La variante n.79/2001 è stata rilasciata senza tener conto delle Leggi e delle regole basilari dell’Urbanistica ed in un periodo in cui non vi era la Politica, per cui non si giustificava il rilascio di una concessione così importante che potrebbe portare a sviluppi importanti e gravi per l’assetto urbanistico ed il futuro economico e demografico della città che amministriamo.
Le ragioni che potrebbero impedire il rilascio del P.d.C. richiesto per la costruzione di 420 alloggi, credo di averle ben illustrate in questo lungo documento. Non essendo un urbanista ma solo una persona con un poco di esperienza amministrativa, mi sono avvalso dell’ausilio di persone che sono addentrate nei meandri di questa materia così eterogenea e complessa che è l’Urbanistica.
La tua volontà di impedire speculazioni e di non consentire ulteriori abusi ai danni della città è chiara per me e per tanti altri che ti hanno accompagnato nell’impossibile percorso che ti ha portato alla carica di Sindaco.
Lo dimostra il fatto che hai convocato un valente esperto di urbanistica che venerdì potrà chiarire a tutta la maggioranza se ricorrono le condizioni per impedire la cementificazione ulteriore del territorio cittadino e l’ufficializzazione di questo documento, data la mia assenza forzata, spero potrà aiutare a definire la questione.
Troppe spiacevoli voci si stanno diffondendo in città, alimentate dalla mancata attuazione del programma che, in larga parte, è stato condiviso da tutta la coalizione che ti appoggia in questa difficile impresa. Voci che sono alimentate, artatamente, da chi ha interesse a favorire loschi interessi.
Perciò è necessario che si dimostri l’ intenzione di ben governare. E’ vero ci sono tante, troppe, difficoltà, ma con l’aiuto di tutti noi potrai superarle.
E’ necessario sgombrare il campo da dubbi ed ombre che stanno minando fortemente la compattezza del nostro schieramento; Troppe cattiverie si dicono e troppi disonesti operano in questa nostra città. Ciò è inconcepibile per chi, come me, si è esposto in prima persona per affermare certi principi di buona amministrazione che devono essere alla base di questa consiliatura.
Perciò ti chiedo, a nome mio e del gruppo che ti ha sostenuto , di creare i presupposti di un cambiamento radicale, con l’adozione di atti incisivi ed inequivocabili delle intenzioni che muovono l’azione amministrativa di questa compagine, seppur eterogenea, tesa a creare i presupposti per la rinascita della città. Ti chiedo e ti chiediamo di allontanare dai posti di comando persone troppo discusse e complici di ciò che di male è stato fatto contro questa città.
Ciò che è stato promesso agli elettori va mantenuto!!!
Non è possibile che si creino dualismi o equivoci tra noi e le Associazione che rappresentiamo.
E’ doveroso marciare con pari passo verso gli obiettivi che ci siamo prefissi e dimostrare che Santa Maria potrà avere ancora una speranza di sviluppo e di un futuro per le giovani generazioni.
L’affermazione di fiducia che ho esternato nell’ultimo consiglio comunale nei tuoi confronti e di tutta la coalizione, è sintomatica delle intenzioni di continuare ad appoggiarti in questo percorso, ma urge una sterzata, un deciso segnale che espliciti l’intenzione di ben governare.
Ti saluto esternandoti la mia immutata fiducia, Gaetano Rauso
Ecco il documento allegato alla lettera del consigliere Rauso
- PEREMESSO DI COSTRUIRE N.79/2011 rilasciato in variante al P.d.C. n.55/2009 del dr. Ing. Francesco Biondi;
- Richiesta di P.d.C per la realizzazione di alloggi di edilizia privata nell’area dell’ex Tabacchifico.
Premessa
Il Permesso di Costruire n.55/2009 è stato rilasciato “ai sensi e nei limiti della LR 1/2000, visto il vigente PRG”, volendosi con ciò intendere che lo strumento urbanistico generale di riferimento è il piano regolatore dell’’83 così come “adeguato” dallo Strumento d’Intervento dell’Apparato Distributivo redatto ai sensi dell’art. 13 – comma 1 della LR 07/01/2000 n.1, approvato con Delib. GR Campania n. 349 del 19/03/2005. Volendo, così, far intendere che un Strumento di adeguamento delle rete distributiva le indicazioni del PRG vigente, starvolgendone i principi e gli equilibri, senza contare che il SIAD è uno strumento subordinato e conforme al PRG e che, quindi, il secondo deve essere, in ogni caso adeguato al primo.
Nel corso della complicata istruttoria per il rilascio del suddetto Permesso è stato anche richiesto dal Dirigente del Settore Tecnico Comunale, dott. ing. R. Di Tommaso, con nota prot. 40411 del 28/10/08, indirizzata al dirigente del settore Sviluppo Economico della Regione Campania, un parere in merito alla procedura corretta da adottare per l’insediamento di attività commerciali al dettaglio nelle zone D del PRG; il richiesto parere venne reso dal dott. Luciano Califano, dirigente del Settore, con nota prot. 45732 del 27/11/08, ed ebbe un peso decisivo non solo sull’esito dell’istruttoria bensì anche sugli orientamenti strategici della G.C. di Santa Maria C.V. in merito alle problematiche di urbanistica commerciale, arrivando a farle annullare una sua precedente delibera di indirizzo e di istruzioni alle quali si sarebbe dovuto frattanto uniformare l’UTC nel rilascio dei Permessi di Costruire riguardanti impianti commerciali.
Si richiama che il suddetto parere fu oggetto della interrogazione del consigliere regionale di Forza Italia, Paolo Romano, all’Assessore alle Attività Produttive, Andrea Cozzolino, nella quale si censurava nella forma e nella sostanza la nota del dott. Califano, definita indebita ed illegittima.
L’intervento di cui al Permesso di Costruire n.55/2009 ha suscitato forti contrarietà fin dall’inizio dell’istruttoria in ampi settori della politica e dell’economia cittadina.
Appena dopo il rilascio del P.d.C. 55/2009, con nota n. 17239 del 28.4.2009, a firma del consigliere Rauso Gaetano, inviata agli Organi Politici e tecnici dell’Amm.ne in carica ed anche all’A.G., si chiese l’annullamento di tale concessione edilizia. Successivamente, in data 12 Aprile 2011, è stata presentata al Commissario Straordinario del Comune di Santa Maria C.V., prefetto dott. Luigi Pizzi, al Dirigente (attuale) del Settore Tecnico del Comune di Santa Maria C.V. e p.c. all’Ecc.mo Prefetto di Caserta e al Procuratore Capo della Repubblica di Santa Maria C.V. una “istanza di Annullamento in Autotutela del Permesso di Costruire n.55 del 14/04/09 rilasciato alla Fin – Project srl”, a firma del sign. Luigi Alessandro Rinaldi in qualità di presidente della ass. Disoccupati Sammaritani, nella quale si denunciano:
a) Nullità dell’atto per incompetenza e violazione dell’art. 107 del D.Lgvo 18/08/00 n.267, in quanto il provvedimento è stato emanato da un funzionario anziché da un dirigente;
b) Violazione e falsa applicazione delle norme tecniche di attuazione del PRG vigente (artt. 24 e 28 NTA del PRG);
c) Violazione della L 380/2001, per rilascio della licenza commerciale separatamente dal rilascio del Permesso di Costruire.
Particolarmente rilevante è la contestazione sub lett. b) della citata istanza.
Nel seguito si analizza la fondatezza della denuncia.
Il D.Lgvo 114/98
Per avere il quadro completo nel quale va considerata la “vexata questio” è opportuno fare cenno ai presupposti, a partire dal D.Lgvo 114 del 31/03/98 recante “Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell’art.4, comma 4, della L 15/03/97 n. 59”.
All’epoca, già in tutto il Paese, ma soprattutto nell’Italia Meridionale, si registrava un complessivo e preoccupante ridimensionamento dell’apparato produttivo industriale/manifatturiero, una fortissima riduzione degli investimenti in questo settore e l’aumento della disoccupazione; i governanti ai vari livelli istituzionali, aderendo anche a forti pressioni provenienti dal mondo degli affari, individuarono allora nello sviluppo del settore commerciale uno strumento per scongiurare la crisi economica.
Deliberatamente e dichiaratamente quindi la Riforma relativa al settore del Commercio di cui alle citate disposizioni legislative del ’98 intende aprire spazi alle attività commerciali, e, in particolare all’apparato distributivo dei grandi centri commerciali.
Per far questo però deve “forzare” la normativa urbanistica oltre i limiti tradizionali ed introdurre forme di modificazioni degli strumenti urbanistici, e procedure accelerate di approvazione delle suddette modificazioni, che rendano possibili i suddetti insediamenti.
Pertanto con il comma 4 dell’art.6 viene affidato alle Regioni il compito di definire gli indirizzi generali per l’insediamento di attività commerciali perseguendo gli obbiettivi espressamente elencati nel decreto (art.6 comma1), nonché di fissare “criteri di programmazione urbanistica riferiti al settore commerciale”, per consentire la conseguente individuazione negli strumenti urbanistici comunali delle aree da destinare agli insediamenti commerciali, ed in particolare quelle nelle quali consentire l’insediamento delle medie e grandi strutture di vendita al dettaglio, i limiti ai quali saranno sottoposti gli insediamenti commerciali, in relazione alle tutele artistiche ed ambientali, i vincoli urbanistici con particolare riguardo alla disponibilità delle aree di sosta in relazione alle diverse strutture distributive, la correlazione dei provvedimenti di rilascio del titolo abilitativo edilizio e dell’autorizzazione commerciale per l’apertura di una media o di una grande struttura di vendita (art.6 comma2).
Ai sensi del comma 5 art.6 i Comuni sono tenuti ad adeguare gli strumenti urbanistici generali ed attuativi e i regolamenti di polizia locale alle disposizioni regionali entro 180 gg dalla emanazione di queste ultime.
Come si può facilmente constatare, il D.Lgvo 114/98 promuove l’”adeguamento” tout – cour degli strumenti urbanistici comunali, inteso di fatto come variante, sottovalutando la problematica urbanistica e procedurale connessa.
Questa emerge quasi subito sottoforma di perplessità, dubbi, richieste di chiarimenti da parte dell’ANCI, delle Regioni, degli ordini professionali.
Mediante la Conferenza Unificata, ai sensi dell’art. 9, comma 2 lett. c), D.Lgvo 281/97, tra Governo e rappresentanti delle autonomie regionali e locali, si perviene all’Accordo del 21/10/99 sull’”Adeguamento degli strumenti urbanistici di cui all’art.6, comma5, del D.Lgvo 114/98”.
Il testo dell’Accordo reca testualmente che <<…il fine primario della disposizione di cui all’art. 6 comma 5 è quello di rendere possibile il futuro sviluppo del settore con particolare riguardo, ovviamente, alla necessità di rendere localmente compatibile l’impatto territoriale e ambientale degli insediamenti commerciali con particolare riguardo a fattori quali l’accessibilità, la mobilità, il traffico, e l’inquinamento e alla valorizzazione della funzione commerciale al fine della riqualificazione del tessuto urbano, sia in relazione anche al centro storico da salvaguardare e rivitalizzare, sia in relazione ai quartieri degradati>>.
Il Dicastero ritiene però che ai fini dell’”adeguamento degli strumenti urbanistici” la procedura ordinaria di variazione urbanistica vada riconsiderata alla luce del presupposto dell’esistenza dei criteri emanati a livello regionale e pertanto fa cenno nel caso di specie a strumenti quali “semplici verifiche di coerenza delle scelte puntuali e di area (da parte comunale) con i criteri regionali e a verifiche di compatibilità” ( già previste dal D.Lgvo 114/98), sempre rispetto ai criteri definiti ex ante dalle Regioni, delle scelte di localizzazione.
Spetta ai Comuni quindi << l’individuazione delle zone ove sia ritenuta possibile, idonea ed opportuna la localizzazione delle strutture di vendita, tenendo conto delle caratteristiche socioeconomiche, ambientali, funzionali, strutturali delle singole zone d’insediamento>>
<<…. In relazione pertanto alle diverse tipologie distributive, nel caso in cui gli strumenti urbanistici attuali siano compatibili di già con lo sviluppo della funzione commerciale delineata ora dai Comuni, non si presenta la necessità di porre mano al mezzo della variante urbanistica; infatti la previsione dell’adeguamento dello strumento urbanistico è soddisfatta dal mero riallineamento (?) dello strumento stesso alla nuova situazione….>>….
<< Viceversa solo ove si valutino gli strumenti urbanistici esistenti non conformi per via della necessità di modifiche sostanziali ai fini della individuazione dei siti nei quali è considerata opportuna, possibile ed idonea la localizzazione delle strutture distributive, si pone la necessità del procedimento della Variante urbanistica>>…
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Cosa debba intendersi per variazione di destinazione d’uso viene successivamente così chiarito.
<< Tutto ciò premesso, ove le Regioni non abbiano diversamente disposto …va precisato che negli strumenti urbanistici vigenti, anche dove la funzione commerciale non sia codificata termino logicamente, essa va comunque presa in considerazione, laddove l’insediamento commerciale era possibile.
Del resto, anche ai sensi della previgente disciplina, l’avvio dell’esercizio dell’attività commerciale era subordinato al rispetto delle norme relative alla destinazione d’uso degli edifici nelle varie zone urbane e al riguardo era stata autorevolmente sostenuta la necessità che, qualora nelle norme e negli strumenti urbanistici vi fossero riferimenti ad insediamenti produttivi in senso generico, senza precisare di quale tipo si trattasse, si dovevano intendere per tali non solamente quelli industriali, ma anche quelli commerciali.
In altri termini ed ai fini che qui interessano si può stabilire una sostanziale uguaglianza tra la funzione produttiva e quella commerciale, in coerenza peraltro con la visione moderna delle attività economiche (creatrici di sviluppo economico, di reddito e di occupazione) che abbracciano le attività manifatturiere, quelle commerciali e quelle produttive di servizi in genere.>>
L’ultima asserzione è evidentemente incoerente con il contenuto del passo immediatamente precedente: infatti stabilisce in via del tutto generale una “sostanziale uguaglianza” tra attività che prima ha tenuto distinte se tale distinzione si desume da una precisazione dello strumento urbanistico.
La Legge Regionale 1/2000
Il comma 1 dell’art.13 LR 07/01/2000 n.1 dispone che i Comuni devono adeguare gli strumenti urbanistici generali ed attuativi e devono dotarsi di specifico “strumento di intervento per l’apparato distributivo”, che costituisce “strumento integrato del PRG” da sottoporre, dopo l’approvazione del CC, al visto di conformità regionale.
Il comma 6 dell’art.14 della LR citata successivamente stabilisce che << tutti gli insediamenti commerciali dovranno essere ubicati su aree aventi conforme destinazione urbanistica>> e che tale requisito, da accertare nell’istruttoria comunale, è condizione essenziale e preliminare, in caso di apertura o trasferimento di una grande struttura di vendita, alla convocazione della Conferenza dei Servizi disciplinata dall’art. 11 della LR 1/2000.
Questa ultima disposizione evidentemente dovrebbe essere tenuta in conto innanzitutto nella redazione dello strumento d’intervento per l’apparato distributivo, essendo questo lo strumento che, integrando il PRG, rende poi possibile le successive verifiche di compatibilità dei progetti.
Dovrebbe risultare ovvio infatti che un progetto conforme allo strumento d’intervento per l’apparato distributivo (SIAD) approvato e dotato del visto di conformità regionale, sia un progetto conforme al “PRG integrato”, e quindi assentibile senza ulteriore aggravio procedurale, altrimenti non si comprenderebbe qual è la funzione del SIAD.
Resta da vedere quando il SIAD costituisce “mero adeguamento” del PRG e quando invece configura Variante al PRG, per la cui approvazione peraltro è prevista la procedura accelerata della Conferenza dei Servizi.
Le direttive regionali per l’applicazione della LR 1/2000
Con nota 713/SP del 12/10/2000 l’Assessore alle Attività Produttive della Regione ha emanato le “Direttive afferenti problematiche di urbanistica commerciale ed adempimenti comunali per le grandi strutture di vendita”: nella stessa viene esplicitata la fondamentale distinzione tra “Variante” e “Adeguamento” degli strumenti urbanistici.
Successivamente l’Assessore alle Attività Produttive della G.R. Campania Alois, congiuntamente all’Assessore all’Urbanistica e Politica del Territorio, con Nota 1372/SP del 13/05/2002 hanno dettato “Ulteriori direttive regionali di urbanistica commerciale riguardanti l’applicazione degli Strumenti d’Intervento dell’Apparato Distributivo”, indirizzate a tutti i Comuni.
Dopo un richiamo alla citata nota 713/SP, con le suddette “ulteriori direttive” si stabilisce definitivamente che nel caso di Variante trova applicazione l’art.5 del “Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti per la realizzazione, l’ampliamento, la ristrutturazione, la riconversione di impianti produttivi etc…” di cui al DPR 07/12/2000 n.440, per il quale la variazione dello strumento urbanistico in tali casi può essere eseguita mediante Conferenza dei Servizi di cui alla L 241/90 art.14, convocata motivatamente dal responsabile del procedimento.
Si precisa allora che << il progetto d’insediamento commerciale comportante la variazione di strumenti urbanistici deve essere sottoposto alla Conferenza dei Servizi, alla quale devono partecipare anche i soggetti previsti dall’art.11 LR 1/2000, che dovranno esprimere il parere circa l’assentibilità della struttura commerciale ai sensi di quanto previsto dalla stessa Legge Regionale.
Il CC ratifica entro 60 gg la proposta di Variante, tenuto conto delle osservazioni, proposte, opposizioni degli aventi titolo ai sensi della L 1150/42>>.
Questi ulteriori indirizzi contengono ancora un elemento di perplessità.
Se la Conferenza dei Servizi è prescritta per il “progetto di insediamento commerciale”, quando comporta Variazione dello strumento urbanistico, con ciò deve intendersi che non riguarda l’approvazione del SIAD? In altri termini, è conferibile il visto di conformità ad un SIAD che, pur contenendo difformità dal PRG previgente, non ha percorso l’iter della Variante?
In effetti è accaduto che la Regione Campania, come richiamato dagli stessi estensori degli indirizzi di cui sopra, ha emanato il prescritto visto di conformità per un congruo numero di Strumenti
comunali di intervento per l’apparato distributivo, escludendo dallo stesso visto le parti del SIAD comportanti varianti urbanistiche.
È così avvenuto anche per il SIAD del Comune di Santa Maria C.V., nel quale le zone D esistenti (color senape in cartografia) sono state approvate dal visto regionale, mentre le zone D di nuova istituzione (color senape con tratteggio in nero) sono state stralciate e rinviate alla procedura di Variante urbanistica al PRG.
Ciò ha comportato un sostanziale depotenziamento della funzione e dell’efficacia del SIAD che viceversa, in via del tutto generale, dovrebbe essere lo strumento con il quale viene realizzato il definitivo adeguamento del PRG alle esigenze dello sviluppo commerciale dei Comuni per ogni tipologia di insediamento commerciale, come sembrava essere stato definitivamente stabilito dall’Accordo della Conferenza Unificata del 21/10/99.
Dalla Nota 1372/SP dl 13/05/02 degli Assessori Regionali Alois e Di Lello comunque si desumono quantomeno le seguenti conclusioni:
1) La Regione, mediante l’istruttoria preordinata al rilascio del “visto di conformità” relativo al SIAD, esercita un controllo non meramente formale dello strumento.
2) Il SIAD, nella versione emanata dagli stralci e dalle prescrizioni regionali, costituisce strumento integrato di “adeguamento del PRG” ai sensi art.13 LR 1/2000, e conseguentemente unico riferimento al quale devono riportarsi gli Uffici Tecnici Comunali per la verifica di conformità dei progetti che sono assentibili senza adire alla Conferenza dei Servizi necessaria alla approvazione di “varianti” al piano regolatore.
3) Le Varianti al PRG sono necessarie in caso di difformità essenziale del SIAD rispetto al PRG, nonché per tutte le Grandi Strutture di Vendita.
Con la Delib. GR 4474 dell’ 11/10/2002 vengono recepite le direttive 713/SP e 1372/SP e precisati i casi in cui, per l’insediamento di attività ed impianti commerciali, è sufficiente l’”adeguamento del PRG” e quelli nei quali viceversa è obbligatoria la “Variante al PRG”.
- Adeguamento - << E’ da considerarsi mero adeguamento l’individuazione da parte dei Comuni di zone ove sia possibile una localizzazione commerciale tenuto conto delle caratteristiche socioeconomiche, ambientali, funzionali e strutturali delle singole zone d’insediamento e quando ciò non comporti variazioni degli indici edificatori delle aree o l’aumento dei volumi esistenti.
Si è ancora in presenza di adeguamento nei casi in cui la funzione commerciale vada localizzata in aree o edifici già destinati ad attività produttive, stante una sostanziale eguaglianza ad assimilare tra funzione produttiva e commerciale, in coerenza peraltro con una moderna visione delle attività economiche.>>
- Variante - << deve attivarsi un procedimento ordinario di variante urbanistica quando l’applicazione dei criteri e degli indirizzi indicati nella legge regionale comportano la realizzazione di nuovi volumi e/o il cambio delle destinazioni d’uso delle aree e/o degli edifici interessati, laddove ciò non sia consentito dal vigente PRG.>>
Il SIAD del Comune di Santa Maria C.V.
Lo strumento in oggetto individua estese “zone di compatibilità”, cioè nelle quali, effettuate le verifiche urbanistiche, ambientali e d’impatto sulle infrastrutture urbane esistenti, è possibile insediare nuovi impianti commerciali.
In conformità del SIAD di Santa Maria C.V., comune di circa 33.000 ab, oltre alle Grandi Strutture di Vendita sarebbero insediabili ben 250 medie strutture articolate in n.60 M1 – alimentari e misti, n.80 M1 – non alimentari, n.50 M2/AM e n.60 M2/E. Cosa veramente assurda per le dimensioni della città e per il numero dei suoi abitanti.
Nel corso dell’istruttoria per l’approvazione del SIAD furono consultate le associazioni di categoria
che espressero parere fortemente critico e fecero le loro controproposte:
- L’ASCOM – ConfCommercio propose un limite max di n.16 Medie Strutture;
- La Confesercenti propose un limite max di n.12 Medie Strutture.
Di ciò non si trova traccia nella Delib. 51/04 con cui il CC approvò il SIAD.
Il SIAD in oggetto non ha fornito nessuna dimostrazione del suo dimensionamento con riferimento all’equilibrio tra offerta commerciale e capacità di spesa del bacino d’utenza afferente, Comunale ed Extracomunale, mentre sembra essersi limitato a definire l’ampiezza delle zone di compatibilità urbanistica offerte alle opportunità d’intervento degli operatori del settore commerciale; ciò che è stato deliberato è, evidentemente, contro lo spirito che ha ispirato la promulgazione della legislazione che ha richiesto l’adozione del piano di adeguamento delle rete distributiva..
Ma di fatto essa risulta totalmente carente anche nelle verifiche d’impatto ambientale e di valutazione della sostenibilità urbanistica degli ipotizzati interventi rispetto alle caratteristiche urbanistico edilizie delle varie zone della città e allo sviluppo e alle condizioni di funzionalità reale del sistema infrastrutturale, scaricando queste verifiche alla fase di rilascio dei PdC. Tutto questo è stato, come evidenziato in molti interventi politici prodotti in diversi Consigli Comunali e sulla stampa,fu dettato da esigenze clientelari. E per aderire a tali esigenze, la redazione del SIAD fu coordinata, politicamente dall’Assessore Ponsillo e tecnicamente dall’Ing. Mazzotti, incaricati dall’allora Sindaco Enzo Iodice, di dare corso ai “desiderata” di esponenti politici ed economici già ben individuati e che determinarono il ribaltone nell’amm.ne Giudicianni, quando si è cercare di evitare un ulteriore danno all’economia della città e di non favorire interessi privati e non conformi a quelli della collettività.
Proprio nel corso dell’istruttoria per il rilascio del Permesso di Costruire di cui trattasi, il dott. ing. C. De Rosa (per breve tempo Dirigente del Settore Urbanistico – Edilizia Privata del Comune di Santa Maria C. V.), in data 31/03/08, nel dare comunicazione dell’avvio del procedimento al dott. G. Malatesta, Amministratore dell’Ati srl, in origine richiedente il PdC, si vede costretto a richiedere la documentazione di cui alla lett. d) dell’all. B art.11 LR 1/2000, concernente lo “Studio dell’impatto della struttura sull’ambiente e sul territorio con particolare riferimento a fattori quali mobilità, traffico ed inquinamento”, tenuto conto << che l’intervento richiesto, per la imponenza e l’importanza degli organismi (previsti), costituisce un notevole impatto…>>.
Tra gli elaborati progettuali del progetto assentito con PdC 55/09 non sembra però esservi alcuna Valutazione d’Impatto Ambientale.
Nel prosieguo dell’istruttoria, non più coordinata dall’ing. C. De Rosa, perché non convinto della legittimità dell’intervento,il nuovo dirigente dell’Ufficio Tecnico ing. Di Tommaso, ha richiesto pareri di compatibilità, esclusivamente in relazione alle problematiche del traffico, al Comando Municipale dei Vigili Urbani.
I suddetti pareri sono risultati favorevoli, ma con prescrizioni di modifica agli accessi dell’area.
Ciò dimostra che né in sede di pianificazione (SIAD) né in sede di progettazione dell’intervento erano state valutate le suddette problematiche.
La Delib. GC 02/08
In data 07/01/2000 la GC di Santa Maria C.V. con Delib. n.02/08, considerato che dalle discussioni tenutesi in sede consiliari sono emerse problematiche relative al SIAD, richieste di provvedimenti di modifica dello stesso, e sollecitazioni ad evitare comunque una sua illegittima applicazione, nelle more di una revisione dello stesso, dispone che l’UTC d’ora in avanti si attenga alle norme del PRG ed in particolare alla lettera dell’art.28 NTA, espressamente ed esclusivamente indicate nel suddetto articolo come unica procedura utile al perfezionamento di concessione quello della variante urbanistica;
dispone inoltre che l’UTC proceda alla verifica di tutti i procedimenti in atto relativi alla richiesta ed al rilascio di autorizzazioni per la realizzazione di medie strutture di vendita e/o centri commerciali in zone non conformi al PRG (zone D) ed applichino per tali concessioni la procedura della variante urbanistica, come indicato nella delibera della G.R. Campania n.349/2005) .
Questa delibera fu oggetto di richiesta di annullamento da parte della Fjn Projet.,rigettata dal TAR Campania.
Il Parere del Settore Attività Produttive della Regione Campania
La suddetta Delibera d’indirizzo viene ad interferire con la procedura per il rilascio del Permesso di Costruire alla ditta ATI srl Amm. G. Malatesta per l’intervento di “costruzione, previa demolizione delle costruzioni esistenti, di negozi, locali commerciali ed uffici alla via Galatina”, che interessano l’area del dismesso tabacchificio (zona D – art.28 NTA del PRG).
Il dott. ing. R. Di Tommaso, subentrato come Dirigente dell’UTC al dott. ing. C. De Rosa, chiede allora il parere di cui si è detto in premessa al Dirigente del Settore Sviluppo Economico della Regione, in merito alla procedura da adottare per l’insediamento di attività commerciali al dettaglio nelle zone D.
È appena il caso di osservare che la richiesta di parere è correttamente indirizzata, in conformità delle competenze del Settore, che in effetti esegue l’istruttoria per il rilascio del visto di conformità del SIAD., ma è evidente che, avendo la Regione Campania un ufficio Legislativo, era opportuno e più legittimo che tale parere fodde stato richiesto a tale Settore.
Va anche detto però che la suddetta richiesta di parere è oggettivamente immotivata.
Ed infatti molto opportunamente il dott. Califano, in premessa alla sua risposta, rappresenta che <<… questo Settore, con l’emissione del visto di conformità di cui all’art.13 LR 1/200, giusta Del. GR 349/05, si è ampiamente espresso sulla compatibilità e conformità delle summenzionate aree industriali con la funzione commerciale, in ordine a quanto disposto dal PRG vigente del Comune di Santa Maria C.V.>>.
Egli poi richiama che prima la Conferenza Unificata del 21/10/2009, e successivamente le “direttive regionali”, avevano sancita la sostanziale eguaglianza tra funzione produttiva e funzione commerciale.
Infine sottolinea che il SIAD è uno strumento redatto dal Comune interessato, sulla base di verifiche di opportunità e compatibilità eseguite per suo incarico sul suo stesso territorio; pertanto se il Comune di Santa Maria C.V., tardivamente rispetto all’approvazione dello strumento, ora ritiene che esso non sia conforme agli interessi e alla conformazione urbanistica della città, non ha null’altro da fare che modificarlo, secondo la procedura di cui all’art.13 LR 1/2000. Cosa che già era stata fatta con la delibera della G.C. di Santa Maria Capua Vetere che, con l’adozione della delibera n.2/2008 aveva iniziato l’iter di modifica del SIAD e aveva fatto scattare le norma di salvaguardia.
E’ noto a tutti, proprio in conseguenza dell’adozione della delibera di G.C. 2/2008, si disgregò nella sua costituzione elettiva e, per le pressioni di elementi ben individuati che favorirono l’ingresso di consiglieri più compiacenti nella maggioranza e desiderosi di ritornare al timone della barca sconquassata dell’Amm.ne comunale di Santa Maria e che avevano contribuito, in modo decisivo, all’approvazione di quel SIAD assurdo e sovradimensionato. Cos’ si diede nuova linfa alla concretizzazione di manovre speculatorie che fino ad allora erano state osteggiate perché ritenute non in sintonia con il programma elettorale e con gli interessi della città.
La Delib. GC n.444 del 27/11/08
Con la suddetta Deliberazione, la GC di Santa Maria C.V., facendo proprio il parere reso da Settore Attività Produttive della Regione, annulla la propria Deliberazione n.02 del 07/01/08 e dispone che l’Ufficio Tecnico Comunale, nel rilascio dei Permessi di Costruire riguardanti attività commerciali si attenga a quanto previsto dal vigente PRG (colore senape) la previsione di insediamenti commerciali al dettaglio rappresenta un mero adeguamento dello stesso, senza dover attivare un procedimento di variante urbanistica, stante la conformità tra PRG e SIAD, in attuazione del principio di una sostanziale uguaglianza o assimilazione tra funzione produttiva e funzione commerciale.
La capacità ricettiva di attrezzature commerciali nel vigente PRG di Santa Maria C.V. La disciplina urbanistica degli insediamenti commerciali
Va innanzitutto richiamato che, già prima del SIAD, il PRG/83 di Santa Maria C.V. consentiva l’insediamento di attrezzature commerciali di vario tipo e dimensione nelle varie zone territoriali omogenee e ciò, per una città come Santa Maria Capua Vetere,previa piccole modifiche ed adeguamenti al P.R.G., era possibile e conforme alle sue esigenze di sviluppo commerciale.
-Infatti nelle “zone residenziali con aliquota non residenziale” di cui all’art.23 delle NTA, sono insediabili negozi di ogni tipo, esercizi commerciali e grandi magazzini anche a norma della L 11/16/71 n.426 (Piano Rete di Vendita).
- Nelle “zone commerciali” di cui all’art.24 delle NTA, contrassegnate nella planimetria della zonizzazione generale con lett. G (zone specializzate al commercio con esclusione di altre destinazioni), sono realizzabili attrezzature mercantili pubbliche ed insediamenti commerciali al dettaglio pubblici e/o privati, con densità territoriale di 1,00 mc/mq, densità fondiaria di 1,5 mc/mq, altezza massima degli edifici di 10,00 mt; nelle suddette zone è stabilito l’obbligo di piano urbanistico preventivo per interventi che interessano più di 8.000 mq.
Va anche osservato che la “zona G” suddetta non rientra nelle canoniche “zone territoriali omogenee” di cui al DM 02/04/68 n.1444; viceversa ai sensi art.5 del citato decreto i nuovi insediamenti di carattere commerciale/direzionale sono ricompresi nella più ampia categoria degli insediamenti produttivi, pur essendo previsti specificatamente per gli stessi più ampi standard di attrezzature collettive, ma senza preclusione alla loro realizzazione in alcuna zona omogenea tranne le zona E (agricola).
- Nelle “zone industriali” D e D/PIP di cui agli artt. 28 e 29 delle NTA, oltre ad edifici ed impianti di carattere industriale ed artigianale, sono insediabili attrezzature mercantili, magazzini all’ingrosso, capannoni e simili.
La norma non è del tutto chiara in quanto non si comprende se le zone D sono esclusivamente industriali e quelle D/PIP esclusivamente destinate ad insediamenti produttivi di cui all’art.27 L 865/71: in tal ultimo caso allora per insediamenti produttivi devono intendersi impianti di carattere industriale, artigianale, commerciale e turistico.
È stabilito però che in zona D/PIP è obbligatorio il Piano di Insediamento Produttivo, mentre nelle zone industriali D la fabbricazione è consentita anche mediante singola concessione edilizia, con la precisazione che, ad insindacabile giudizio dell’AC, può essere imposto anche in questa zona l’obbligo di formazione del piano particolareggiato preventivo esteso ad un’area minima di 15.000 mq << … quando vi fossero esigenze di attrezzare ed urbanizzare unitariamente la zona >>.
Nel caso della Concessione diretta in zona D la densità fondiaria è fissata in 2,00 mc/mq e l’altezza massima dei fabbricati in 15,00 mt.
Il progetto d’insediamento commerciale/direzionale di cui al PdC 55/09
Il progetto assentito dal PdC n.55/09 prevede il completo abbattimento dei n.6 corpi di fabbrica costituenti il compendio immobiliare denominato ex Tabacchificio, con superficie coperta di mq 55.578 pari al 55% circa di un’area di pertinenza di mq 100.447, e con volume di mc 388.454, per far posto a n.9 fabbricati ubicati su n.9 rispettive aree funzionali, con superficie coperta complessiva di mq 28.531, e volume complessivo di mc 195.750.
Le aree funzionali sono servite da viali di penetrazione interna aperta al pubblico e dotate di aree di parcheggio e fasce di verde stradale.
Con riferimento al caso in oggetto è evidente che l’AC/UTC di Santa Maria C.V. ha ritenuto che la esigenza di urbanizzare ed attrezzare unitariamente la zona d’intervento, di cui alla opportunità prospettata nell’art.28 della NTA del PRG, sia stata assolta dalla unità organica di un progetto riguardante l’intera area comprendente già la sua integrale urbanizzazione.
Ha ritenuto altresì che non dovesse essere applicato l’obbligo di lottizzazione per gli interventi di tipologia commerciale interessanti un’area di estensione superiore ad 8.000 mq, stabilito dall’art.24 delle NTA del PRG, intendendo tale obbligo come riferito non alla tipologia dell’intervento, bensì alla classificazione urbanistica dell’area che, nel caso di specie, è zona D disciplinata dall’art.28 e non dall’art.24.
Queste scelte, sono palesemente discutibili sotto il profilo urbanistico.
Conclusioni in merito al PdC 55/2009
- L’intervento di cui al PdC 55/2009 risulta conforme al SIAD, approvato e munito del visto di conformità regionale.
- Ma il SIAD non ha valutato compatibilità e sostenibilità né economiche né ambientali degli interventi resi possibili “adeguando” il PRG di Santa Maria C.V. allo sviluppo degli impianti commerciali.
- Il SIAD non ha prescritto una limitazione numerica né di superficie complessiva per gli impianti commerciali insediabili in una determinata area inclusa nelle zone di compatibilità:
ciò ha consentito, nel caso di specie, l’occupazione di un’intera area di notevoli dimensioni (10 Ha) con un vero e proprio grande centro commerciale, mascherato nella forma di un insieme di n.9 Medie Strutture di Vendita, aggirando così il contingentamento riguardante la Grandi Strutture di Vendita, il cui insediamento, comunque, avrebbe richiesto la procedura della Conferenza dei Servizi.
- Il SIAD ha considerato le zone D industriali del PRG di Santa Maria C.V. come zone genericamente “produttive”, in cui sono insediabili impianti commerciali, in conformità peraltro di un consolidato indirizzo giurisprudenziale e di inequivocabili direttive regionali.
- Nel rilascio del Permesso di Costruire n.55/09 sono state commesse alcune irregolarità gravi, tali da inficiarne la legittimità.
a) Non risulta essere stata eseguita la Valutazione d’Impatto di cui alla lett d) dell’All. B di cui all’art.11 della LR 1/2000.
b) Il PdC in oggetto non è stato rilasciato dal Dirigente dell’Ufficio Tecnico, bensì dal “Responsabile con posizione organizzativa dell’Area Urbanistica – Edilizia Privata”: egli non aveva per disposizione di regolamento della pianta organica del Comune di Santa Maria C.V., per Delib. di GC, ovvero per delega esplicita del Dirigente dell’Ufficio Tecnico, competenza per il rilascio della suddetta concessione.
La variante al permesso di costruire n.55/2009
In data 25/11/2010 viene presentata al Comune di Santa Maria C.V. una richiesta di Permesso di Costruire in variante al PdC n.55/09; con la suddetta variante si dichiara che i volumi a realizzarsi sono soltanto quelli indicati dai n. 1, 2, 3, 4 dell’originario Permesso, rinunciando l’attuale proprietario dell’area, già titolare del precedente Permesso, FIN PROJECT srl – AU e Leg. Rappr. Dott. Raffaele Pratillo, alla realizzazione dei volumi indicati dai n. 5, 6, 7, 8, 9.
Nella richiesta viene precisato che è stato conservato parte del volume dell’ex Tabacchificio che si sarebbe dovuto abbattere in conformità del PdC 55/09.
In data 11/05/2011 il Settore Tecnico Area Urbanistica – Edilizia Privata rilascia il richiesto Permesso di Costruire in Variante, sulla base del Parere Favorevole Verb. N.1 del 04/03/11, conclusivo della fase istruttoria, che recita:
<
parte di fabbricato preesistente, che viene conservato, rispetta l’indice fondiario della zona
omogenea, si esprime parere di procedibilità urbanistico favorevole con le seguenti prescrizioni:
a) Venga acquisita espressa rinuncia alla realizzazione dei corpi 5, 6, 7, 8, 9 di cui al PdC n.55/09
b) Venga acquisito il parere preventivo del Comando dei Vigili del Fuoco>>.
Nel testo del Permesso di Costruire rilasciato si riferisce alla nota Prot. 8831 del 11/03/2011 a firma dott. Raffaele Pratillo, con la quale viene dichiarata l’espressa rinuncia agli interventi denominati 5, 6, 7, 8, 9;
si riferisce altresì che il parere del Comando dei VVFF era già stato rilasciato con nota del 03/12/2010 prot. n.13177.
Tale ultimo parere reca all’oggetto: Prevenzione incendi – FIN PROJECT srl –
Attività principale: Locali di esposizione e/o vendita di superficie lorda > 1.000 mq fino a 5.000 mq.
Resta dubbio che questo sia il parere richiesto dalla commissione istruttoria, la quale probabilmente chiedeva un accertamento di compatibilità con la tutela della pubblica e privata incolumità con riferimento alla permanenza dei vecchi fabbricati 5, 6, 7, 8, 9 in prossimità degli impianti commerciali 1, 2, 3, 4.
IL PERMESSO DI COSTRUIRE N.79 dell’ 11.05.2011 IN VARIANTE AL PERMESSO DI COSTRUIRE N.55/09
In effetti la “Variante al PdC 55/09” è assolutamente carente sotto il profilo progettuale, proprio in quanto non rappresenta quale dovrebbe essere, in alternativa allo scenario prospettato dalla sostituzione edilizia di tutti i corpi di fabbrica dell’ex tabacchificio con i n.9 fabbricati a destinazione commerciale di cui al progetto originario, la effettiva configurazione e sistemazione urbanistica dell’intera area dell’ex tabacchificio, a seguito della rinuncia a realizzare i corpi di fabbrica siti ad ovest, identificati con i numeri 5, 6, 7, 8, 9.
Per lo stesso corrispondente motivo è carente l’istruttoria per il rilascio del Permesso di Costruire in Variante che, fermatasi alla semplice verifica formale della densità fondiaria generata dalla somma dei volumi da ricostruire e dei volumi non ancora demoliti, non ha viceversa preteso, come avrebbe dovuto, che il richiedente del Permesso di Costruire in Variante chiarisse precisamente nella relazione tecnica e rappresentasse con grafici adeguatamente dettagliati quale fine intendesse dare ai fabbricati “non demoliti ed esclusi dalla demolizione/sostituzione” , a quale destinazione li volesse riservare, o comunque in qual modo avrebbe recintato l’area del ridimensionato intervento di realizzazione dei fabbricati commerciali, rispetto ad una residua area esclusa dall’intervento, ma ancora ingombra (a suo dire) dei precedenti immobili, ormai privi di destinazione e verisimilmente abbandonati a sé stessi, onde evitare interferenze negative per la incolumità dei frequentatori ed utenti del centro commerciale e per l’ordine pubblico.
Ma di quale sostituzione si parla !!! La demolizione come si potrà evincere dalla foto aereofotogrammetriche è stata già effettuata, totalmente, prima del rilascio del P.d.C.79/2001 e si può constatare anche dai sopralluoghi effettuati quando si è verificato un incidente mortale nel cantiere!!
Una corretta istruttoria avrebbe dovuto quantomeno comportare la richiesta di una specifica
relazione tecnica concernente lo stato fisico in cui il richiedente si impegnava a lasciare gli
immobili non più coinvolti nell’intervento di sostituzione, le relative condizioni di sicurezza statica
e di igiene, la compatibilità della loro presenza nello stesso isolato in cui il progetto di variante
continuava a prevedere funzioni delicate e rilevanti quali la vendita al pubblico di prodotti di largo e
generale consumo, anche alimentari a forte richiamo di utenza; ed avrebbe dovuto comportare una
esauriente documentazione grafica e fotografica a sostegno dei contenuti della suddetta relazione
tecnica.
Qualsiasi progetto, anche di più modeste dimensioni, deve comprendere infatti la compiuta definizione delle caratteristiche dello stato dei luoghi di intervento a conclusione dello stesso.
Viceversa la commissione, e conseguentemente la dirigenza dell’Ufficio Tecnico, hanno ritenuto esaminabile un progetto chiaramente sprovvisto degli elaborati canonicamente prescritti, ed assentito un intervento non compiutamente documentato.
Si ritiene pertanto che il rilascio del Permesso di Costruire n.79/2011 sia, già per questo motivo, irregolare e dunque illegittimo e frutto di un disegno preordinato collegato alle modifiche della Legge Regionale sulla casa e della conseguente emanazione della L.R.1/2011 che, modificando, con l’accordo delle lobbye politiche ed economiche,la L.R. 19/2009, spiana le strade ad altre speculazioni che la precedente, imperfetta, non permetteva, soprattutto in relazione alle superficie d’intervento.
Ma un ulteriore ed ancora più grave rilievo va mosso nei confronti del Dirigente dell’Ufficio Tecnico di Santa Maria C. V., tale da inficiare << in re >> la legittimità del rilascio del Permesso di Costruire n.79/2011 in Variante del Permesso di Costruire n.55/2009: esso concerne la esuberanza della decisione assunta nella circostanza dal Dirigente suddetto, rispetto ai poteri e alle competenze del suo ufficio.
È parere del sottoscritto infatti che, per la portata delle conseguenze derivanti dalla comunicazione della decisione della FIN PROJECT di non voler più realizzare nella metà occidentale dell’area dell’ex tabacchificio la previsione di impianti commerciali assentiti con il Rilascio del Permesso di Costruire 55/09, e della contestuale richiesta di un nuovo Permesso di Costruire che avallasse e legittimasse urbanisticamente tale decisione, insorgeva per il Dirigente dell’Ufficio Tecnico di Santa Maria C. V. l’obbligo d’ufficio di rimettere la questione all’Amministrazione Comunale.
Ciò per i seguenti motivi.
Si richiama che l’area del Tabacchificio, inclusa nella zona territoriale omogenea D- industriale di cui all’art. 28 delle NTA del vigente PRG, pur se individuata dal SIAD come area compatibile con l’insediamento di medie strutture commerciali, quanto alle modalità di attuazione degli interventi a destinazione conforme, resta assoggettata alle disposizioni di cui all’art.29 delle medesime NTA del PRG.
Quest’ultimo articolo, al secondo comma, stabilisce che nelle zone industriali indicate con la lett. “D” (diversamente che nelle zone indicate con il simbolo D-PIP, per le quali è in ogni caso obbligatoria la preventiva Lottizzazione), la fabbricazione è consentita mediante singola concessione edilizia, a meno che il Comune, a suo insindacabile giudizio, non ritenga di dover formare il piano urbanistico preventivo, nella forma specifica del PIP, quando vi sia l’esigenza di attrezzare ed urbanizzare unitariamente la zona.
È del tutto chiaro intanto che, mentre nel caso dell’insediamento di un unico impianto “industriale” (o più genericamente “produttivo”) unitariamente progettato, può non insorgere l’esigenza di << attrezzare ed urbanizzare unitariamente la zona>>, tale esigenza viceversa generalmente si presenta quando la zona in oggetto venga suddivisa tra i vari e diversi interventi, specialmente se a carattere abitativo.
Orbene, nel rilasciare il PdC 55/09, l’Ufficio Tecnico Comunale, senza consultare gli organi elettivi dell’A.C., ha già operata la scelta di applicare la disposizione contenuta nell’art.29 delle NTA che consente l’attuazione del programma costruttivo della FIN PROJECT mediante semplice concessione edilizia, pur trattandosi nel caso di specie di una pluralità di fabbricati, in quanto la omogeneità delle destinazioni di questi e lo stesso progetto che unitariamente li comprende assicurano già il necessario coordinamento urbanistico infrastrutturale e la previsione di commisurate attrezzature standard, rendendo implicitamente superfluo il piano urbanistico preventivo, anche se l’intervento produttivo/commerciale, ben configurava per la sua consistenza ed ampiezza, la fattispecie di una grande struttura commerciale di vendita soggetta, quindi, a tutte le procedure di competenza regionale.
Ora però che FIN PROJECT comunica di non voler più intervenire sull’intera estensione dell’area, ma solo sulla sua metà orientale, e di voler realizzare solo una parte della previsione di cui al progetto originario (senza peraltro dichiarare cosa intende fare della parte di area su cui non interviene, né se intende per caso alienarla ad altri operatori), muta radicalmente il quadro dei presupposti sulla base dei quali si giustificava la scelta di consentire l’attuazione dell’insediamento in oggetto mediante semplice concessione diretta.
Sulla stessa area si prospettano in futuro una pluralità di interventi, forse anche a destinazione non omogenea, se si accetta di accondiscendere pedissequamente all’istanza avanzata dell’operatore titolare della primitiva concessione n.55/09.
L’intrecciarsi tra la modifica del programma d’intervento di FIN PROJECT con le carenze di una superficiale normativa riguardante l’adeguamento degli strumenti urbanistici finalizzato espressamente ed esclusivamente a favorire l’insediamento di attività commerciali (normativa che infatti non ha previsto eventualità del tipo di quella che si è presentata nel caso in oggetto), trasforma la disciplina urbanistica della zona dell’ex Tabacchificio di Santa Maria C. V. in un vero e proprio rebus urbanistico.
Nel caso di specie c’è da chiedersi:
a) È urbanisticamente conforme l’insediamento che risulta dal ridimensionamento di quello che si sarebbe dovuto realizzare in virtù del PdC 55/09, pur non essendo preceduto dal piano urbanistico preventivo esteso all’intera zona D in oggetto?
b) Qualora venisse assentito il richiesto ridimensionamento in Variante al PdC 55/09, occorrerà in futuro predisporre un piano urbanistico attuativo per assicurare il coordinamento urbanistico – infrastrutturale tra l’intervento precedente ed un ulteriore o ulteriori insediamenti per i quali verrà chiesto il Permesso di Costruire sulla parte di area non utilizzata in questa fase?
c) L’area attualmente esclusa dall’insediamento di impianti commerciali di cui all’attuale programma realizzativo della FIN PROJECT torna ad essere una semplice area industriale (zona D-industriale del PRG)?, ed in tal caso per quali tipologie di industrie compatibili con la funzione commerciale già insediata?
Ovvero risulta un’area ormai disponibile solo ad ulteriori insediamenti commerciali (zona di insediamenti commerciali di cui al SIAD)?, ed in tal caso occorrerà attendere magari la revisione quadriennale del SIAD, per avere una indicazione chiara sulla perdurante attualità di certe “previsioni di espansione dell’apparato distributivo”?
O infine resta frattanto, a tutti gli effetti giuridico – urbanistici, un’area indifferentemente disponibile sia ad insediamenti industriali che ad insediamenti commerciali, senza alcuna preventiva definizione di un criterio di compatibilità?
Insomma appare del tutto evidente che il “ripensamento”della FIN PROJECT, che aveva già lungamente e (sembrava) definitivamente “contrattato” con l’Ufficio Tecnico Comunale (ed implicitamente con l’A. C. di Santa Maria C. V.) l’intervento di cui al PdC 55/09, area ex Tabacchificio, pone, già da ora,più gravi complicazioni nella gestione di un corretto rilascio dei Permessi di Costruire nella stessa Zona D.
Più in generale si può dire che ha un effetto disarticolante tale sulla disciplina urbanistica di zona da richiedere una chiara ridefinizione della stessa in coerenza con una revisione di scelte strategiche in materia urbanistica.
È però del tutto pacifico che non rientra nelle competenze del Dirigente dell’Ufficio Tecnico assumere decisioni di questa natura e di questo rango, in quanto tali decisioni si appartengono esclusivamente agli organi elettivi dell’A. C. Ne consegue allora che il Dirigente dell’Ufficio Tecnico ha innanzitutto compiuto una vera e propria omissione nel non relazionare tempestivamente ed esaurientemente all’A. C. sulla suddetta problematica, per metterla in condizione di assumere le decisioni di sua esclusiva competenza; ed
ha inoltre compiuto un vero e proprio abuso d’ufficio assumendo la decisione di rilasciare il PdC 79/2011, le cui implicazioni in termini di “politica urbanistica” travalicano le competenze del suo ufficio.
Peraltro il Permesso di Costruire in oggetto sembra anche essere stato rilasciato dall’UTC di Santa Maria C. V. con la finalità di conseguire una tappa intermedia rispetto al vero traguardo finale, che si mostra evidente già con la richiesta di “Integrazione e Sostituzione Progetto di Variante in c.o. del 25.11.2010 – Progetto ai sensi della LR 1/2011”: con la suddetta richiesta di PdC infatti il proprietario dell’area dell’ex Tabacchificio, già in data 21.01.2011, aveva rotto gli indugi e palesate le sue effettive intensioni.
FIN PROJECT intende sfruttare le opportunità offerte agli operatori del settore immobiliare dal “Piano Casa”, e quindi sostituire agli ormai “superat ed infruttuosi” impianti commerciali, la cui era sembra definitivamente tramontata, delle semplici ordinarie case di abitazione, ben più facilmente collocabili sul mercato dell’edilizia nella prospettiva attuale determinata dal sollecitato fenomeno di redistribuzione di una parte della popolazione dell’hinterland napoletano verso i comuni della piana casertana. Considerato anche che la realizzazione di migliaia di vani abitativi sarebbero, in ogni caso, un investimento ben più fruttifero di quello autorizzato precedentemente, considerato che la proprietà, anche se invenduta di tanti appartamenti, costituirebbe un valore ben superiore di quello che potrebbero avere dei capannoni industriali o commerciali poco richiesti da un mercato in grave crisi. Ciò è già stato dimostrato dal subdolo disegno perpetrato per mettere a disposizione delle esigenze del Tribunale di Santa Maria i capannoni della ditta di Pellino in via Grattapulci, realizzato con finalità produttive “ già in difformità alle regole ed alle convenzioni” , i quali, senza alcuna variante alla destinazione urbanistica sono stati oggetto di lavori per adeguarli alle esigenze richiesta dalla collocazione di uffici pubblici. Un’altra palese violazione della Legge che è stata perpetrata dalla precedente amministrazione che ha prospettato agli Organi giudiziari preposti una soluzione che è stata accettata come “ultima ratio” per scongiurare il pericolo del trasferimento delle sedi giudiziarie a Caserta. Pur sapendo che a Santa Maria Esistevano altri edifici pubblici che avrebbero potuto essere adibiti a tale esigenza.
Non si può non rilevare che il rilascio del Permesso di Costruire relativo alla Variante di cui alla richiesta del 25.11.2010, ignora la richiesta di Integrazione e Sostituzione del Progetto di Variante con il progetto di case di abitazione ex Lege Regionale 1/2011, del 21.01.2011, nonostante sia successivo di quasi quattro mesi alla suddetta richiesta.
Non solo, ma risulta anche che frattanto proprio in merito al presentato progetto di fabbricati residenziali vi è stata interlocuzione tra l’UTC ed il richiedente FIN PROJECT, come prova la nota del progettista, ing. Michele Caserta, datata 24.03.2011, con la quale, in riferimento ad una richiesta del Settore Tecnico Comunale avanzata in data non precisata, si forniscono già chiarimenti relativi al calcolo della volumetria residenziale da realizzare nei n.7 edifici abitativi previsti proprio dall’ultimo progetto di trasformazione urbanistica dell’area dell’ex Tabacchificio.
L’intento di realizzare un’operazione edilizia di tipologia residenziale, abbandonando in parte il primitivo progetto di medie strutture di vendita aveva probabilmente preso corpo già prima: alla fine dell’anno 2008, cioè l’anno in cui il governo nazionale ha promulgata la legge di indirizzo sui “Piani Casa”, rinviando alle regioni la definizione delle norme attuativi nei territori di relativa competenza.
La regione Campania ha più volte legiferato sull’argomento e già al 31.12.2009 investito i comuni del compito di attagliare a loro volta alle realtà urbane locali l’applicazione delle norme di carattere generale della Legge Nazionale, con la facoltà di precisare motivatamente, con apposita Deli. di C.C., in quali zone urbanistiche del relativo comune le operazioni edilizie realizzabili in deroga allo strumento urbanistico vigente di cui al Piano Casa non dovessero essere consentite.
Nel nostro caso però il comune di Santa Maria C. V., come molti altri comuni della Campania, con Delib. di C.C. n.9 del 25.02.2010, aveva deciso di non avvalersi della facoltà di porre restrizioni agli ambiti urbanistici nei quali applicare le sostituzioni edilizie di fabbricati dismessi di cui all’art.5 – comma 7 del Piano Casa, tranne che nel centro storico, come per altro già previsto dalla Legge Nazionale.
Pertanto già nel corso dell’anno 2010 si erano determinate le condizioni per il maturarsi dell’idea di passare dal progetto di speculazione tipo “centri commerciali”, che ormai aveva fatto il suo tempo, al progetto di speculazione tipo “grandi complessi residenziali” (demagogicamente giustificati con la previsione che una quota pari al 30% di detti complessi fosse riservata ad edilizia sociale), molto più promettente di consistenti profitti imprenditoriali in questa nuova congiuntura politico – economica e di riorganizzazione degli assetti demografici territoriali alla scala regionale.
Ed infatti, dopo aver piazzato alla UNICOOP i primi quattro fabbricati a destinazione commerciale di cui al primitivo progetto, la rinuncia a realizzare gli altri cinque fabbricati ad analoga destinazione (per i quali FIN PROJECT avrebbe ora davvero serie difficoltà a trovare imprese commerciali destinate ad acquistarli o ad affittarli per aprire nuovi negozi) viene ufficialmente a manifestarsi con la menzionata richiesta di Variante del 25.11.2010.
A pochi giorni dalla entrata in vigore della LR 1/2011 del 05.01.2011 viene presentato il progetto di sostituzione delle strutture produttive dismesse (i fabbricati n. 21 e n. 23 dell’ex Tabacchificio, che si era detto di non voler più sostituire con i fabbricati commerciali n. 5, 6, 7, 8, 9, ma di cui si era in grado di certificare la definitiva dismissione già avvenuta al 31.12.2006) con sette fabbricati residenziali di cubatura praticamente equivalente.
Sulla suddetta richiesta, un funzionario dell’UTC di Santa Maria C. V. addetto all’istruttoria deve aver sollevato dubbi e perplessità e chiesto chiarimenti al Dirigente dell’UTC e al Commissario Straordinario che frattanto, nelle more del rinnovo dell’Amministrazione Elettiva reggeva le sorti della città. Ciò si rileva da un appunto scritto a mano sul foglio della richiesta avanzata dalla FIN PROJECT.
Il Commissario, ad ogni buon conto, considerato che la Regione Campania aveva fornita l’ultima versione della Legge sul “Piano Casa” in data 05.01.2011, quindi in data successiva alla Delib. del C.C. di santa Maria C. V. n.9 del 25.02.2010, ha ritenuto di reiterare, con propria Delib. n.5 del 03.03.2011, la rinuncia del Comune di Santa Maria C. V. ad avvalersi della facoltà di porre restrizioni agli ambiti urbanistici nei quali consentire le operazioni edilizie in deroga al PRG, e dunque tra l’altro le sostituzioni edilizie dei fabbricati dismessi come previste dall’art. 5 comma 7 della medesima LR 1/2011. Ciò spiega l’accelerazione che si è avuta a partire dal mese di marzo della interlocuzione tra l’UTC e FIN PROJECT, che si vede ormai spianata la strada verso il raggiungimento del suo obbiettivo. Ma ciò era possibile che fosse deliberato da un Commissario mandato per gestire l’ordinario e non poteva, certamente, entrare in questioni che andavano ad incidere sull’assetto urbanistico e socioeconomico della città? Queste materie sono di esclusiva competenza della Politica che sarebbe rientrata in gioco di lì a pochi giorni.
LA RICHIESTA DI PdC DEPOSITATA DALLA FIN PROJECT IN DATA 20.01.2011, PER
LA REALIZZAZIONE DI UN COMPLESSO RESIDENZIALE
Il “Progetto di Sostituzione Edilizia relativo alla costruzione, previa demolizione di tutti i volumi preesistenti, di un complesso residenziale alla via Galatina – Progetto redatto ai sensi della LR 1/2011”, a firma dell’ing. Michele Caserta allegato alla richiesta del PdC depositata dalla FIN PROJECT srl – Leg. Rappr. Pratillo Raffaele, in data 20.01.2011 – Prot. 0002229, non possiede i requisiti per la procedibilità istruttoria, per carenze formali e sostanziali del tutto evidenti, le quali per altro confermano che già il Rilascio del precedente PdC 79/2011 aveva determinato di fatto un vulnus alla disciplina urbanistica della zona D – industriale ex Tabacchificio di cui al PRG vigente di Santa Maria C.V..
Innanzitutto la dimensione dell’intervento proposto e la numerosità dei fabbricati comportano che si
tratta di una lottizzazione, mentre il progetto presentato non è affatto un progetto di lottizzazione ma
un semplice e sommario progetto edilizio.
Le principali dimensioni dell’intervento di edilizia abitativa prospettato sono infatti le seguenti:
- Volume totale (di calcolo) mc 131.238,00
- Numero dei fabbricati n. 7
- Abitanti da insediare allo standard 80 mc/ab n.1.641
- Aree pubbliche ai sensi DM 02.04.68 n.1444 mq 29.529,00
- Aree pubbliche di progetto mq 31.500 > 29.529
[E’ opportuno rilevare che l’articolo 2 punto 1 lettera f recita quanto segue:”…la volumetria lorda da assentire non comprende i volumi tecnici,i collegamenti verticali (vani scale, vani ascensori) ed altri spazi comuni, necessari a garantire il risparmi energetico e le innovazioni tecnologiche in edilizia…” mentre nelle tavole relative alla determinazione del volume di progetto non si riscontra quello relativo al volume dei sottotetti ed altro. ]
L’esatto calcolo del volume di progetto è un elemento peculiare nel permesso di costruire richiesto ai sensi della legge regionale 1/2011 perché sullo stesso vengono determinati gli standard urbanistici previsti dal D.M. 1444/68 come evidenziato dall’articolo 7 comma 5 invocato ai fini delle costruzioni richieste.
La relazione tecnica di progetto riferisce che il volume dei fabbricati esistenti da sostituire è pari a Mc 139.797,60, maggiore pertanto del volume dei fabbricati residenziali da costruire.
E’ appena il caso di evidenziare che detta quantità riportata da demolire nella tavola “valutazione dei volumi edificati preesistenti” datata 25/11/2010 invece, da una foto aerofotogrammetrica (presa da google earth datata 8/9/2010), risulta già inesistente in quanto l’area stessa era totalmente sgombra da manufatti, quindi già totalmente demoliti.
Conseguenza di tale inesistenza, al momento della richiesta edilizia, è un ulteriore motivo di inapplicabilità della L.R. n.1/2011.
Ulteriore motivo di perplessità sulla possibilità di applicare la più volte citata L.R., n.1/2011 sta nelle altezze massime di progetto che fanno riferimento a quantità superiori ai 22 metri massimi consentiti per l’edilizia residenziale non ricadente nelle zone di edilizia economica e popolare, legge 167, che consente l’altezza superiore a tale quantità.
Riferisce altresì che le aree pubbliche effettive di progetto, superiori a quelle di cui ai minimi standard di legge, sarebbero così articolate nelle rispettive destinazioni:
- Verde pubblico mq 15.750
- Parcheggi pubblici mq 4.375
- Attrezzature scolastiche mq 7.875
- Attrezzature di interesse comune mq 3.500
Il riscontro delle suddette aree è praticamente impossibile in quanto la Tav. 3 di progetto (l’unica di inquadramento topografico urbanistico) è assolutamente incomprensibile, risultando nella stessa indistinguibili i lotti di pertinenza dei fabbricati dai lotti riservati alle attrezzature collettive e risultando non individuabile la stessa rete della viabilità interna del quartiere e di accesso ai lotti, e meno che mai il suo raccordo sia alla viabilità di contorno all’isolato sia alla viabilità interna alle attrezzature commerciali site ad Est, che si dà per scontato essere state eseguite in conformità della Variante al PdC n.55/09, cioè in conformità al PdC 79/2011.
È innanzitutto doveroso richiamare che l’art.25 delle NTA del PRG di santa Maria C.V. stabilisce in via generale che gli interventi di ristrutturazione urbanistica da realizzarsi nelle sub zone di completamento residenziale, quando posseggono dimensione superiore ai 15.000 mc, sono assoggettati all’obbligo di formazione del preventivo Piano Urbanistico Esecutivo.
Pertanto già sotto il profilo procedurale l’intervento proposto, la cui dimensione volumetrica è pari a quasi 9 volte la dimensione minima suddetta, è assoggettato all’obbligo di redazione ed approvazione del Piano Urbanistico Preventivo.
Ma anche al di là dell’aspetto procedurale, si riscontra che il progetto presentato non possiede alcuno degli elementi che sono assolutamente indispensabili alla compiuta definizione dell’assetto del quartiere che si intende realizzare e del suo inserimento nel contesto urbanistico, ancorché investa un’area di oltre 4,5 Ha sita in un contesto di importanza strategica, peraltro ormai profondamente compromesso dalla serie di varianti di destinazione d’uso, di nuove infrastrutture, e di trasformazioni edilizie eseguite in deroga al PRG in virtù dell’”adeguamento” che lo stesso ha subito a seguito dell’approvazione del SIAD.
La possibilità, esplicitamente contemplata dalla LR 1/11, di effettuare operazioni edilizie finalizzate agli obiettivi perseguiti dal Piano Casa, anche in deroga agli strumenti urbanistici locali approvati, non intacca in alcun modo le disposizioni generali di una legge urbanistica nazionale che ancor’oggi non consente in alcun modo di realizzare interventi privi dei fondamentali requisiti di correttezza e completezza urbanistica.
Nella Relazione Tecnica di fattibilità Urbanistica allegata al progetto, a pag 2, ultimi tre righi, c’è scritto che << è intendimento del richiedente realizzare un intervento di sostituzione edilizia a parità di volume purché nel rispetto degli standard urbanistici di cui a Decreto Ministeriale n. 1444/68 e nel rispetto delle procedure vigenti>>.
L’articolo 3 – 1° comma lettera a) della L.R. n.1 del 05/01/2011 che titola ”Casi di esclusione “ riporta che: gli interventi edilizi di cui agli articoli 4,5,6-bis e 7, non possono essere realizzati su edifici che, al momento della presentazione della richiesta del permesso di costruire, risultano realizzati in assenza od in difformità del titolo abilitativo per il quale non sia stata rilasciata concessione di sanatoria.
Orbene alla luce di quanto detto risulta necessario che “per il volume dei fabbricati esistenti da sostituire ai sensi dell’articolo 7 comma 5 della citata L.R. come richiesto nella pratica datata gennaio 2001 p.g. 0002229, ci sia questa dimostrazione di inesistenza di questo handicap pur trattandosi di manufatti di un ente importante come era l’A.T.I. elemento non determinante nel precedente atto autorizzativo n. 55/09 perché l’esistente era portato tutto in demolizione. In subordine, dimostrato di non rientrare in questo caso di esclusione, è obbligo chiarire se la quantità di volume preesistente da sostituire quantificata in mc 139.797,60 di fabbricati esistenti se è un volume autonomamente agibile e fruibile per la destinazione cui era realizzato.
Ma evidentemente il richiedente del PdC, ed il professionista dallo stesso incaricato della relativa progettazione non hanno neanche la più pallida idea delle procedure vigenti da seguire per la progettazione, l’esame e l’approvazione di una proposta di realizzazione di un quartiere urbano.
Alla pagina successiva la Relazione Tecnica afferma anche che << l’intervento, accogliendo pienamente lo spirito della Legge Regionale 1/2011, persegue l’obbiettivo del rilancio economico, della riqualificazione del patrimonio immobiliare, della prevenzione del rischio sismico, salvaguardando la compatibilità ambientale e territoriale dei manufatti, con particolare riguardo a fattori quali la mobilità, il traffico, l’inquinamento ed il contenimento energetico, valorizzando nel contempo la funzione commerciale e residenziale al fine della riqualificazione del tessuto urbano, nel rispetto della normativa urbanistica delle zone di intervento, delle norme igienico sanitarie, di sicurezza vigenti in materia, e di quelle per la eliminazione delle barriere architettoniche, nonché della normativa SIAD di cui all’elab. n.6 delle NTA e dei parametri di parcheggio.>>
Affermazioni retoriche senza alcun riscontro, che potrebbe venire soltanto da :
1) Una relazione economica che, con preciso riferimento alla struttura economico produttiva attuale di Santa Maria C.V., alla tipologia e dimensione delle imprese locali, alla struttura occupazionale, ai livelli di reddito, alla capacità di spesa dei cittadini, al fabbisogno insoddisfatto di abitazioni piuttosto che di nuovi impianti produttivi, dimostri in qual modo e misura l’intervento proposto sia utile a perseguire davvero l’obbiettivo del rilancio economico della realtà locale;
2) Una Valutazione di Incidenza Ambientale, che dimostri la compatibilità ambientale e territoriale dei manufatti e la riqualificazione del tessuto urbano che essi sono in grado di promuovere;
3) Relazioni tecniche specifiche, che certifichino i requisiti tecnico strutturali, impiantistici e di adeguatezza al contenimento dei consumi energetici alla scala dell’intero quartiere e dei singoli fabbricati dell’intervento proposto;
4) Relazioni tecniche specifiche che dimostrino in quale misura e con quali accorgimenti il quartiere è stato articolato, nella sua morfologia generale e nei suoi aspetti di dettaglio, in maniera da favorire la massima vivibilità ambientale anche alle “utenze sensibili” da tutelare: bambini, anziani, portatori d’Handicap.
In realtà le gratuite e retoriche dichiarazioni di intenti della Relazione allegata al progetto non solo non sono suffragate da nessuna dimostrazione, bensì sono sfacciatamente contraddette dalla rozzezza dei progetti dei fabbricati da cui si rileva immediatamente trattarsi di ordinarie palazzine a scheletro in c.a. o nelle quali:
- Non sono previste strutture che per dimensione e tipologia siano particolarmente qualificate o da qualificarsi come strutture antisismiche;
- Non sono previsti impianti (fotovoltaici, solari ecc) che impieghino energie alternative per riscaldamento, illuminazione, alimentazione di congegni meccanici (ascensori, autoclavi ecc);
- Non sono previsti spessori murari né tipologie di involucro edilizio dalle quali ci sia da attendersi significative riduzioni delle ordinarie trasmittanze termiche;
- Non sono previsti dispositivi, materiali, tecnologie che prospettino riduzioni di carichi idrici inquinanti ecc. per favorire effettivamente la sostenibilità dell’insediamento proposto da parte del contesto urbano e delle infrastrutture primarie esistenti (acquedotto, fognatura, rete elettrica utenze, ecc…).
La Relazione dice anche che << la destinazione d’uso prevalente di detti manufatti sarà per l’edilizia residenziale, con una quota del 30% da destinarsi ad edilizia residenziale sociale, in conformità alle previsioni della LR 1/2011 art. 7 comma 5>>.
E però non individua dove è ubicata questa quota: sta tutta in uno o due palazzi? e quali? È distribuita in tutti e 7 i palazzi? e in quali parti di questi?
Nel caso che ci interessa per “edilizia sociale” l’invocato articolo 7 comma 5 fa riferimento all’articolo 1 comma 3 del D.M. 22/04/2008 che testualmente recita:”…rientrano nella definizione di cui al comma 2 gli alloggi realizzati o recuperati da operatori pubblici e privati , con il ricorso a contributi o agevolazioni pubbliche quali, esenzioni fiscali, assegnazione di aree o di immobili, fondi di garanzia, agevolazioni di tipo urbanistico, destinati alla locazione temporanea per almeno 8 anni ed anche in proprietà”. Per queste costruzioni quindi devono essere determinati, fra l’atro, i cannoni di locazione o prezzi di vendita degli appartamenti . Detti elementi devono essere concordati con apposita convenzione che nella richiesta in esame non si riscontra nemmeno nella forma più elementare. Inoltre, il più volte citato articolo 7 della L.R. n.1/2011 che titola:”Riqualificazione aree urbane degradate” al comma 5 si riferisce agli immobili dismessi e nella fattispecie, specifica che se riguarda immobili già adibiti ad attività manifatturiere, industriali, le attività devono essere cessate e quindi non produrre reddito da almeno tre anni antecedenti alla data di entrata in vigore della presente legge. Orbene l’avvenuta esecuzione dei corpi commerciali attualmente prossimi all’operatività ha fatto si che l’area urbana interessata ha perso la peculiarità del “degrado” condizione necessaria e sufficiente per l’applicazione legittima del già citato articolo 7 in quanto non è più compromessa, abbandonata, a basso livello di naturalità, dismessa o improduttiva in ambiti urbani(anzi tutt’altro!) , che non è in territorio marginale e periferico (anzi tutt’altro!) come richiesto dall’articolo 2 punto 1 lettera a) della L.R. 1/2011. Conseguenza di tale perdita è la inapplicabilità di tale articolo 7.
Infine, la medesima relazione tecnica conclude: << il complesso residenziale, rispetto agli edifici commerciali di cui alla richiesta di Variante al PdC n.55/09, sarà realizzato come individuato nell’allegata Tav 3 di progetto>>.
Ma basta aprire la già menzionata Tav 3 per riscontrare che non è definito proprio nulla: cioè sono rappresentati nella stessa soltanto le sagome dei corpi di fabbrica residenziali da realizzare, alla scala 1:500 in un vuoto nebuloso privo di qualsiasi specificazione urbanistica e di rapporto con il contesto.
E qui veniamo alla già lamentata inesistenza del Piano Urbanistico Preventivo.
Questo, come ben sanno Amministratori e Tecnici del settore deve contenere almeno:
- Una relazione tecnica preliminare sulla sostenibilità, sui consumi e sulla produzione dei rifiuti connessi al carico abitativo da insediare.
- Il progetto esecutivo della rete della viabilità con tutte le relativi dimensioni.
- La precisa identificazione dei lotti di pertinenza delle varie destinazioni, con la distinzione dei lotti destinati alla edificazione residenziale e quelli vincolati alle specifiche destinazioni pubbliche.
- Le reti delle infrastrutture urbane di base relative all’insediamento: fognature, acquedotto, pubblica illuminazione, rete elettrica utenze, rete gas di città, rete delle comunicazioni telematiche.
- Le aree destinate a contenere i manufatti tecnologici connessi alle suddette reti, per l’alimentazione delle stesse e l’allacciamento alle reti generali urbane (cabina ENEL, centralina gas, ecc…).
- La progettazione esecutiva di ciascuna rete, con la individuazione delle sue caratteristiche geometriche, costruttive, materiali, funzionali, prestazionali e dei relativi manufatti complementari (tombini, caditoie, pozzetti, tralicci, paline, e relative fondazioni, delimitazioni e recinzioni) e l’inserimento di questi nel corpo della piattaforma stradale.
- Il computo metrico estimativo, il programma temporale costruttivo delle suddette opere urbanistiche.
Di tutto ciò non vi è traccia dal progetto presentato dalla FIN PROJECT, e meno che mai risulta allegato allo stesso un modello di Convenzione Urbanistica disciplinante gli oneri urbanizzativi a carico del lottizzante, con precisazione di obblighi, sanzioni, garanzie finanziarie ecc…
Per concludere questa, necessariamente lunga relazione, voglio far notare che la Città di S. Maria C. V. negli anni “50 e “60 dello scorso secolo, per dare lavoro ai suoi figli e sviluppo all’economia ad una conurbazione di cui, fino agli anni “90, era indiscussa guida politica ed economica, favorì l’insediamento del Tabacchificio e dell’ITALTEL. Con provvedimenti lungimiranti diede benessere e futuro a tutti gli abitanti del circondario con l’impiego di circa 6500 unità lavorative. Oggi si pensa a cementificare le ultime aree a vocazione produttiva ed a favorire l’impiego di capitali di non chiara provenienza a scapito dell’occupazione e dello sviluppo del territorio. Oggi si dimentica che la Città di Santa Maria, nel lontano 1957, acquistò 65.000mq di terreno dal rag. Fossataro per darli all’ATI al fine di favorire l’insediamento di un’industria di trasformazione del tabacco che ha dato lavoro a migliaia di persone, soprattutto nell’indotto, generando ricchezza e benessere. C’è stato pane e lavoro per i nostri padri, per i nostri fratelli e sorelle, ce ne sarebbe stato per i nostri figli, se la Politica del malaffare non avesse prevalso. A favore di chi sono andati quei soldi che sono stati spesi per dare lavoro? Come si può cambiare la destinazione di un’area ove era sorta, con l’aiuto pubblico e per merito di quegli oculati ed onesti amministratori che guardavano al benessere della popolazione che amministravano, una fiorente fabbrica che avrebbe potuto continuare ad operare e dare lavoro? Per favorire interessi privati che sono così palesi per il modo come è stata acquistata l’ex fabbrica e come la si è dismessa, si è distrutto tutto il lavori di èèiù di cinquant’anni. A cosa serve far crescere demograficamente la città quando non c’è lavoro per chi ci vive? Servirebbe solo a far crescere la disoccupazione e la delinquenza .
E’ dovere di tutti coloro che tengono al benessere ed al vero sviluppo della città richiamare l’attenzione della Politica e delle Autorità preposte a controllare che tutto ciò che è stato fatto e che si vuole fare sia lecito e volto all’interesse pubblico.
E’ scoccata l’ora del cambiamento; di un cambiamento radicale che riporti la Politica vera al centro della scena; una Politica che pensi a programmare il bene e lo sviluppo di chi amministra, senza pensare ad intrallazzi e favori o ad interessi personali. E’ facile cedere alle sirene, alle offerte che vengono quotidianamente formulate. Sono allettanti ed io stesso avrei potuto cedervi se non avessi avuto ancora la dignità e la coscienza del bene comune che mi ha sempre contraddistinto e mi ha fatto portare avanti un’opposizione dure e testarda ad un modo di amministrare che non si poteva e non si può condividere.
E’ l’ora che le giovani generazioni siano protagoniste delle scelte che interessano il loro futuro e quello dei loro figli e si liberino di questi cappi che strozzano la società e non la fanno respirare.
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