prova


Non lasciare mai, che il successo ti nasconda la sua vacuità, un' impresa la sua vanità, la fatica la sua desolazione. Mantieni vivo dentro di te l' incentivo ad andare ancora più avanti, quell' inquietudine dell' anima che ci spinge al di là di noi stessi. Non guardare indietro, e non accarezzare sogni per il futuro. Ciò non verrebbe nè a restituirti il passato nè a soddisfare gli altri tuoi sogni ad occhi aperti. Il tuo dovere, la tua ricompensa, il tuo destino sono qui ora.
(Dag Hammaarskjold, Markings)
Dobbiamo accettare le delusioni che sono limitate, ma non dobbiamo mai perdere l'infinita speranza.
(Martin Luther King)
Noi non dimentichiamo e non demordiamo.
Quanno 'a furmicola vò murì, mètte è scèlle. Si dice di chi, raggiunta la ricchezza, perde ogni senso della misura e finisce per far cose illogiche e per danneggiare se stesso.
Quanno ò perucchio saglie in gloria perde à scienza e à memoria. Il villano che sale nella scala sociale dimentica subito la sua origine e coloro che lo hanno agevolato nella ascesa.

sabato 19 settembre 2015

Santo del giorno: San Gennaro Vescovo e martire


Gennaro è il santo Patrono principale di Napoli e, negli ultimi anni del pontificato di San Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyła, 1978-2005), è tornato ad essere patrono delle due Sicilie, cioè del sud Italia.
Sulla sua vita non si hanno notizie storicamente documentate. Nato a Napoli nella seconda metà del III secolo, la sua storia è stata tramandata da opere agiografiche dove la realtà e la leggenda spesso si intrecciano e mescolano in un unico racconto, i cui elementi storici non sempre sono facilmente distinguibili. Il fatto che portò alla consacrazione di Gennaro sarebbe avvenuto all'inizio del IV secolo, durante la persecuzione dei cristiani da parte dell'imperatore Diocleziano.

Gennaro era il vescovo di Benevento e si recò insieme al lettore Desiderio ed al diacono Festo in visita ai fedeli a Pozzuoli. Il diacono di Miseno, Sossio - già amico di Gennaro che era venuto a trovarlo in passato a Miseno per discutere di fede e leggi divine -, volendo recarsi ad assistere alla visita pastorale, fu invece arrestato lungo la strada per ordine del persecutore Dragonzio, governatore della Campania. Gennaro, insieme a Festo e Desiderio, si recarono allora in visita dal prigioniero, ma, avendo intercesso per la sua liberazione, ed avendo fatto professione di fede cristiana, furono anch’essi arrestati e condannati da Dragonzio ad essere sbranati dagli orsi nell'anfiteatro di Pozzuoli. Il giorno dopo, tuttavia, per l'assenza del governatore stesso, impegnato altrove, il supplizio fu sospeso. Dragonzio comandò allora che a Gennaro ed ai suoi compagni venisse troncata la testa. Condotti nei pressi del Forum Vulcani (l'attuale Solfatara di Pozzuoli), essi furono decapitati nell'anno 305; il corpo di Gennaro sarebbe stato sepolto nell'Agro Marciano (Fuorigrotta?).
Secondo la tradizione, subito dopo la decapitazione sarebbe stato conservato del sangue, come era abitudine a quel tempo, raccolto da una pia donna di nome Eusebia che lo racchiuse in due ampolle; esse sono divenute un attributo iconografico tipico di S. Gennaro. Il racconto della pia donna è tuttavia recente e compare pubblicato per la prima volta solo nel 1579, nel volume del canonico napoletano Paolo Regio su Le vite de' sette Santi Protettori di Napoli”.

Documenti liturgici molto antichi, come il calendario cartaginese (redatto poco dopo il 505) ed il Martirologio Geronimiano del V secolo assegnano come data del martirio di Gennaro e dei suoi compagni il 19 settembre; indicano invece nel 13 aprile la data della prima traslazione dei resti del santo. Anche in un altro martirologio risalente all' VIII secolo, redatto dal monaco inglese Beda, il 19 settembre viene indicato come data del martirio.
Nel calendario marmoreo di Napoli la data del 19 settembre viene indicata come "dies natalis" di S. Gennaro. Tutte queste fonti, e numerose altre ancora, attestano che la venerazione per il santo ha origini antichissime che risalgono all'epoca del suo martirio o, al più tardi, a quella della prima traslazione delle sue spoglie, avvenuta nel V secolo.

Le reliquie del santo furono trasportate dal re Giovanni I di Napoli nelle catacombe napoletane a Capodimonte che presero il nome del Santo, e qui furono centro di vivissimo culto. Di là il principe di Benevento Sicone, assediando la città di Napoli, nell' 831, ne approfittò per impossessarsi dei resti mortali che riportò nella sua città, sede episcopale.
Le sante reliquie furono deposte nella Cattedrale - che allora si chiamava Santa Maria di Gerusalemme - ove restarono fino al 1154. In quell'anno, infatti, considerando che la città di Benevento non era più sicura, il re di Sicilia Guglielmo I, detto il Malo (1120-1166), provvide affinché esse venissero traslate nell'Abbazia di Montevergine. A Montevergine, però, la devozione dei pellegrini che vi si recavano era rivolta soprattutto a S. Guglielmo ed alla popolarissima icona bizantina della Madonna chiamata "Mamma Schiavona", sicché di S. Gennaro si perse ben presto la memoria e addirittura la cognizione del suo luogo di sepoltura. A Napoli, invece, rimaneva vivissimo il culto, anche per la presenza delle altre sue reliquie: il capo e le ampolle col suo sangue.

Carlo II d'Angiò, detto lo zoppo (1248-1309), - re di Napoli (1285-1309) e di Sicilia (1285-1302) - dopo aver fatto eseguire dai maestri orafi francesi Stefano Godefroy, Guglielmo di Verdelay e Milet d'Auxerre un preziosissimo busto-reliquiario in argento dorato per contenere la testa e le ampolle col sangue del santo, espose per la prima volta la reliquia alla pubblica venerazione nel 1305. Suo figlio Roberto d'Angiò, detto il Saggio (1277 - 20 gennaio 1343), invece, fece realizzare la teca d'argento che custodisce le due ampolle del sangue.
Tuttavia la liquefazione del sangue non è attestata prima del 17 agosto 1389, allorché il miracolo si compì durante una solenne processione intrapresa per una grave carestia.
Quando a Montevergine, per merito del cardinale Giovanni di Aragona, furono ritrovate le ossa di S. Gennaro, collocate al di sotto dell'altare maggiore, la potente famiglia dei Carafa si impegnò, grazie soprattutto all'interessamento del cardinale Oliviero e con il sostegno di suo fratello l'arcivescovo napoletano Alessandro Carafa, affinché le reliquie tornassero a Napoli: la cosa avvenne nel 1497, non senza l'opposizione da parte dei monaci di Montevergine.
Come degno luogo per ospitarle, il cardinale Oliviero Carafa fece costruire nel Duomo di Napoli, al di sotto dell'altare maggiore, una cripta d'eccezione in puro stile rinascimentale: la Cappella del Succorpo.

A seguito di una terribile pestilenza che imperversò a Napoli fra il 1526 ed il 1529, i napoletani fecero voto a S. Gennaro di edificargli una nuova cappella all'interno del Duomo. Benché i lavori fossero iniziati solo nel 1608 e siano durati quasi quarant'anni, la sfolgorante e riccaCappella del Tesoro di S. Gennaro venne infine consacrata nel 1646. Al di sopra del suo splendido cancello, realizzato da Cosimo Fanzago, figura l'iscrizione Divo Ianuario e fame bello peste ac Vesaevi igne miri ope sanguinis erepta Neapolis civi patr. Vindici” ("A San Gennaro, al cittadino salvatore della patria, Napoli, salvata dalla fame, dalla guerra, dalla peste e dal fuoco del Vesuvio, per virtù del suo sangue miracoloso, consacra").
Il 25 febbraio 1964 il cardinale arcivescovo Alfonso Castaldo fece la ricognizione canonica delle venerate reliquie: “Le ossa furono trovate ben custodite, in un'olla di forma ovoidale che reca incisa l'iscrizione calligrafica, Corpus Sancti Jannuarii Ben. E.P.”.
Una ricognizione scientifica eseguita il 7 marzo 1965 dal professore G. Lambertini stabilì che il personaggio a cui appartengono le ossa è da individuarsi in un uomo di età giovane (35 anni) di statura molto alta (m.1,90).
Secondo la leggenda, il sangue di S. Gennaro si sarebbe liquefatto per la prima volta ai tempi di Costantino, quando il vescovo S. Severo (secondo altri fu il vescovo Cosimo) trasferì le spoglie del santo dall'Agro Marciano, dove era stato sepolto, a Napoli. Durante il tragitto avrebbe incontrato la nutrice Eusebia con le ampolline del sangue del Santo: alla presenza della testa, il sangue nelle ampolle si sarebbe sciolto.
Oggi le due ampolle, fissate all'interno di una piccola teca rotonda realizzata con una larga cornice in argento e provvista di un manico, sono conservate nel Duomo di Napoli. Delle due ampolle, una è riempita di 3/4, mentre l'altra più alta è semivuota poiché parte del suo contenuto fu sottratto da re Carlo III di Borbone che lo portò con sé in Spagna.

Tre volte l'anno :
1. il primo sabato di maggio e negli otto giorni successivi, in ricordo della prima traslazione da Pozzuoli a Napoli;
2. il 19 settembre e per tutta l'ottava, ricorrenza della decapitazione;
3. il 16 dicembre «festa del patrocinio di S. Gennaro», in memoria della disastrosa eruzione del Vesuvio nel 1631, bloccata dopo le invocazioni al santo.
durante una solenne cerimonia religiosa guidata dall'arcivescovo, i fedeli accorrono per assistere al “miracolo della liquefazione del sangue di S. Gennaro”.

Il popolo napoletano nei secoli ha voluto vedere nella velocità del prodigio, un auspicio positivo per il futuro della città, mentre una sua assenza o un prolungato ritardo è visto come fatto negativo per possibili calamità da venire. La catechesi costante degli ultimi arcivescovi di Napoli ha convinto la maggioranza dei fedeli, che, anche la mancanza del prodigio o il ritardo vanno vissuti con serenità e intensificazione, semmai, di una vita più cristiana.
La liquefazione del sangue è innegabile e spiegazioni scientifiche finora non se ne sono trovate, come tutte le ipotesi contrarie formulate nei secoli, non sono mai state provate. È singolare il fatto, che a Pozzuoli, contemporaneamente al miracolo che avviene a Napoli, la pietra, conservata nella chiesa di S. Gennaro (vicino alla Solfatara), che si crede sia il ceppo su cui il martire poggiò la testa per essere decapitato, diventa più rossa.

Il vostro servitore, che ha preparato questa composizione agiografica, ha assistito, durante sei anni, molto da vicino, essendo seminarista, negli anni 50/60, al Seminario Arcivescovile di Napoli/Capodimonte, alle diverse liquefazioni del sangue di S. Gennaro che avvengono, “naturalmente, solo e soltanto grazie alle ferventi, e spesso insistenti, preghiere del “Pastore di Napoli e del suo “gregge”. (gpm)

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Caino e Abele

Da Baudelaire "I fiori del male" la poesia "Caino e Abele"

Dioscuro...

Abbiamo parlato più volte dei "Fiori del Male" di Baudelaire, ma ci sono dei versi che hanno sempre attirato la mia attenzione, sono le razze di Caino e Abele.
Sono metafore delle tipologie di umanità che adottano rispettivamente modi di esistere opposti.
Chi vive nella religione e nella prosperità, appagato dall'appoggio della divinità e della sua coscienza, contro chi vive l'umanità nella sua essenza più carnale, asseconda i suoi istinti e ne è condannato. Contadini contro cacciatori, santità contro umanità, ricchezza contro povertà, beatitudine contro dannazione.
Si parla di razze, quindi non c'è scelta. Voi siete più Caino o Abele? :)

Caino e Abele

Razza d'Abele, dormi, bevi e mangia:
con che compiacimento ti sorride Dio!

Razza di Caino, striscia
nel fango e muori miserabile!

Razza d'Abele, il tuo sacrificio
accarezza il naso ai Serafini!

Razza di Caino, il tuo supplizio
potra mai avere fine?

Razza d'Abele, guarda prosperare
II tuo bestiame e le tue semine!

Razza di Caino, le tue viscere
urlano di fame come un vecchio cane!

Razza d'Abele, scaldati il ventre
al focolare patriarcale!

Razza di Caino, trema di freddo
nel tuo antro, povero sciacallo!

Razza d'Abele, ama e prolifica!
Anche il tuo oro si moltiplica!

Razza di Caino, guardati
dalle grandi brame, cuore ardito!

Razza d’Abele, tu cresci e ti pasci
come le cimici dei boschi!

Razza di Caino, trascina per le strade
la tua famiglia disperata!

Razza d'Abele, la tua carogna
ingrasserà la fumante terra!

Razza di Caino, il tuo compito
non è ancora finito!

Razza d'Abele, vergognati!
II ferro e vinto dallo spiedo!

Razza di Caino, sali al cielo
e scaraventa sulla terra Dio!

C. Baudelaire
Le Fleurs du Mal

Johnny:
Io sono molto più Abele, mi hanno già ucciso diverse volte....

Goethe:
Io sono Abele con Caino.
E sono Caino con Abele.

Intelligenti Pauca

CITAZIONE DI SAN FRANCESCO DI SALES

PAROLE DI SAN FRANCESCO DI SALES PER I FALSI FARISEI DI ALCUNE PARROCCHIE DELLA DIOCESI DI CAPUA

“NON ACCONTENTARTI DI ESSERE POVERO COME I POVERI, MA SII PIU’ POVERO DEI POVERI, VA A SERVIRLI QUANDO GIACCIONO A LETTO INFERMI E DEVI SERVIRLI CON LE TUE PROPRIE MANI.

QUESTA SERVITU’ E PIU’ GLORIOSA DI UN REGNO”.

CITAZIONE DEL GIORNO

MA COME CALZA BENE PER QUESTA CITTA'!
PROBABILMENTE AVEVA SOGGIORNATO PER UN PERIODO DI TEMPO A S MARIA…


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BIAGIO MARIA DI MURO

RISPONDIAMO AL NUOVO CITTADINO C.DV.CHE DA QUALCHE MESE SI E’ TRASFERITO DAL LAZIO IN CAMPANIA E PRECISAMENTE A S.MARIA CAPUA VETERE IN VIA GALATINA CHE CI HA CHIESTO CHI ERA IL SINDACO DELLA CITTA’.

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TI RIMETTO LA FOTO DI BIAGIO DI MURO E UNA PARTE DEL SUO CURRICULUM VITAE

BIAGIO DI MURO SI E’ LAUREATO, IL 30/10/1995, CON 110 E LODE IN ARCHITETTURA PRESSO L’UNIVERSITA’ DI NAPOLI, CON UNA TESI SPERIMENTALE IN SCIENZE DELLE COSTRUZIONI ED E’ ISCRITTO ALL’ORDINE DEGLI ARCHITETTI DELLA PROVINCIA DI CASERTA AL N. 872.

SVOLGE UNICAMENTE LA LIBERA PROFESSIONE ED HA LO STUDIO IN S.MARIA C.V., AL CORSO ALDO MORO N.73

E’ABILITATO AL COORDINAMENTO DI SICUREZZA – D.LGS.494/96 – CON ATTESTATO DI CORSO RILASCIATO DALL’UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II, A CURA DEL CENTRO INTERDIPARTIMENTALE DI RICERCHE L.U.P.T. DAL 24 NOVEMBRE 1997.

HA PARTECIPATO AL GRUPPO DI RICERCHE SUL TEMA “STABILITA’ DELLE TORRI IN MURATURA” ORGANIZZATO DALL’ISTITUTO DI “COSTRUZIONE DELLA FACOLTA’ DI ARCHITETTURA” – UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI, FEDERICO II.

E’ COLLABORATORE DELLA III AREA DI RICERCA “PIANIFICAZIONE TERRITORIALE E SISTEMI INFORMATIVI TERRITORIALI” L.U.P.T. – LABORATORIO DI URBANISTICA E PIANIFICAZIONE TERRITORIALE DELL’UNIVERSITA’ FEDERICO II DI NAPOLI, FACOLTA’ DI ARCHITETTURA.

E’ MEMBRO DELL’AREA DI RICERCA “PROGETTAZIONE URBANA, AMBIENTALE E DEL RECUPERO E VALORIZZAZIONE DEI BENI STORICI, ARCHITETTONICI, ARCHEOLOGICI E PAESAGGISTICI” DEL CENTRO DI RICERCA L.U.P.T. DELL’UNIVERSITA’ FEDERICO II DI NAPOLI FACOLTA’ DI ARCHITETTURA – DIRETTORE PROF. FRANCO MARINIELLO.

HA SEMPRE AVUTO UN FORTE LEGAME CON LA POLITICA ATTIVA, ESSENDO FIGLIO DI NICOLA DI MURO, IL QUALE FIN DAL 1956 E’ ESPRESSIONE DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA, PRIMA A LIVELLO COMUNALE I POI OLTRE AI CONFINI CITTADINI, FINO A DIVENTARE UOMO DI RIFERIMENTO DEL PARTITO AI PIU’ ALTI LIVELLI.

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PARTECIPA ALLA CONSULTAZIONE ELETTORALE AMMINISTRATIVA DEL 2002, CANDIDATO CON FORZA ITALIA, RIPORTANDO CIRCA 1000 VOTI DI PREFERENZE CONTRIBUENDO IN MODO DETERMINANTE DA FAR DIVENTARE FORZA ITALIA IL PRIMO PARTITO IN CITTA’.

DOPO NEL 2007 ASSUME LA CARICA DI VICE SINDACO, MA DOPO QUALCHE MESE NON ESITA A LASCIARE IL PRESTIGIOSO INCARICO QUANDO SI ACCORGE CHE CON LA DEFENESTRAZIONE DELL’ASSESSORE MARCIANO SCHETTINO VENIVANO TRADITI GLI IMPEGNI E LE PROMESSE SOTTOSCRITTE NEL PROGRAMMA ELETTORALE PRESENTATO AGLI ELETTORI.

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PERDONA LORO......

Padre perdona loro! Perché li hai accecati? Perché hai tolto loro la memoria? Forse perché non credono più in Te? Padre perdonali! Tu sei un Dio buono: essi non sanno quello che fanno.... Non ricordano quando Tu mandasti loro la manna dal cielo e tutti sopravvissero e trovarono la terra promessa. Oggi li vuoi punire perché hanno troppo peccato? È per questo che la nuova manna tarda ad arrivare? Se sono ancora scettici e sono ancora cristiani se lo facessero spiegare dal loro parroco. Se poi sono degli assatanati, arrabbiati, solo perché credono di essere degli unti dal Signore, e solo perché sono stati abituati a credere di essere dei privilegiati, dimenticando i comandamenti che Dio diede a Mosè, allora fanno bene a pregare il vitello d'oro. E fanno bene a servire il vitello casalese sempre presente e che è stato causa del saccheggio sammaritamo e della chiusura delle industrie e la conseguente fine del lavoro, del commercio e delle possibilità di dare da bere agli assetati. Ma Tu Signore, nella Tua Infinita Bontà, Perdonali.....

NON CI SIAMO LIBERATI DI TUTTI MA RESTERANNO ALL'OPPOSIZIONE

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