D’altra parte non ci rimane che prendere atto, con onestà intellettuale, che il centro-sinistra, al governo della nostra città per più di tredici anni, si è limitato a legittimare , a sua volta, una serie di notabili locali la cui sovranità si è concretizzata soprattutto nel “dar legge ai sudditi senza bisogno del loro consenso”.
Con altrettanta onestà, però, bisogna riconoscere che certamente esistono persone che fuoriescono da schemi precostituiti, perché l’esperienza gli ha insegnato che i diritti non vengono mai dalla politica, ma nascono dalle battaglie degli esclusi, e mettono in campo un desiderio di vivere in maniera radicalmente diversa da come prospettato e pianificato dal potere di lobbies e partiti.
Il loro coraggio li porta anche a distaccarsi dal mondo del centro-sinistra, sottrarsi al “potere trascendente” nemico del vivere quotidiano, per percorrere strade autonome abitate da nomadi, migranti, disoccupati , pensionati al minimo, operai in cassa integrazione, impiegati dello stato.
Le parole pronunciate, in questi ultimi giorni, da esponenti dei partiti locali e candidati alle elezioni p.v., patrocinano la causa dei commercianti costretti a chiudere bottega, dei professionisti che non arrivano alla fine del mese. Pochi sembrano accorgersi che le uniche realtà produttive (Finmek -ex Italtel- e tabacchificio) hanno messo alla porta centinaia di famiglie che sembrano oggi vendicarsi trascinando, nel mondo della povertà, anche settori sociali che in precedenza vivevano decentemente. E’ da tempo, ormai, che il lavoro dipendente non ha più presìdi. “L’articolo 18 e la Cassa Integrazione , unici rimasti, finiranno con l’ accentuare la disparità tra i lavoratori assunti a tempo indeterminato entro una certa data e la marea montante di contrattisti a tempo determinato, interinali, stagisti e chi più ne ha più ne metta.
Ad uscire dal coro è un’esigua minoranza che ancora esprime la volontà di mettere nuovamente al centro l’universo del lavoro, di tutto il lavoro, e ciò non può non riempire di gioia il cuore di gente come me che da quel mondo è stato prodotto ed in esso svolge la sua non certo regale esistenza (oi, oi, le passioni). Per questo rischiano in proprio ( sono soprattutto giovani) e non si nascondono, non sono spronati dai loro padri a far parte di un partito per poter coltivare le loro ambizioni . A volte si impegnano cocciutamente ( pensate un poco) a voler riscattare gli errori di una sinistra che non c’è più, altre volte si ribellano al voto come unica espressione della democrazia. Costituiscono, insieme, una piccola rete (un internet umano) non governata da alcuna intelligenza centrale e composta da una pluralità di nodi di comunicazione legati tra loro da amicizia che dura nel tempo “dimensione condivisa dell’ esistere”.
Certo il rifiuto da essi esibito è ancora poco, ma può costituire l’inizio di una liberazione basata sulla constatazione che, dal punto di vista del benessere di una comunità locale, l'acquedotto municipale è meglio di quello in mano a multinazionali del settore, la scuola è meglio frequentarla in locali idonei senza essere obbligati ai doppi turni, l’edilizia è meglio regolamentarla anziché lasciarla nelle mani della speculazione, la raccolta differenziata è meglio dei cattivi odori liberati nell’aria dallo Stir (ex Cdr), e così via.
Ecco un metodo per partecipare alle elezioni che è anche sostanza e che può contribuire a far nascere una visione di città che abbia una sua concretezza e stimolare, al contempo, una radicalità di proposte.
Gerardo D'Amore
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