Mi scuserete, allora, se vado dritto al cuore del problema: ho deciso di candidarmi al Consiglio Comunale perché voglio una Santa Maria Capua Vetere normale. Non, dunque, una città perfetta e miracolosa; e neanche il Comune delle sette meraviglie. No, mi accontenterei di una città normale laddove si ritorni a produrre benessere con il lavoro e con il sudore della propria fronte, dopo gli anni dei faccendieri, dei consulenti esterni, degli assessori vuoto a perdere, degli amici a cui regalare quantità industriali di benefits e valanghe di euro ingiustificati e degli amici degli amici.
E per città normale intendo anche una città con uno ospedale non in fase di dismissione, con un tribunale ubicato nel cuore del centro storico, con un cinema che non sia più una chimera, con le scuole ristrutturate, con le circolari di cui si sappia tragitti e orari, con le facoltà universitarie realmente integrate sul territorio, con le strade che non siano gruviere di buche, con i siti industriali mai più trasformati in centri commerciali camuffati ad arte, con l’ex Siemens che non venga rivoluzionata a quartiere dormitorio per i napoletani che intascheranno una discreta buonuscita per allontanarsi dall’area vesuviana, con gli alberi del cimitero non vengano buttati giù solo per far fare un pò di business ai "soliti noti". E dove i "triktrakk"natalizi non esplodano sulle auto degli ex assessori che si sono opposti alle speculazioni.
Ciò che, invece, non si può intendere come città normale è quanto accaduto negli ultimi quattro anni amministrativi: oltre trenta assessori- record mondiale di tutti i tempi- due mega ribaltone e un plotoncino di consiglieri comunali a cui bisognava chiedere: “scusate, stasera in quale partito o gruppo civico vi posso trovare?” Fa male anche scriverlo: ma ci siamo coperti di ridicolo. Come quando mezza Italia ci ha sbeffeggiati per l’incredibile vicenda del tribunale civile che sfrattava se stesso per morosità dell’ente Comune! Grazie a Giudicianni & company, molti dei quali hanno avuto la faccia tosta di ripresentarsi al vaglio degli elettori, siamo passati da capitale morale e culturale di Terra di Lavoro al set di Paperissima! E questo l’antica Capua non lo merita. Così come non merita le voci- e ora di nuovo le indagini- sulle mazzette, sugli affari poco leciti, sulle speculazioni urbanistiche che non hanno risparmiato nessun quartiere cittadino. Chi ha lucrato in questi anni dovrà rispondere alla propria coscienza. E dovrà rispondere anche del futuro delle nuove generazioni a cui quasi tutto verrà negato.
Ciò nonostante, abbiamo ancora una carta da giocare prima di lambire il punto di non ritorno: un cambiamento reale ed effettivo. Non, dunque, le solite chiacchiere e le solite promesse buone per tutte le stagioni, ma la capacità di rimboccarsi le maniche. E di ricominciare a scavare tra le macerie culturali, sociali e amministrative su cui poggiamo i piedi ogni giorno. Sarà una ricostruzione lenta e difficile, ma non impossibile se dalle urne uscirà vittorioso l’unico dato politico che conta: ridare Santa Maria a chi l’ama ed è fiero della propria sammaritanità: Prima che da città di ex cose (Ex Tabacchificio, ex Siemens, ex Principe di Piemonte, ex Mulino Parisi, ex Politeama…e chi più ne ha più ne metta!!!) ci trasformiamo in ex città. E magari frazione di Casal Di Principe…
Mario Tudisco
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