si sa degli ultimi anni di Pp Clemente I. Secondo una tradizione del IV secolo, sarebbe stato affogato con un’ancora al collo in Crimea, suo luogo d’esilio, per ordine di Nerva ma gli Atti relativi sono giudicati leggendari. D’altra parte lo storico Eusebio di Cesarea e san Girolamo concordemente dicono che Clemente I muore nel 101, e non parlano affatto di esilio e di martirio.
Significato del nome Clemente : “mite, benigno, indulgente” (latino).
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