prova


Non lasciare mai, che il successo ti nasconda la sua vacuità, un' impresa la sua vanità, la fatica la sua desolazione. Mantieni vivo dentro di te l' incentivo ad andare ancora più avanti, quell' inquietudine dell' anima che ci spinge al di là di noi stessi. Non guardare indietro, e non accarezzare sogni per il futuro. Ciò non verrebbe nè a restituirti il passato nè a soddisfare gli altri tuoi sogni ad occhi aperti. Il tuo dovere, la tua ricompensa, il tuo destino sono qui ora.
(Dag Hammaarskjold, Markings)
Dobbiamo accettare le delusioni che sono limitate, ma non dobbiamo mai perdere l'infinita speranza.
(Martin Luther King)
Noi non dimentichiamo e non demordiamo.
Quanno 'a furmicola vò murì, mètte è scèlle. Si dice di chi, raggiunta la ricchezza, perde ogni senso della misura e finisce per far cose illogiche e per danneggiare se stesso.
Quanno ò perucchio saglie in gloria perde à scienza e à memoria. Il villano che sale nella scala sociale dimentica subito la sua origine e coloro che lo hanno agevolato nella ascesa.

domenica 31 marzo 2019

                  Inaugurata la Torre Eiffel


domenica 31 marzo 1889 (130 anni fa)

Inaugurata la Torre Eiffel: Concepita per esaltare il progresso scientifico e tecnologico e destinata a vita breve, la Torre Eiffel finì col diventare l'elemento cardine dello skyline di Parigi e insieme il simbolo incontrastato della "grandeur" francese. Per i suoi concittadini è la dame de fer, la "signora di ferro".

Il definitivo tramonto dell'Impero e l'avvento della Terza Repubblica (1879-85) segnarono in Francia l'inizio di una stagione di riforme istituzionali e sociali (dal rafforzamento del sistema parlamentare al riconoscimento delle libertà di stampa e sindacale), destinata a plasmare la futura identità dello Stato e a farne un modello di democrazia universale. Ciò si tradusse anche in un risveglio del sentimento nazionale che toccò l'apice con l'adozione della Marsigliese come inno ufficiale (1880). 

Sul piano scientifico Parigi divenne un banco di prova per le importanti scoperte di quegli anni e per tutti gli sviluppi tecnologici e sociali prodotti dalla seconda rivoluzione industriale (1870-1920). Dall'utilizzo dell'elettricità all'introduzione dell'acciaio, dal perfezionamento dei sistemi di trasporto (quali tram e metropolitane) alla scoperta di nuove forme di comunicazione come il telefono (brevettato dallo scozzese Bell nel 1876).

Un primato che la capitale transalpina contendeva in quel periodo a Londra e che le venne riconosciuto ufficialmente quando si prese la decisione di organizzare lì l'Esposizione universale del 1889. Un evento di prestigio che tra l'altro veniva a coincidere con una scadenza di enorme valenza storica: il centenario della Rivoluzione francese. Per questo il comitato organizzatore si predispose a fare le cose in grande.

Con un budget a disposizione di 41 milioni di franchi (una parte fondi statali, la restante frutto di prestiti bancari e del ricavato di una lotteria), si progettarono una serie di interventi urbanistici e di grandi opere tese da un lato a celebrare la gloriosa storia della nazione, dall'altro a incarnare le idee di progresso e modernità. Entrambi gli aspetti proiettarono la mente a qualcosa che era avvenuto recentemente negli Stati Uniti d'America. 

Il 28 ottobre del 1886, su un isolotto della baia di New York, era stata inaugurata la Statua della Libertà, un simbolo di autodeterminazione e di tecnica moderna che nascondeva un'anima "francese": lo scheletro in metallo che reggeva l'imponente struttura era stata realizzato dall'architetto francese Gustave Eiffel. A lui fu dato l'incarico di erigere una torre nell'area compresa tra il Pont d'Iéna e i giardini di Campo di Marte, dove avrebbe avuto luogo l'Expo. 

I lavori iniziarono nel 1887 impegnando 50 ingegneri e circa duecento operai, suddivisi tra il montaggio di 18.030 pezzi in ferro e la costruzione della torre. Due anni più tardi, l'opera venne completata con più di un mese di anticipo rispetto all'apertura dell'Expo, per essere inaugurata in pompa magna il 31 marzo. Un tempo record conseguito a dispetto delle forti critiche che erano venute dal mondo letterario e artistico locale. Poeti del calibro di Rimbaud e Verlaine definirono il progetto un «inutile e volgare affronto all'armonia architettonica di Parigi», arrivando a firmare una petizione per bloccarne i lavori.

L'entusiasmo e i numeri dei primi visitatori (circa due milioni) accorsi durante l'Esposizione universale dettero torto ai contestatori. La gente venne rapita dalla linea elastica e avveniristica della torre, tinta di rosso veneziano, che con i suoi 324 metri di altezza (antenna compresa) conquistò il primato di edificio più alto del mondo, conservandolo fino al 1930 (superata dal Trump Building di Manhattan). Ciononostante le intenzioni delle autorità francesi erano di smantellarla dopo due anni e solo a conclusione dei preziosi esperimenti di radiotelegrafia, di cui fu protagonista, si decise di tenerla definitivamente.

Ritinteggiata diversamente nel corso degli anni (dal giallo al beige all'attuale "marrone Eiffel"), la Torre Eiffel è oggi il monumento a pagamento più visitato al mondo, con una media di oltre 6 milioni di ingressi all'anno. Per visitare i tre piani aperti al pubblico (l'ultimo a 276 metri di altezza) occorre salire 1.665 gradini o in alternativa utilizzare i cinque ascensori a disposizione. Tra i punti di maggior attrattiva: il ristorante Altitude 95 (cifra che indica l'altezza sul livello del mare) e il punto panoramico del terzo livello che offre una splendida vista su Parigi. 

Delle diverse copie sparse per il mondo, l'esemplare più noto è la Tokyo Tower, in Giappone, realizzata nel 1958 e alta 333 metri.



Santa Maria Capua Vetere, lì 31 Marzo 2019

Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco



sabato 30 marzo 2019

                               Van Gogh


(nato 166 anni fa)

Van Gogh: Inarrivabile esempio di genio artistico folle e incompreso, con capolavori insuperabili quali Campo di grano con volo di corvi e Notte stellata diede inizio all'arte moderna.

Nato a Groot Zundert (la casa natale è ancora visibile sulla piazza principale!), iniziò a dipingere a trent'anni, realizzando molte delle sue opere più note nel corso degli ultimi due anni di vita. La sua produzione, che raccoglie ben 864 tele e di più di mille disegni, consta soprattutto di autoritratti, paesaggi, nature morte di fiori, dipinti con cipressi, rappresentazioni di campi di grano e girasoli.

Lavorò come apprendista per la casa Goupil, che vendeva riproduzioni di opere d'arte, e qui approfondì le tematiche artistiche. Licenziato, si dedicò agli studi teologici e finì a fare il predicatore tra i minatori, ma fu allontanato per il suo fanatismo religioso. Nel 1885 realizzò la prima grande opera, I mangiatori di patate, in cui celebrava il lavoro umile dei contadini.

Oltre che dalla povertà e dalla mancata considerazione degli altri, fu perseguitato dalla psicosi epilettica, con "stadi crepuscolari" seguiti da attacchi di panico, che lo portarono più volte a tentare il suicidio. L'ultimo tentativo fu fatale: il 29 luglio del 1890 morì nella sua casa di Auverse, due giorni dopo essersi sparato un colpo di rivoltella.

Fonte d'ispirazione per le correnti pittoriche del XX secolo, su tutti L'espressionismo, van Gogh lasciò diverse opere battute poi all'asta per cifre altissime, come "Autoritratto senza barba" (venduto per 71,5 milioni dollari nel 1998 a New York) e "Autoritratto con orecchio bendato" (ceduto nel 1990 per 90 milioni di dollari).


Santa Maria Capua Vetere, lì 30 Marzo 2019

Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco
Oggi è

                 L’ultimo giorno con l’ora solare


30 marzo

L’ultimo giorno con l’ora solare: Nella notte tra oggi e domani, si passa all’ora legale. Infatti, in tutta l’Unione Europea, questa viene adottata tra l’ultima domenica di marzo e l’ultima domenica di ottobre. Ufficialmente alle due si sposta la lancetta delle ore in avanti, alle tre. In pratica... dormiremo un’ora in meno!
Negli Stati Uniti, invece, l'ora legale è già partita (parte la seconda domenica di marzo) per poi terminare la prima domenica di novembre.


Santa Maria Capua Vetere, lì 30 Marzo 2019


Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco

venerdì 29 marzo 2019

                  Primo concerto di Beethoven


domenica 29 marzo 1795 (224 anni fa)

Primo concerto di Beethoven«O voi che pensate o dite ch'io sono acrimonioso, pazzo e misantropo, quale ingiustizia mi fate!»L'ultimo accorato messaggio lasciato da Beethoven nel suo testamento spirituale dà l'idea del clima di incomprensione che circondò la sua esistenza. Dai dolori familiari all'ingeneroso paragone con Mozart, passando per la precoce sordità, innumerevoli furono gli ostacoli che dovette superare per affermarsi come genio precursore del Romanticismo musicaleed entrare nell'Olimpo dei grandi della lirica.

Se sul piano politico si registrava l'inarrestabile declino del Sacro Romano Impero sotto i colpi della conquista napoleonica, l'ultimo ventennio del XVIII secolo segnò per l'Austria una stagione aurea dal punto di vista musicale. Il cosiddetto "classicismo viennese", inaugurato da Haydn e portato alla massima espressione da Wolfgang Amadeus Mozart, sembrava destinato a trovare un altro valido interprete in un giovane di Bonn che a 14 anni era già noto a corte per le sue doti di organista.

Sulle possibilità che Ludwig van Beethoven replicasse la parabola di Mozart, quale enfant prodige della lirica, il padre Johann puntava molto, più per ragioni di tornaconto economico che per affetto paterno. Così non fu anche per via dei metodi autoritari, e spesso brutali, del genitore e dei maestri che questi aveva scelto per il figlio, che comunque con il suo lavoro di organista manteneva la famiglia.

Fondamentale per la maturazione della nuova sensibilità artistica, di cui in seguito si fece portavoce, fu l'amicizia con la famiglia von Breuning, che frequentò in qualità di insegnante di pianoforte. Qui iniziò a leggere scrittori e poeti del passato e contemporanei, avvicinandosi alla cultura del tempo in cui erano già presenti alcuni aspetti tipici del Romanticismo. Ancor più decisivo si rivelò l'incontro nel 1792 con Franz Joseph Haydn, che gli aprì le porte dell'alta società viennese.

Nella capitale dell'impero austriaco, tempio della lirica mondiale, entrò in contatto con le principali correnti culturali e ascoltò le lezioni di maestri dell'epoca mozartiana quali Johann Schenk, Johann Georg Albrechtsberger e Antonio Salieri. In questo periodo pubblicò le sue prime opere: tre Triiper piano, violino e violoncello e alcune Sonate per pianoforte

Fino a questo momento le sue esibizioni erano avvenute in forma privata a corte e presso residenze nobiliari, tuttavia i tempi erano maturi per esibirsi finalmente in pubblico. Il grande giorno arrivò il 29 marzo del 1795 e in un palcoscenico d'eccezione, il massimo che si potesse chiedere a quel tempo: l'Hoftheater, teatro di corte voluto dall'imperatrice Maria Teresa d'Austria d'Asburgo e dove erano state rappresentate per la prima volta tre delle più celebri opere di Mozart (Il ratto dal serraglioLe nozze di Figaro e Così fan tutte). 

L'evento venne organizzato da Haydn in favore delle vedove dei caduti nel conflitto con la Francia. Per l'occasione Beethoven, diretto dal celebre Antonio Salieri (passato alla storia per la presunta rivalità con Mozart), eseguì al piano il Concerto in si bemolle, scritto tra il 1787 e il 1789, in cui erano evidenti i richiami mozartiani e lo stile classico.

Sebbene quel concerto non riflettesse le peculiarità tipiche della sua produzione divenuta più nota, gli procurò il consenso della raffinata aristocrazia viennese che cominciò a contenderselo nelle occasioni ufficiali. Al contempo, Beethoven fece valere presto la sua autonomia compositiva, rompendo con la tradizione del compositore stipendiato da un padrone, che ne condizionava l'ispirazione per soddisfare le esigenze della sua corte. In sostanza nasceva con lui il musicista moderno.

Tutto ciò, unito alla sua capacità di innovare senza rinnegare la tradizione classica e all'apertura agli ideali romantici ripresi dalle letture di Goethe e Schiller, gli valse l'ostilità dei critici più conservatori che lo ponevano in antitesi negativa rispetto a Mozart. Quest'isolamento, accentuato dal suo carattere difficile e dalla cattiva sorte (scoprì di essere sordo a soli 30 anni), lo condannò a una vita di sofferenza interiore. 

La sordità non gli impedì di dare alla luce capolavori immortali della musica classica come la Nona Sinfonia in Re minore Op. 125, che comprende tra gli altri l'Inno alla gioia (adottato come inno ufficiale dell'Unione Europea), e di diventare un modello per generazioni di compositori.

Santa Maria Capua Vetere, lì 29 Marzo 2019

Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco


sabato 23 marzo 2019


DEGRADO AL QUARTIERE "CAMPO SORBO"

La realtà dei residenti del  "Campo Sorbo" è diventata insostenibile. Lamentano uno stato di degrado generale per i dissesti stradali,la mancata condotta idrica comunale, la carente illuminazione della zona, quindi uno stato di abbandono generale, sia sotto il profilo igienico-sanitario che di sicurezza.
Domani in Piazza Mazzini sarà presente tutta la comunità della zona "Campo Sorbo" per rappresentare alla Città del Foro le loro ragioni del degrado in cui versano e far sentire la loro voce per affrontare l'annosa problematica ancora non risolta.
Nell'anno 2015 (Amministrazione Di Muro-Stellato-Mattucci) veniva dato un forte segnale alla comunità del "Campo Sorbo", infatti,  il Consiglio Comunale con la Delibera n° 41 dell' 8 Ottobre 2015 approvata, all'unanimità, esprimeva il proprio indirizzo favorevole all'acquisizione gratuita da parte del Comune di particelle private ricomprese nel Compendio Campo Sorbo destinate ininterrottamente all'uso pubblico da oltre vent'anni, per le quali la legge n°448/98, consente l'accorpamento al demanio stradale comunale previo consenso dei legittimi proprietari,acquisito in forma espressa.
Con la citata Deliberazione di Consiglio Comunale n° 41/2015 si dava mandato al Dirigente del Settore Tecnico Territorio per gli adempimenti di competenza ai fini della definizione e completamento della procedura. Tutto ciò sembrava che la decisione partita dall'Organo Sovrano del Consiglio Comunale avrebbe definitivamente risolta la spinosa problematica una volta e per sempre. Sono trascorsi quasi 4 anni dal 2015 e nulla risulterebbe fatto.
La comunità  del "Campo Sorbo"  vuole una risposta concreta e rapida, manifestando domani la loro voce affinchè chi di competenza, dovrà attivarsi,con urgenza, proponendo subito una soluzione  che non tollera più rinvii.


Santa Maria Capua Vetere, lì 23 Marzo 2019

Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco

giovedì 21 marzo 2019

         Prima attrice italiana a ricevere l'Oscar


mercoledì 21 marzo 1956 (63 anni fa)

Prima attrice italiana a ricevere l'Oscar: Il dramma di una moglie devota che dopo la morte del suo amato scopre di essere stata a lungo tradita e schernita dalla gente. È la protagonista del film La rosa tatuata che proiettò Anna Magnani tra i grandi di Hollywood. 

Per il pubblico americano, nel primo decennio postbellico, il cinema italiano ebbe un volto e un nome precisi: Vittorio De Sica. L'attore e regista ciociaro aveva guadagnato la prestigiosa ribalta degli Academy Awards, primo italiano a farlo, con due insuperabili capolavori come "Sciuscià" (1946) e "Ladri di biciclette" (1948), che gli meritarono in seguito il riconoscimento di padre del neorealismo cinematografico.

In quegli stessi anni, sul palcoscenico italiano nasceva una nuova stella che per la sua verve tipicamente romanesca, era ormai nota più con il soprannome di Nannarella che con il suo vero nome. Dopo gli esordi a teatro e con ruoli secondari sullo schermo, nel 1941 la Magnani ottenne i primi consensi grazie allo stesso De Sica, che la scelse come coprotagonista in Teresa Venerdì

Il successo internazionale arrivò quattro anni dopo con la straordinaria interpretazione di Pina nel capolavoro neorealista di Roberto Rossellini (che le fu compagno di vita per un periodo), Roma città aperta, per il quale ottenne il Nastro d'argento come "miglior attrice non protagonista". Il ruolo principale in Bellissima (1951), del grande Luchino Visconti, le spalancò definitivamente le porte di Hollywood.

A pensare per primo a lei fu lo sceneggiatore Tennessee Williams, popolarissimo negli USA per il dramma teatrale Un tram chiamato desiderio, portato sullo schermo da Elia Kazan. Williams buttò giù la sceneggiatura di un film dal titolo "La rosa tatuata", pensando alla star romana nel ruolo della protagonista. D'accordo con il regista Daniel Mann le proposero la parte e quest'ultima accettò, pur tra mille tentennamenti legati agli affetti familiari e al suo attaccamento alla quotidianità di Roma. 

Iniziò le riprese nei panni di Serafina Delle Rose, giovane immigrata in America legata al marito Rosario, di professione camionista, da un rapporto di profonda devozione. La tragica morte dell'uomo segna il suo doloroso isolamento dal mondo esterno, in cui coinvolge anche la figlia e da cui si ridesta bruscamente quando viene a conoscenza della relazione extraconiugale del consorte. A quel punto decide di ritornare a vivere, aprendosi al corteggiamento di Alvaro (interpretato da Burt Lancaster), collega del marito.

Uscita nel 1955, la pellicola conquistò la platea statunitense e fece incetta di nomination (otto in tutto) all'edizione degli Oscar dell'anno seguente, portando a casa tre statuette: "miglior fotografia", "miglior sceneggiatura" e "miglior attrice protagonista". Un riconoscimento quest'ultimo che consacrò la Magnani tra i grandi del cinema di allora, vincendo la concorrenza di vere e proprie eroine nazionali, del calibro di Susan Hayward e Katharine Hepburn. 

Avvertita al telefono della sua nomination, Nannarella, anti-diva per eccellenza, pensò subito a uno scherzo e non vi diede alcun peso, rinunciando a partecipare alla grande "notte di Los Angeles". Quando un giornalista americano, alle cinque di mattina, le annunciò al telefono di essere entrata nella storia come prima attrice italiana a ricevere l'Oscar, non credette alle sue orecchie. Prese coscienza che era tutto vero solo quando Marisa Pavan, coprotagonista nel film, le portò la statuetta che aveva ritirato al posto suo.

Premiata per lo stesso ruolo con un Bafta, come attrice internazionale dell'anno, e con un Golden Globe, come migliore attrice in un film drammatico, la Magnani sfiorò la seconda statuetta quando fu scelta da De Sica come protagonista della Ciociara, parte che rifiutò e che venne poi affidata a Sofia Loren. Fu quest'ultima a vincere l'Oscar nel 1962 e ancora oggi lei e la Magnani sono le uniche attrici italiane insignite del prestigioso premio.



Santa Maria Capua Vetere, lì 21 Marzo 2019


Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco 

mercoledì 20 marzo 2019

                Alessandro Volta presenta la pila


giovedì 20 marzo 1800 (219 anni fa)

Alessandro Volta presenta la pila: Una scintilla scoccata quasi per caso spalancò alla fisica e alla tecnica orizzonti impensabili nell'epoca dell'illuminazione a gas. La scoperta di Volta mostrò una nuova fonte d'energia che di lì a poco avrebbe avuto innumerevoli applicazioni.

Il primo a studiare seriamente l'elettricità era stato il fisico britannico William Gilbert, cui si deve la paternità del nome stesso "elettricità", coniato dal greco antico elektron, che vuol dire "ambra"; è strofinando quest'ultima con un panno che i Greci si erano accorti delle sue proprietà magnetiche. Verso la fine del XVIII secolo, il giovane Alessandro Volta, docente di fisica sperimentale all'Università di Pavia, era già noto per i suoi esperimenti sull'elettricità che lo avevano condotto all'invenzione dell'elettroforo, strumento in grado di rilasciare elettricità per strofinio e induzione.

Negli stessi anni era salito agli onori delle cronache scientifiche il medico bolognese Luigi Galvani, con le sue teorie sulla presenza di elettricità nei corpi organici. Nel corso di un esperimento su una rana si era accorto che le zampe dell'anfibio si contraevano anche dopo la morte, dopo averle toccate con la punta di uno scalpello; di qui era arrivato a teorizzare l'esistenza di un'elettricità animale, tesi accolta con entusiasmo da tutto il mondo accademico. Eccetto uno. 

Volta non era affatto convinto che le cose stessero così e per lui quel fenomeno si spiegava con il contatto di metalli diversi. Ne nacque un'aspra diatriba che spaccò il mondo accademico in due fazioni, Galvaniani e Voltiani. Prevalsero le ragioni di questi ultimi, anche se il tempo restituì dignità scientifica alle tesi di Galvani, oggi riconosciuto come lo scopritore dell'elettricità biologica. Volta, dal canto suo, trasse dalla polemica maggior impulso a proseguire le sue ricerche.

Un articolo letto sul Journal of Natural Philosophy lo mise, involontariamente, sulla buona strada. L'autore, e suo collega, William Nicholson lo invitava apertamente a perfezionare l'elettroforo, partendo dai risultati di recenti test effettuati sulle torpedini, pesci cosiddetti elettrofori (ovvero in grado di produrre campi elettrici). Il suggerimento erroneo era di utilizzare un disco di resina e uno di metallo, da strofinare con pelle di gatto.

Accortosi dell'errore, Volta trasse lo spunto giusto da quella lettura, provando a moltiplicare i contatti tra metalli diversi. Nel 1799 realizzò due colonnine di legno, impilando all'interno di ognuna coppie di metalli conduttori diversi, nella fattispecie dischetti di zinco e rame separati da strati di feltro imbevuto di una soluzione salina, così da produrre un fluido elettrico continuo. Completava l'opera un filo di rame che metteva in contatto le due estremità, facendo circolare e rilasciando corrente.

Era di fatto un primo prototipo di generatore statico di elettricità, una sorta di progenitore di quelle che oggi chiameremmo batterie. Il nuovo dispositivo, inizialmente indicato come apparato elettromotore, venne esposto da Volta in una lettera inviata al presidente della Royal Society, Joseph Banks, il 20 marzo del 1800. Quel documento rappresentò la prima dimostrazione ufficiale del funzionamento della "pila di Volta" o pila voltaica, come venne identificata successivamente. 

Il mondo scientifico comprese di trovarsi davanti a una svolta epocale: per la prima volta aveva a disposizione uno strumento in grado di produrre corrente in modo ininterrotto, aprendo di fatto all'era dell'elettricità e a ricadute tecniche formidabili. Nel corso del secolo questo fu il punto di partenza per numerose scoperte, tra cui il telegrafo elettrico, la lampadina, la radio. 

La fama di Volta varcò in poco tempo i confini nazionali ed europei e tra i riconoscimenti ottenuti entrò nella storia la dimostrazione della pila al cospetto di Napoleone Bonaparte, che ne rimase affascinato a tal punto da offrirgli la Legion d'Onore e un cospicuo premio in denaro.



Santa Maria Capua Vetere, li 20 Marzo 2019


Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco

martedì 19 marzo 2019

Inaugurato il traforo del Gran San Bernardo


giovedì 19 marzo 1964 (55 anni fa)

Inaugurato il traforo del Gran San Bernardo: Una delle prime grandi opere del miracolo italiano fu la galleria di quasi 6 km che metteva in collegamento la Valle d'Aosta con il cantone svizzero del Vallese. Il primo traforo autostradale attraverso la barriera alpina aprì un fondamentale varco verso l'Europa.

In pieno boom economico, l'Italia aveva iniziato dalla fine degli anni Cinquanta un'ampia serie di interventi infrastrutturali, atti a potenziare la rete di collegamenti tra Nord e Sud e con il centro Europa. In particolare, si puntò a migliorare le vie di comunicazione con la Svizzera, fino a quel momento concentrate per lo più sulle gallerie ferroviarie del San Gottardo e del Sempione, inaugurate rispettivamente nel 1882 e nel 1906.

I governi delle due nazioni confinanti raggiunsero un accordo per aprire un passaggio nel versante valdostano delle Alpi, nello specifico attraverso il valico del Gran San Bernardo. Il progetto prevedeva la realizzazione di un tunnel autostradale lungo 5.798 metri, che metteva in collegamento i comuni di Saint-Rhémy-en-Bosses (distante 20 chilometri da Aosta) e di Bourg-Saint-Pierre, nella Svizzera vallese.

I lavori, affidati all'ingegnere piemontese Giorgio Dardanelli (figura storica dell'urbanistica di quegli anni), partirono nel 1958 e furono portati a termine sei anni dopo. Nel corso degli stessi rimase impresso nella memoria l'incontro tra le due squadre di minatori impegnate nell'opera: il 5 aprile del 1963, caduta l'ultima parete di roccia, italiani e svizzeri s'incontrarono a metà strada, nel cuore della montagna.

Esattamente un anno dopo, la mattina di giovedì 19 marzo, il tunnel del Gran San Bernardo fu inaugurato alla presenza delle massime autorità italiane ed elvetiche. Si trattava del primo traforo stradale alpino (il secondo fu il Traforo del Monte Bianco, completato nel 1965), rivestito da uno spesso strato di cemento armato e strutturato in un'unica carreggiata, con due corsie di marcia a doppio senso. I veicoli che vi transitavano erano tenuti al pagamento di un pedaggio, calcolato in base alle diverse tipologie.

Nei decenni successivi emersero diverse criticità in merito all'affidabilità dei trafori alpini, in generale e solo dopo la tragedia dell'incendio scoppiato nel 1999 all'interno della galleria del Monte Bianco (che causò la morte di 39 persone), si adottarono misure di sicurezza più stringenti, avviando la realizzazione di una "galleria di servizio e sicurezza" e garantendo un migliore addestramento del personale di soccorso.

Rimasta negli anni una cruciale via di comunicazione con l'Europa, il traforo del Gran San Bernardo festeggiò, il 25 giugno del 2010, uno storico traguardo: il transito del 25.000.000° utente, premiato con il pedaggio gratuito e un cesto di prodotti tipici delle due sponde alpine, insieme con il 24.999.999° e il 25.000.001°. In quell'occasione si fece un bilancio complessivo di 46 anni di attività, evidenziando che in quest'arco di tempo avevano imboccato il tunnel oltre 22 milioni di auto e più di 2 milioni di camion.



Santa Maria Capua Vetere, lì 19 Marzo 2019


Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco

Don Giuseppe Diana ucciso dalla camorra


sabato 19 marzo 1994 (25 anni fa)

Don Giuseppe Diana ucciso dalla camorra«Per amore del mio popolo non tacerò» s'intitolava l'ultimo appello di un prete coraggioso, divenuto un simbolo della lotta anticamorra.

Dopo la laurea in Teologia biblica e in Filosofia (presso l'Università Federico II di Napoli), nel 1989 Don Giuseppe Diana divenne parroco della chiesa di San Nicola di Bari, nella sua natia Casal di Principe. In quegli anni il clan dei Casalesi era in piena ascesa, destinato, sotto il controllo del boss Francesco Schiavone, detto Sandokan, a diventare uno dei più sanguinari della storia d'Italia.

Don Diana divenne per i suoi fedeli un punto di riferimento contro le violenze e i soprusi del potere criminale, denunciando più volte dall'altare e nei vari incontri l'assenza delle istituzioni di fronte a quello scenario. Il culmine di questo impegno fu il celebre manifesto distribuito a Natale del 1991, a tutte le parrocchie della città. In esso richiamò la Chiesa a non rinunciare «al suo ruolo "profetico" affinché gli strumenti della denuncia e dell'annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili».

Entrato nel mirino dei clan, la mattina del 19 marzo 1994 venne ucciso nella sua sagrestia, con cinque colpi di pistola sparati da un solo killer. Ricordato da associazioni e iniziative intitolate a suo nome, Don Diana è diventato un simbolo del movimento antimafia. In particolare, la cooperativa "Le Terre di Don Diana" gestisce la produzione agricola nelle terre sottratte ai clan, dando lavoro a diverse persone.



Santa Maria Capua Vetere, lì 19 Marzo 2019


Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco

                      La Festa del Papà


19 marzo

La Festa del Papà: Il 19 marzo è la festa del papà! È una tradizione che in Italia è arrivata dall'America dove nei primi anni del 1900 una ragazza, come regalo per il compleanno di suo padre, gli dedicò un’intera giornata! In America la festa del papà veniva festeggiata a giugno, mentre in Italia si ritenne opportuno farla coincidere con il giorno di San Giuseppe. Due tradizioni sono legate a questa festa: le buonissime zeppole ed i falò! Le prime, gustosissime, sono i dolci tipici della festa, mentre la tradizione dei falò si lega all’arrivo imminente della primavera e quindi si rifà all’antica usanza di bruciare i residui dei campi.
Oggi la festa è soprattutto dei bambini che realizzano lavoretti per i loro papà. Ma perché non approfittarne anche noi adulti per ricordare al nostro papà che gli vogliamo bene?


Santa Maria Capua Vetere, lì 19 Marzo 2019

Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco

                Come si è evoluto il ruolo del padre

Se fino ad alcuni anni fa i padri si limitavano a dare ordini e punizioni, ora accompagnano i figli nella crescita



Il ruolo paterno è cambiato nel tempo: non più autoritario, oggi il modello vincente è quello del padre evolutivo, che si confronta con la madre, accompagna il figlio nella crescita, ma è capace di dire “no”.
Viviamo un momento storico e sociale del tutto nuovo e ricco di potenzialità interessanti per la figura del padre. Fino al secolo scorso il padre era una figura fondamentalmente assente dal percorso di crescita dei figli e il cui ruolo educativo si giocava sostanzialmente attraverso i comandi e le punizioni (chi non ricorda la tipica frase materna che calmava istantaneamente gli animi: «Se non la smettete, stasera lo dico a papà!»). I bambini avevano paura del padre che, con le sue sgridate e i suoi castighi, suscitava sensi di colpa e, spesso, lontananza affettiva.
Ma il tempo del padre-padrone è finito, l’autoritarismo ha perso legittimità e interesse: ci siamo interrogati su come recuperare relazioni sincere, intime con i nostri figli, nell’intento di crescere bambini più sereni. Oggi i padri ci sono, sono presenti nella vita dei figli e sono alla ricerca di un modo propriamente “paterno” per aiutarli a crescere.

Santa Maria Capua Vetere, lì 19 Marzo 2019

Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco




domenica 17 marzo 2019

Vittorio Emanuele II proclamato Re d'Italia


domenica 17 marzo 1861 (158 anni fa)

Vittorio Emanuele II proclamato Re d'Italia«Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli Atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge dello Stato». Recita così l'articolo unico della Legge 17 marzo 1861, atto di nascita del Regno d'Italia.

L'idea romantica del "Bel Paese" unito in una sola nazione, vagheggiata da Dante sei secoli prima, era ormai una realtà. Due Guerre d'indipendenza (1848-49 e aprile-luglio 1859) e la mitica spedizione dei Mille (maggio-ottobre 1860) condotta da Giuseppe Garibaldi avevano portato all'unificazione di gran parte della penisola; restavano fuori i territori delle odierne regioni Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Trentino-Alto Adige e Lazio insieme alla provincia di Mantova, quest'ultima ancora sotto il controllo degli Austriaci.

L'ultimo atto dell'impresa, guidata dalla dinastia Sabauda e dal genio politico di Camillo Benso Conte di Cavour, era stata l'annessione del Regno delle Due Sicilie, completata ad ottobre del 1860 al caro prezzo di numerose perdite umane tra i due eserciti e tra la popolazione civile. Nello scenario di entusiasmo e speranza contrapposti al conflitto sociale e alle condizioni di estrema povertà che dividevano il Paese, si arrivò alle elezioni del 27 gennaio e del 3 febbraio 1861, il cui risultato disegnò il primo parlamento dell'Italia unita.

I deputati, che per via del "suffragio a base censitaria" erano rappresentativi di una parte limitata della società (per lo più nobili, esponenti della borghesia delle professioni e appartenenti agli ordini cavallereschi), ebbero come primo e fondamentale incarico l'approvazione della legge istitutiva del nuovo Stato. Il testo definitivo (presentato come disegno di legge ministeriale n. 4671 del Regno di Sardegna) venne approvato al Senato il 26 febbraio, con due soli voti contrari, e all'unanimità alla Camera il 14 marzo.

L'iter legislativo era stato interessato da un acceso dibattito in particolare tra i sostenitori di un ruolo più centrale del Parlamento e quelli più fedeli alla monarchia sabauda. I primi, rispetto alla versione definitiva della legge, proponevano un testo diverso d'ispirazione parlamentare, in cui tra i tanti aspetti si ometteva il numero ordinale nella dicitura del nuovo Re, per dare un messaggio di discontinuità ed evitare che l'Unità fosse avvertita come l'ennesima conquista della dinastia sabauda. L'intervento di Cavour sanò le divisioni, facendo passare la linea "governativa".

Il 17 marzo la legge venne promulgata con la firma di Vittorio Emanuele II e pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Fu salutato come l'atto di nascita del Regno d'Italia, che aveva come capitale Torino e sotto la cui giurisdizione erano compresi Piemonte, Lombardia, Granducato di Toscana, ducati di Parma e Modena, Regno delle Due Sicilie, Sardegna e parte dei possedimenti pontifici

La notizia portò in strada migliaia di cittadini, anche a Trieste e a Roma dove i manifestanti sfidarono rispettivamente la repressione austriaca e papale. In quei giorni le strade erano tappezzate di tricolori con al centro lo stemma di casa Savoia bordato d'azzurro, versione adottata nella bandiera ufficiale del Regno dal 14 marzo di quell'anno. La scelta della moneta nazionale venne rimandata all'estate del 1862, quando fu adottata ufficialmente la Lira.

Con 22 milioni di abitanti e una superficie di 259.320 km², il nuovo Stato entrava di fatto nella schiera della maggiori nazioni d'Europa. Tuttavia l'instabilità politica e sociale e le gravi carenze economiche non permettevano di annoverarla tra le grandi potenze. Gestire questo clima e realizzare nel contempo l'unificazione amministrativa, sociale ed economica non era impresa facile. 

Certo è che la strategia adottata dai primi governi della cosiddetta destra storica (erede del pensiero di Cavour) si dimostrò infelice. In pratica si avviò un processo di "piemontesizzazione", estendendo il sistema legislativo sabaudo agli altri territori, senza tenere conto delle enormi differenze che esistevano tra l'uno e l'altro. Una rigida politica fiscale e di accentramento decisionale finì per scavare un solco ancora più profondo fra le aree cittadine più industrializzate e le zone rurali più arcaiche.

In politica estera, tenne sempre banco il completamento dell'impresa unitaria, portata a termine con la Terza guerra d'indipendenza (1866), che consentì al Regno d'Italia di annettersi il Veneto, il Friuli e la provincia di Mantova, e con la Breccia di Porta Pia (20 settembre 1870) che sottrasse Roma al Papa. Cinque mesi dopo quest'ultimo episodio, la capitale (che dal '64 era stata spostata da Torino a Firenze) venne istituita in via definitiva a Roma.


Santa Maria Capua Vetere, lì 17 Marzo 2019

Portavoce la Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco


domenica 10 marzo 2019

           Dante condannato all'esilio da Firenze


                      (sabato 10 marzo 1302 (717 anni fa)


Dante condannato all'esilio da Firenze: «Alighieri Dante è condannato per baratteria, frode, falsità, dolo, malizia, inique pratiche estortive, proventi illeciti, pederastia, e lo si condanna a 5000 fiorini di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici, esilio perpetuo (in contumacia), e se lo si prende, al rogo, così che muoia». Recita così il testo della sentenza emessa dal tribunale cittadino che segnò per sempre la vita del Sommo Poeta e insieme la storia della letteratura italiana.

Verso la fine del XIII secolo, dopo un breve periodo di pace, Firenze era ripiombata nel clima di feroce contrapposizione tra Guelfi, che sostenevano la supremazia del Papa, e Ghibellini, fautori del primato politico dell'imperatore. Questo scenario aveva favorito l'ascesa del ceto mercantile a discapito dell'aristocrazia, attraverso la creazione nel 1282 di un consiglio di rappresentanti delle Arti (corporazioni che facevano gli interessi di una specifica categoria professionale) che affiancava il Podestà nel governo del Comune, in sostituzione del Capitano del Popolo.

Guelfo convinto e iscritto all'Arte dei Medici e Speziali, Dante aveva già al suo attivo diversi incarichi politici ed era uno dei protagonisti della scena istituzionale della sua città. L'autonomia della stessa per lui era un valore sacro da difendere contro qualsiasi ingerenza, sia da parte di sovrani stranieri, sia da parte del Papa. Per tali ragioni accolse come un evento infausto l'ascesa al "soglio di Pietro", nel 1294, del cardinale Benedetto Caetani, favorita dalla rinuncia di papa Celestino V (più che plausibile il riferimento a lui nel verso «colui che fece per viltade il gran rifiuto» del III canto dell'Inferno).

Il nuovo pontefice, che aveva preso il nome di Bonifacio VIII, trovò nel letterato fiorentino un fiero oppositore alla sua politica espansionistica, che a Firenze finì per dividere il partito guelfo in due fazioni: i Bianchi, capeggiati dalla famiglia dei Cerchi ed espressione dell'aristocrazia più aperta alle forze popolari, erano contrari a qualsiasi ingerenza da Roma; i Neri, guidati dai Donateschi e rappresentati dalle famiglie locali più ricche, erano per interessi economici strettamente legati al Papa. 

Schierato con i Bianchi, Dante si venne a trovare sempre più isolato dai suoi, oltre che odiato a morte dai suoi avversari, per via della sua partecipazione al Consiglio dei Cento che aveva deciso la messa al bando dalla città degli esponenti più violenti delle due fazioni. A questo punto la strategia di Bonifacio VIII lo attirò in una trappola "letale". Dopo aver mandato Carlo di Valois, fratello di Filippo IV re di Francia, a prendere il controllo del Comune, fece in modo che il Poeta fosse inviato come ambasciatore a Roma per discutere la pace e qui trattenuto oltre il dovuto con l'inganno. 

In questo frattempo, Carlo di Valois approfittò dei disordini cittadini per rovesciare il governo "bianco" di Firenze, nominando Podestà il fedele condottiero Cante Gabrielli. Il nuovo Podestà, alleato con i Neri, iniziò un'azione persecutoria nei confronti dello scrittore che, oltre a vedersi saccheggiata la casa, finì sul banco degli imputati con accuse infamanti, tra cui l'estorsione e la baratteria. Quest'ultimo reato (affrontato nei canti XXI e XXII dell'Inferno), assimilabile al moderno peculato, era utilizzato spesso come pretesto per far fuori i propri avversari. 

Fu organizzato un processo farsa al quale Dante preferì sottrarsi, presagendo il destino cui sarebbe andato incontro. Si arrivò così alla sentenza del 10 marzo 1302 che condannava in contumacia l'imputato a due anni di confino, all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, alla confisca dei beni e al pagamento dell’ammenda di 5000 fiorini piccoli. Al suo reiterato rifiuto di presentarsi davanti al giudice, la pena, estesa nel 1315 ai figli Jacopo e Pietro, fu commutata nella confisca dei beni e nell'esilio perpetuo, con l'alternativa della condanna al rogo se fosse stato catturato. 

Ciò per Dante significò dire addio per sempre alla sua amata terra e l'inizio di una lunga fase di sofferenza interiore e di ripensamento della sua poetica, che costituì l'humus ideologico e stilistico del suo capolavoro immortale: la Divina Commedia. La storica sentenza della condanna all'esilio è raccolta nel Libro del Chiodo, attualmente conservato presso l'Archivio di Stato di Firenze.



Santa Maria Capua Vetere, lì 10 Marzo 2019


Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco



sabato 9 marzo 2019

Umberto Saba



data di nascita: venerdì 9 marzo 1883 (136 anni fa)
data morte: domenica 25 agosto 1957 (61 anni fa)


Umberto Saba: Poeta di straordinaria introspezione psicologica, trovò nella psicoanalisi un nuovo linguaggio per esprimere il suo profondo malessere esistenziale.

Nato a Trieste e morto a Gorizia nell'agosto del 1957, Umberto Poli (il vero nome) ebbe una vita tormentata, segnata da un lato dall'assenza di una figura paterna, dall'altro dalla persecuzione nazista in quanto ebreo. Molto legato alla balia Peppa Sabaz, da cui fu allevato, in suo onore scelse lo pseudonimo "Saba" (un'altra versione lo fa risalire all'ebraico saba, ossia "nonno") per l'attività poetica.

Dopo aver tentato invano la strada della musica, nel 1911 diede alle stampe il primo libro, "Poesie", seguito dalla raccolta "Coi miei occhi". Passato attraverso vari impieghi (tra cui quelli di dattilografo e direttore di cinematografo), nel 1929 si rivolse allo psicoanalista Edoardo Weiss, allievo di Freud, che aveva già in cura lo scrittore Italo Svevo. 

L'esperienza segnò una definitiva maturazione della sua poesia, incentrata principalmente sul suo rapporto con Trieste, sul senso della quotidianità e sul rapporto con la natura. Le liriche, raccolte nel 1945 nell'edizione completa del Canzoniere, gli fecero conquistare diversi riconoscimenti, tra cui il "Premio Viareggio" e il "Premio Taormina".



Santa Maria Capua Vetere, lì 9 Marzo 2019


Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco

giovedì 7 marzo 2019

                    Anniversario Manzoni


7 marzo

Anniversario Manzoni: La lingua italiana, nella sua versione moderna, ebbe un'evoluzione fondamentale grazie all'opera filologica di Alessandro Manzoni e al suo romanzo I Promessi sposi, massimo esempio della letteratura romantica italiana. Nato a Milano da famiglia agiata, lo scrittore ebbe una rigida educazione cattolica, da cui prese le distanze sposando gli ideali giacobini della Rivoluzione, ripresi da Vincenzo Monti. Più tardi, tuttavia, fu proprio la fede nella provvidenza a fargli superare il pessimismo esistenziale, vissuto da Foscolo e Leopardi, e a individuare negli umili i veri protagonisti della storia e della sua opera più riuscita. Ad oltre 220 anni dalla sua nascita, Manzoni è stato celebrato da Google nel 2010 e 2012 con due doodle locali (visibili in Italia), che raffigurano i personaggi principali del romanzo, dai due innamorati alla Monaca di Monza, da Don Rodrigo a Fra Cristoforo.



Santa Maria Capua Vetere, li 7 Marzo 2019


Portavoce La Freccia nel Fianco
Ferdinando Fusco

Caino e Abele

Da Baudelaire "I fiori del male" la poesia "Caino e Abele"

Dioscuro...

Abbiamo parlato più volte dei "Fiori del Male" di Baudelaire, ma ci sono dei versi che hanno sempre attirato la mia attenzione, sono le razze di Caino e Abele.
Sono metafore delle tipologie di umanità che adottano rispettivamente modi di esistere opposti.
Chi vive nella religione e nella prosperità, appagato dall'appoggio della divinità e della sua coscienza, contro chi vive l'umanità nella sua essenza più carnale, asseconda i suoi istinti e ne è condannato. Contadini contro cacciatori, santità contro umanità, ricchezza contro povertà, beatitudine contro dannazione.
Si parla di razze, quindi non c'è scelta. Voi siete più Caino o Abele? :)

Caino e Abele

Razza d'Abele, dormi, bevi e mangia:
con che compiacimento ti sorride Dio!

Razza di Caino, striscia
nel fango e muori miserabile!

Razza d'Abele, il tuo sacrificio
accarezza il naso ai Serafini!

Razza di Caino, il tuo supplizio
potra mai avere fine?

Razza d'Abele, guarda prosperare
II tuo bestiame e le tue semine!

Razza di Caino, le tue viscere
urlano di fame come un vecchio cane!

Razza d'Abele, scaldati il ventre
al focolare patriarcale!

Razza di Caino, trema di freddo
nel tuo antro, povero sciacallo!

Razza d'Abele, ama e prolifica!
Anche il tuo oro si moltiplica!

Razza di Caino, guardati
dalle grandi brame, cuore ardito!

Razza d’Abele, tu cresci e ti pasci
come le cimici dei boschi!

Razza di Caino, trascina per le strade
la tua famiglia disperata!

Razza d'Abele, la tua carogna
ingrasserà la fumante terra!

Razza di Caino, il tuo compito
non è ancora finito!

Razza d'Abele, vergognati!
II ferro e vinto dallo spiedo!

Razza di Caino, sali al cielo
e scaraventa sulla terra Dio!

C. Baudelaire
Le Fleurs du Mal

Johnny:
Io sono molto più Abele, mi hanno già ucciso diverse volte....

Goethe:
Io sono Abele con Caino.
E sono Caino con Abele.

Intelligenti Pauca

CITAZIONE DI SAN FRANCESCO DI SALES

PAROLE DI SAN FRANCESCO DI SALES PER I FALSI FARISEI DI ALCUNE PARROCCHIE DELLA DIOCESI DI CAPUA

“NON ACCONTENTARTI DI ESSERE POVERO COME I POVERI, MA SII PIU’ POVERO DEI POVERI, VA A SERVIRLI QUANDO GIACCIONO A LETTO INFERMI E DEVI SERVIRLI CON LE TUE PROPRIE MANI.

QUESTA SERVITU’ E PIU’ GLORIOSA DI UN REGNO”.

CITAZIONE DEL GIORNO

MA COME CALZA BENE PER QUESTA CITTA'!
PROBABILMENTE AVEVA SOGGIORNATO PER UN PERIODO DI TEMPO A S MARIA…


cavalli

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BIAGIO MARIA DI MURO

RISPONDIAMO AL NUOVO CITTADINO C.DV.CHE DA QUALCHE MESE SI E’ TRASFERITO DAL LAZIO IN CAMPANIA E PRECISAMENTE A S.MARIA CAPUA VETERE IN VIA GALATINA CHE CI HA CHIESTO CHI ERA IL SINDACO DELLA CITTA’.

BIAGIO MARIA DI MURO

BIAGIO MARIA DI MURO

BIAGIO DI MURO

TI RIMETTO LA FOTO DI BIAGIO DI MURO E UNA PARTE DEL SUO CURRICULUM VITAE

BIAGIO DI MURO SI E’ LAUREATO, IL 30/10/1995, CON 110 E LODE IN ARCHITETTURA PRESSO L’UNIVERSITA’ DI NAPOLI, CON UNA TESI SPERIMENTALE IN SCIENZE DELLE COSTRUZIONI ED E’ ISCRITTO ALL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DELLA PROVINCIA DI CASERTA AL N. 872.

SVOLGE UNICAMENTE LA LIBERA PROFESSIONE ED HA LO STUDIO IN S.MARIA C.V., AL CORSO ALDO MORO N.73

E’ABILITATO AL COORDINAMENTO DI SICUREZZA – D.LGS.494/96 – CON ATTESTATO DI CORSO RILASCIATO DALL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II, A CURA DEL CENTRO INTERDIPARTIMENTALE DI RICERCHE L.U.P.T. DAL 24 NOVEMBRE 1997.

HA PARTECIPATO AL GRUPPO DI RICERCHE SUL TEMA “STABILITA’ DELLE TORRI IN MURATURA” ORGANIZZATO DALL’ISTITUTO DI “COSTRUZIONE DELLA FACOLTA’ DI ARCHITETTURA” – UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI, FEDERICO II.

E’ COLLABORATORE DELLA III AREA DI RICERCA “PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E SISTEMI INFORMATIVI TERRITORIALI” L.U.P.T. – LABORATORIO DI URBANISTICA E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE DELL’UNIVERSITA’ FEDERICO II DI NAPOLI, FACOLTA’ DI ARCHITETTURA.

E’ MEMBRO DELL’AREA DI RICERCA “PROGETTAZIONE URBANA, AMBIENTALE E DEL RECUPERO E VALORIZZAZIONE DEI BENI STORICI, ARCHITETTONICI, ARCHEOLOGICI E PAESAGGISTICI” DEL CENTRO DI RICERCA L.U.P.T. DELL’UNIVERSITA’ FEDERICO II DI NAPOLI FACOLTA’ DI ARCHITETTURA – DIRETTORE PROF. FRANCO MARINIELLO.

HA SEMPRE AVUTO UN FORTE LEGAME CON LA POLITICA ATTIVA, ESSENDO FIGLIO DI NICOLA DI MURO, IL QUALE FIN DAL 1956 E’ ESPRESSIONE DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA, PRIMA A LIVELLO COMUNALE I POI OLTRE AI CONFINI CITTADINI, FINO A DIVENTARE UOMO DI RIFERIMENTO DEL PARTITO AI PIU’ ALTI LIVELLI.

BIAGIO MARIA DI MURO FIN DALL’ADOLESCENZA HA POTUTO ASSORBIRE TUTTA L’ESPERIENZA POLITICA ED AMMINISTRATIVA, AVENDO AVUTO MODO DI FREQUENTARE ASSIDUAMENTE IL PARTITO.

PARTECIPA ALLA CONSULTAZIONE ELETTORALE AMMINISTRATIVA DEL 2002, CANDIDATO CON FORZA ITALIA, RIPORTANDO CIRCA 1000 VOTI DI PREFERENZE CONTRIBUENDO IN MODO DETERMINANTE DA FAR DIVENTARE FORZA ITALIA IL PRIMO PARTITO IN CITTA’.

DOPO NEL 2007 ASSUME LA CARICA DI VICE SINDACO, MA DOPO QUALCHE MESE NON ESITA A LASCIARE IL PRESTIGIOSO INCARICO QUANDO SI ACCORGE CHE CON LA DEFENESTRAZIONE DELL’ASSESSORE MARCIANO SCHETTINO VENIVANO TRADITI GLI IMPEGNI E LE PROMESSE SOTTOSCRITTE NEL PROGRAMMA ELETTORALE PRESENTATO AGLI ELETTORI.

DAL 2011 AL 2015 E’ STATO SINDACO DELLA CITTA’ DI S.MARIA CAPUA VETERE.

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RECUPERO STRUTTURALE E FUNZIONALE DELL' EDIFICIO DELLE SCUOLE ELEMENTARI "PRINCIPE DI PIEMONTE"

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SCUOLA PRINCIPE DI PIEMONTE

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RISTRUTTURAZIONE E AMMODERNAMENTO DEL PLESSO SCOLASTICO RIONE IACP

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RIFACIMENTO PIAZZA SAN PIETRO

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PROGRAMMA DI RECUPERO URBANO COMPARTO C1 NORD OVEST – RIONE IACP

IMPORTO INTERVENTO:

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REALIZZAZIONE DI UN CAMPO SPORTIVO POLIVALENTE COPERTO IN VIA GIOTTO – RIONE IACP

IMPORTO DEL FINANZIAMENTO :

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RESTAURO CONSERVATIVO DELL’ARCO ADRIANO. SISTEMAZIONE DEL TRATTO DI VIA APPIA TRA ANFITEATRO ED ARCO ADRIANO

RICHIESTA FINANZIAMENTO

Euro 2.470.698,58

arco adriano

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RICHIESTA DI FINANZIAMENTO:

euro 127.000,00

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PROGETTO DI ASILI NIDO PER BAMBINI DA 0 A 36 MESI IN VIA ALBANA 107

TOTALE DEL FINANZIAMENTO:

euro 699.438,18

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PERDONA LORO......

Padre perdona loro! Perché li hai accecati? Perché hai tolto loro la memoria? Forse perché non credono più in Te? Padre perdonali! Tu sei un Dio buono: essi non sanno quello che fanno.... Non ricordano quando Tu mandasti loro la manna dal cielo e tutti sopravvissero e trovarono la terra promessa. Oggi li vuoi punire perché hanno troppo peccato? È per questo che la nuova manna tarda ad arrivare? Se sono ancora scettici e sono ancora cristiani se lo facessero spiegare dal loro parroco. Se poi sono degli assatanati, arrabbiati, solo perché credono di essere degli unti dal Signore, e solo perché sono stati abituati a credere di essere dei privilegiati, dimenticando i comandamenti che Dio diede a Mosè, allora fanno bene a pregare il vitello d'oro. E fanno bene a servire il vitello casalese sempre presente e che è stato causa del saccheggio sammaritamo e della chiusura delle industrie e la conseguente fine del lavoro, del commercio e delle possibilità di dare da bere agli assetati. Ma Tu Signore, nella Tua Infinita Bontà, Perdonali.....

NON CI SIAMO LIBERATI DI TUTTI MA RESTERANNO ALL'OPPOSIZIONE

NON CI SIAMO LIBERATI DI TUTTI MA RESTERANNO ALL'OPPOSIZIONE