(tratto da un articolo di Emiliano Fittipaldi del 24 Marzo 2011, abbastanza esaustivo sulle problematiche che ci interessano fin troppo da vicino ,che riportiamo integralmente di seguito ad alcuni nostri interrogativi ed osservazioni , nonchè dovuti e sentiti ringraziamenti a soggetti indimenticabili per il loro operato da parte di tutti noi sammaritani)
Alla luce dei dati del rapporto Sebiorec, ribadiamo dati resi pubblici da una inchiesta giornalistica, e non, come avrebbe dovuto essere, dagli amministratori della Regione Campania, qualche interrogativo ci sorge spontaneo:
• perché i dati del rapporto Sebiorec non vengono resi pubblici?
• Perché non se ne discutono pubblicamente i contenuti?
• Quali sono i pericoli per la salute pubblica dei nostri concittadini, cristallizzati nelle analisi epidemiologiche ivi contenuti?
• Chi consentì all’epoca di svendere il nostro territorio con le gravi conseguenze per la salute di noi tutti?
• La scelta dei nostri amministratori regionali di non diffondere i dati e la portata del rapporto Sebiorec ha a che fare con il novello Piano Regionale per la costruzione di ben quattro nuovi inceneritori, di cui uno in provincia di Caserta?
• E tutto questo ha, per caso, a che fare con la nuova (???) emergenza dei rifiuti a Napoli e con la soluzione individuata dal Governatore Caldoro, dall’Assessore competente Romano e dal Curatore del Piano Regionale, Prof. Umberto Arena (Docente alla SUN ed ex Assessore al ramo), relativa cioè alla volontà di sversare tra Irpinia, Beneventano e Casertano (San Tammaro?) oltre 1600 tonnellate di rifiuti dribblando addirittura la invalicabile norma della provincializzazione?
Nel ribadire la nostra ferma volontà a discuterne pubblicamente, attendiamo dai nostri Amministratori doverose, urgenti, pubbliche ed improcrastinabili risposte ai nostri interrogativi!
I sammaritani , che prima potevano avere la scusante di "non sapere" oggi che sanno hanno il dovere di ricordare questi signori e ripagare il loro operato come meritano
Anche perché il rapporto parla espressamente di presenza di quella diossina chiamata "tipo Seveso", la più pericolosa tra le diossine, e la associa al consumo di mozzarella e verdure. Aggiungendo che nel quartiere di Pianura c'è più diossina che nel resto della regione. Come si può restare sereni?
"L'Espresso" ha letto le conclusioni definitive del rapporto, commissionato nel lontano 2007 dagli uomini di Antonio Bassolino e costato in tutto 250 mila euro. Il lavoro è pronto dallo scorso dicembre, frutto di mesi di studio (e bracci di ferro) di 115 tra scienziati e medici che hanno partecipato alla sua stesura. Sono ricercatori dell'Istituto superiore di sanità (Iss), del Cnr, del Registro tumori e delle Asl locali che hanno prima analizzato 900 campioni di sangue e 60 di latte materno per capire la quantità di sostanze tossiche presente negli abitanti di 16 città a rischio ambientale del napoletano e del casertano. E che poi hanno interpretato i dati e messo nero su bianco le loro valutazioni sul livello di contaminazione e di esposizione agli inquinanti. Se i livelli "medi" di diossine e metalli pesanti riscontrati sono simili a quelle di altre realtà nazionali ed europee, ci sono molte differenze tra zone e comuni. Ma la somiglianza col resto del territorio nazionale è anche conseguenza dalla metodologia con cui è stata fatta l'indagine, visto che i 900 campioni di sangue sono stati divisi in pool da dieci campioni ciascuno. Una scelta dettata da fattori economici (ogni analisi è molto costosa) e scientifici (lavorare su grandi quantità di sangue permette maggiore precisione statistica). Di certo, però, in questo modo i picchi di esposizione ai veleni dei singoli donatori non sono stati registrati, e si è persa anche la variabilità tra soggetti.
Nonostante tutto, che alcune zone siano più contaminate di altre è un fatto che balza subito agli occhi. In un paragrafo intitolato "Possibili esposizioni anomale" si indicano sei comuni con fattori di criticità alti o medi. Luoghi dove gli scienziati hanno trovato concentrazione di inquinanti maggiori che altrove. E dove, si legge nel rapporto, in un futuro prossimo venturo si potrebbe (dovrebbe?) intervenire. Per bonificare le sorgenti inquinanti. La priorità è "alta" per la presenza di arsenico a Villaricca e Qualiano, e "media" a Caivano e Brusciano (sempre per l'arsenico), a Giugliano (dove gli scienziati segnalano un primato per il mercurio) e a Napoli, zona Pianura, per la diossina tipo 2,3,7,8-Tcdd, quella più pericolosa. Nelle zone citate vivono, dati Istat alla mano, oltre 320 mila persone. Il rapporto dice che le sostanze sono "indesiderate", e poi aggiunge che i valori non sono tanto alti. Ma a molti osservatori questa sembra un'incongruenza. Di fatto, certo è che bisognerebbe studiare la sorgente dei veleni, capire quale parte della catena alimentare è stata contagiata, quanto pesano i fumi tossici sprigionati dall'immondizia bruciata.
Nel sangue degli abitanti di Pianura sono state trovate quantità di diossina tipo "Seveso" tre volte superiori a quelle di Villa Literno (tra i paesi è quello meno contaminato dalla sostanza), quasi doppia razione di cadmio e di diossine-benzofurani rispetto a Casapesenna. Nel pool che analizza la presenza di diossina cancerogena nei ragazzi maschi e nelle donne anziane di Pianura, per esempio, troviamo valori superiori a 2 picogrammi per grammo. Per essere davvero tranquilli, dicono gli scienziati più preoccupati, dovrebbero essere intorno a 1. Perché a Napoli non ci dovrebbero essere valori simili a quelli registrati vicino a poli industriali come a Mantova o a Taranto.
dall'Espresso on line http://espresso.repubblica.it/dettaglio/campania-col-veleno-in-corpo/2147619/12
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